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Pd desolante, ora tutti con Walter
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(22 ottobre 2008) - fonte: Corriere della Sera - Silvio Sircana - inserita il 22 ottobre 2008 da 861
L’EX PORTAVOCE DEL GOVERNO PRODI
Caro Direttore,
non mi piace. Proprio non mi piace la piega che sta prendendo il dibattito (dibattito?) all'interno del Pd. L'inveterata propensione all'autolesionismo della sinistra mi sembra stia raggiungendo vette mai raggiunte prima: è tutto un mugugnare di stile bartaliano, un profluvio di distinguo, di «io l'avevo detto», di «sì, però», di «sarei d'accordo, ma...», di acuti di aspiranti tenori che rifiutano la disciplina del coro.
Da un lato abbiamo colpevolmente ridotto a un lontano ricordo l'ultimo governo di centrosinistra e abbiamo anche nascosto l'album di fotografie in fondo al cassetto, quasi ci fosse da vergognarsi di un esecutivo che, comunque, il risanamento dei conti pubblici lo aveva avviato seriamente così come aveva bene impostato quella politica di re-distribuzione che oggi è stata sostanzialmente abbandonata dal governo in carica ed è giustamente invocata dal Pd. Abbiamo d’altro canto affidato con decisione pressoché unanime e certificazione plebiscitaria delle primarie le sorti del nostro neonato partito a Veltroni, salvo dal giorno dopo—invece di dargli quel tanto di fiducia che avrebbe meritato e, parola impopolare quanto mai in politica, quel tanto di obbedienza che gli era dovuta — arroccarci ognuno nel suo recinto a difendere orticelli ideologici obsoleti e limitati e a farci belli della nostra disobbedienza, cavalcando l’onda dei media che, come noto e come (forse) giusto, danno sempre più spazio a chi dissente, visto che chi acconsente «non fa notizia».
Vale per tutti, anche per il sottoscritto: anch’io mi sono fatto trascinare dalla voglia di esprimere i miei malumori, i miei dissensi, le mie solitarie incavolature; anch’ io ho dato fiato alla mia dose di mugugni. Mi sembra sia giunto il momento di dire, di dirci, che basta così. Che non è così che si costruisce un partito nuovo, che così facendo spingiamo il Pd verso un modello, quello della frammentazione delle correnti e delle oligarchie, che non corrisponde affatto all'idea di partito che tutti noi (almeno a parole) avevamo in mente quando abbiamo dato vita tra dubbi e speranze a questo nuovo corso. Eppure abbiamo ancora davanti agli occhi l’esperienza della passata legislatura, abbiamo toccato con mano a cosa portano gli egoismi e i benaltrismi: portano al distacco dall’elettorato, alla sfiducia da parte dell'opinione pubblica, alla sconfitta.
Lo spettacolo che stiamo offrendo ai nostri sostenitori e ai nostri elettori potenziali è desolante e certamente non suscettibile di creare attorno a noi quel tanto di simpatia che può domani trasformarsi in consenso. Anzi, a leggere talune dichiarazioni, viene il legittimo sospetto che saranno alcuni di noi i primi a non votare Partito Democratico, trovando in altre piazze e in altri toni (magari più gridati) i motivi di una condivisione. Con ciò non voglio sostenere che Veltroni sia esente da colpe o non abbia commesso errori. Sbagliare, soprattutto quando si ha la responsabilità di dare vita a qualcosa di nuovo, è nel conto e a Roma si dice, con popolare saggezza, chi non lavora non sbaglia. Sicuramente, ad esempio, hanno ragione quanti hanno sollevato in diverse occasioni il problema della democrazia interna e della mancanza di occasioni di discussione e di confronto nel Pd.
Ma c'è anche da dire che le rare volte che queste occasioni si sono create non ho assistito a un dibattito aperto e approfondito, maturando la sensazione che ormai si preferisca tenere da parte gli elementi più forti di critica per i convegni, per i fondi sui giornali e per le interviste. È tutta colpa del Segretario e dei suoi collaboratori? Non credo. Ritengo che tutti noi che, a diverso titolo, possiamo definirci dirigenza di questo partito dovremmo lavorare un po’ più in silenzio e conmaggiore determinazione a supporto della segreteria e fare proposte, che è diverso dal muovere critiche dalle pagine dei giornali. Personalmente mi porto ancora addosso le cicatrici delle battaglie quotidiane contro gli alleati dissidenti, le loro frecciate, le loro stilettate alle spalle per avere voglia di vivere un'altra volta quella esperienza.
Soffro quando leggo di complotti, di trame grandi e piccole, di cordate, di riunioni più o meno segrete. Soffro perché penso che abbiamo creato in oltre dieci anni di lavoro un partito che volevamo tutti e rischiamo di ritrovarci la Dc con le sue correnti o il Pci con le sue oligarchie; soffro perché penso a cosa può pensare di noi chi legge quelle stesse notizie sui giornali; soffro perché, mentre il Paese comincia ad avvertire gli scricchiolii di una economia fragile e a temere il crollo, noi non riusciamo a fargli sentire la forza rassicurante dei nostri valori, della nostra competenza, ma gli offriamo l'immagine della nostra divisione e delle nostre incertezze; soffro perché, così facendo, spalanchiamo praterie di opportunità alla destra che si può permettere di usare il nostro linguaggio e i nostri modelli per giustificare le sue stolte politiche pseudoliberiste.
È per questo che, a costo di non fare notizia, ritengo sia giusto e doveroso, oggi più che mai, alla vigilia della manifestazione del 25, tenere per me i (pochi) motivi di dissenso nei confronti di Walter Veltroni, e ricominciare a lavorare ai (tanti) punti di sintonia che trovo con la segreteria del mio partito. P.S.: siccome nel recente passato, le rare volte in cui ho parlato, le mie dichiarazioni sono state lette come messaggi indiretti e trasversali da parte di Romano Prodi, a scanso di equivoci tengo a precisare che di questo scritto Prodi non è a conoscenza, e che i suoi contenuti non sono stati oggetto di discussione tra di noi. In poche parole quanto sopra è solo farina del mio sacco e ne sono responsabile io soltanto, memore sempre, questo sì, di una delle tante lezioni di buona politica avute da Romano: cercare sempre l’unità e la sintesi, non la divisione e la confusione.
Fonte: Corriere della Sera - Silvio Sircana | vai alla pagina » Segnala errori / abusi