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Dichiarazione di Adolfo URSO

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: Misto)  -  Sottosegretario  Sviluppo Economico (Partito: PdL) 


 

Ora è l’export che regge l’Azienda Italia.

  • (22 luglio 2008) - fonte: Il Messaggero - Adolfo Urso - inserita il 22 luglio 2008 da 31

    Caro Direttore, ho letto con interesse l'intervento dell'economista Enrico Cisnetto, ospitato dal suo giornale. Il Made in Italy non è affatto in una strada stretta, semmai, ora è proprio la via dell'export che quasi solitaria regge l'Azienda Italia. Per prima cosa non è affatto vero che oggi "conta produrre e commercializzare in loco". Certamente è utile ma solo se si rafforza innanzitutto la produzione del territorio nazionale con una sana filiera dell'internazionalizzazione, non certo con una mera delocalizzazione che ha avuto effetti negativi sul piano sociale ed economico per chi l'ha praticata. I grandi Paesi manifatturieri, pur avendo sperimentato un po' di delocalizzazione fisiologica (lo ha fatto anche l'Italia nell'Est Europa), restano per definizione soprattutto esportatori netti, a cominciare dalla Germania. Chi ha scelto prevalentemente di "produrre e commercializzare in loco" , come gli USA e la Gran Bretagna, si è totalmente "demanifatturierizzato" ed ha oggi la bilancia commerciale completamente scassata. I Paesi più competitivi, come Germania, Corea, Giappone e la stessa Cina "producono ed esportano". La stessa Italia, al netto dell'energia, ha un surplus commerciale manifatturiero di oltre 51 miliardi di euro nel 2007. Un trend che sta proseguendo positivamente nel 2008: infatti, il surplus della bilancia commerciale italiana al netto dei minerali energetici è stato nel periodo gennaio-maggio 2008 di ben 20,5 miliardi di euro, con una crescita di 7,9 miliardi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

    Le cosiddette "4 A" del made in Italy hanno messo a segno nel 2007 un surplus record di 113 miliardi di euro. Si tratta di un evidente "miracolo" che deve essere adeguatamente supportato con le riforme strutturali che il governo ha già messo in campo: efficienza della Pubblica amministrazione, infrastruttura e logistica, piano energetico con il ritorno al nucleare. Quanto alla quota di mercato dell'Italia nelle esportazioni mondiali, è vero che essa è calata nel lungo periodo, ma molto meno di quelle di tutti gli altri Paesi avanzati, ad esclusione della Germania che ha fatto meglio di noi. D'altronde nello stesso periodo una fetta sempre più grande della torta del commercio mondiale è stata accaparrata dalla Cina, dalla Russia e dai Paesi Opec. È quindi logico che il resto del mondo abbia dovuto rinunciare a qualcosa in percentuale, ma su un valore totale che è aumentato. Secondo l'ultimo rapporto Ice-Istat, tra il 1998 e il 2007 la quota italiana nell'export mondiale è diminuita del 20%, mentre quella della Germania solo del 3%. Ma ciò è avvenuto mentre la quota della Cina aumentava del 162%, quella della Russia del 92% e quella dell'Opec del 75%. Tutti gli altri maggiori Paesi avanzati hanno fatto molto peggio dell'Italia: Francia -29%; UK -38%; Giappone - 29%; USA -33%. Per ciò che riguarda le recenti tendenze comparate tra Italia e gli altri maggiori Paesi UE si fa inoltre presente che: -nel 2007, al netto dell'energia, l'Italia ha avuto, dopo la Germania, il miglior surplus commerciale con l'estero; -includendo l'energia, l'Italia ha avuto comunque solo un modesto passivo se raffrontato con quelli di Paesi più "fortunati" sotto il profilo energetico come Francia, Spagna e UK, le cui bilance commerciali sono in profondo rosso; -nei primi quattro mesi del 2008, nonostante il "caro petrolio", grazie al perdurante boom dell'export manifatturiero la bilancia commerciale italiana è u 22/07/2008 migliorata di 900 milioni di euro rispetto ai primi quattro mesi del 2007, con il passivo sceso a -6,1 miliardi; nello stesso periodo la bilancia spagnola è peggiorata di 5,1 miliardi di euro toccando un nuovo record negativo quadrimestrale di -34,3 miliardi; la bilancia francese è peggiorata di 7,4 miliardi raggiungendo un passivo di 19,5 miliardi, tre volte più alto di quello italiano; mentre la Gran Bretagna ha visto peggiorare di altri 1,3 miliardi di euro il suo stratosferico deficit, che nei primi quattro mesi del 2008 ha toccato i 44,6 miliardi; -sempre nei primi 4 mesi del 2008 l'export italiano è cresciuto del 9% rispetto allo stesso periodo del 2007, mentre l'aumento di Francia e Germania è stato dell'8% (ultimi dati Eurostat diffusi il 18 luglio). Non è dunque appropriato affermare che "se poi guardiamo avanti, è ancora peggio", semmai sarà meglio se riuscissimo a completare il nostro modello di internazionalizzazione attiva che parte dalla specificità altamente competitiva propria del Made in Italy.

    Fonte: Il Messaggero - Adolfo Urso | vai alla pagina
    Argomenti: usa, economia, pubblica amministrazione, UE, commercio, petrolio, Made in Italy, cina, economia nazionale, esportazioni, globalizzazione | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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