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Un Nobel contro il disastro
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(14 ottobre 2008) - fonte: l'Unità - Furio Colombo - inserita il 14 ottobre 2008 da 31
Alla vigilia delle più importanti elezioni presidenziali americane il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato all’economista che, con forza, competenza e passione è stato il grande antagonista di George W. Bush e del «rovinoso governo pubblico-privato» costituito da Bush «che si è preso il compito di liquidare anche i più urgenti interventi dello Stato, aumentando a dismisura la povertà», e da Dick Cheney «che è il titolare di un vasto sistema di potere e di profitto privato che dalla Casa Bianca si estende fino all’Iraq».
Un piccolo privilegio, essere membro dell’«Advisory Council» dell’Università di Princeton, mi ha consentito di conoscere presto Paul Krugman che a Princeton insegna economia e relazioni internazionali. Ma Krugman è un collega due volte, caso rarissimo in un Paese che non ama confondere le carriere. Infatti è opinionista di punta del New York Times. Per questo quasi tutto ciò che ho scritto di economia e di lavoro su questo giornale viene dalla lezione di Paul Krugman. (Che infatti, come i lettori sanno, è stato citato in quasi ogni mio articolo su questo giornale da anni). Il suo libro politicamente più importante è stato «The Great unraveling» («Il grande disastro» oppure «Grande disfacimento») con cui Krugman si è battuto per impedire la seconda elezione di George Bush e ha dimostrato, con quattro anni di anticipo sui politici e sui grandi giornali americani, la devastazione dell’economia, lo sbilanciamento brusco e pericoloso fra pubblico e privato, non solo a causa del continuo ritiro dello Stato da impegni assoluti come la salute, ma anche dell’invasione del “privato” (politicamente manovrato) in alcuni settori chiave come la sicurezza, le scorte anche militari, l’“intelligence”, la gestione di interrogatori e prigioni, l’occupazione quasi totale della sanità.Paul Krugman ha denunciato i tagli successivi di tasse ai redditi più alti voluto da Reagan, e poi, in modo più rovinoso, dato l’immenso debito contratto con l’infinita guerra in Iraq, dal drastico taglio delle tasse ai ricchi di George W. che ha segnato la fine di essenziali servizi sociali. Il nuovo Nobel ha descritto per tempo e con chiarezza le conseguenze, «la doppia natura malefica del governare da destra»: da un lato «si espande la povertà che comincerà ad avere il costo sociale di una guerra». Dall’altro «l’abolizione di ogni regola, lo stato pericoloso che i sociologi chiamano “anomia”, e che in economia si chiama caduta nel vuoto, quando nessuna parte riconosce più il debito con l'altra». Krugman ha anticipato di anni la disperata condizione del mondo della finanza americana e del mondo che stiamo vivendo oggi.
Riceve il Nobel con motivazioni tecniche che riguardano la sua teoria sul commercio mondiale (che richiamano comunque aspetti solidaristici visti come strumento di compensazione e di equilibrio anti-conflitto e contro il tornaconto «a breve» dei potenti e dei prepotenti). Ma Krugman per molti anni ha condotto da solo la sua battaglia di economista, ma anche di formidabile comunicatore, contro i due grandi inganni del «governo cieco» e della «economia che corre veloce, senza progetti e senza guida tranne l’avidità di alcuni, e che sta per deragliare».
Ora che la finanza del mondo è deragliata «ed è come un grande, ingombrante, pericoloso malato che passerà di casa di cura in casa di cura», il Nobel a Krugman appare come il sigillo di un notaio su una serie di documenti profetici tutti scritti con precisa e analitica descrizione dei fatti, prima, molto prima che i fatti accadessero. È naturale dire - ed è consenso comune in America - che il mondo di Obama, il senatore, il leader politico, il candidato presidenziale, il possibile nuovo Presidente degli Stati Uniti, nasce qui, nella visione di un economista, ma anche di un opinionista, di grandissimo peso che vede e denuncia con forza le decisioni più gravi prima che diventino legge o tolleranza o accettazione appannata dalla teoria del «decidere insieme». Paul Krugman si è battuto da solo contro la guerra in Iraq, contro l’immensa crescita del debito americano, contro il taglio delle tasse ai redditi alti, contro il governo “privato” di Cheney e l’abbandono dei poveri, contro del governo “pubblico” di Bush, fondato sui tagli di tasse ai ricchi e sulla eliminazione di servizi essenziali, contro l’isolamento del lavoro e della classe media, contro la solitudine dei malati senza assicurazione, contro la voracità padronale delle assicurazioni verso cui l’accademico di Princeton è molto più duro del celebre documentarista Michael Moore.Paul Krugman è di sinistra nel senso di uno competente, che sa, capisce e non cede. Sa che passerà un treno impazzito e che bisogna spingere via dai binari le vittime designate che sono sempre i più deboli. Lo fa, lo ha fatto e - per una volta nella vita -, gli arriva un premio. Il prossimo risultato del suo straordinario lavoro potrebbe essere l’elezione di Barak Obama a Presidente degli Stati Uniti.
Fonte: l'Unità - Furio Colombo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi