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Una ricetta keynesiana, altro che vacue promesse.
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(08 febbraio 2013) - fonte: Europa - inserita il 09 febbraio 2013 da 31
Mentre la campagna elettorale entra nella fase decisiva, dall’Inps arriva un’altra brutta notizia. Nel mese di gennaio la cassa integrazione ha totalizzato 89 milioni di ore. Il 62 per cento in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, quel 2012 che si è chiuso con la cifra quasi record di un miliardo e cento milioni di ore autorizzate. Se questo trend si dovesse mantenere per tutto l’anno, anche il 2013 si chiuderebbe ben al di sopra del miliardo di ore. Un dato che conferma le previsioni più negative e impone ai partiti, alle soglie della nuova legislatura, di cambiare marcia e proporre al paese ricette concrete e realistiche per uscire dalla crisi. In particolare, in questa fase di campagna elettorale il centrosinistra non può e non deve seguire Berlusconi sul suo terreno e limitarsi a contrastarne le proposte, irrealizzabili e fallimentari. Come non può sfibrarsi nella discussione su alleanze future.Come all’epoca delle primarie, deve riprendere l’iniziativa e porre al centro dell’agenda politica ed elettorale i temi veri attorno ai quali si gioca il futuro del paese e dell’Europa intera. L’Italia non ne può più di promesse truffaldine, ha bisogno di proposte chiare. Dopo i tempi dell’irresponsabile spensieratezza del Cavaliere (chi non ricorda l’invito ad “andare a casa e brindare a champagne”, lanciato in tv mentre l’Italia era già nel gorgo di una crisi economica di dimensioni epocali?) e dopo quelli del puro rigore di Monti, che hanno contribuito a condurci nella drammatica situazione in cui ci troviamo, va scelta e imboccata con determinazione la strada della crescita. Mantenere l’ordine nei conti pubblici è necessario, ma non basta. Sostenere l’impresa (in questo senso va vista con favore la proposta di Bersani per pagare con tempestività i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende fornitrici), favorire la ripresa dell’occupazione e far crescere i consumi deve essere ora la nostra priorità assoluta.
La ricetta già sperimentata e riproposta da Berlusconi, il suo ricorrente grido di “meno tasse”, che si è tradotto esclusivamente in un “meno tasse per i più ricchi”, hanno prodotto un paese più disuguale, segnato da una disoccupazione record, da un lavoro svilito, da un Pil in caduta. Credo che sia venuto il momento di ricordarci della lezione di Keynes. Serve, all’Italia e all’Europa, un grande piano per un rilancio e un potenziamento strutturale dell’economia, basato sulla ricerca e sull’innovazione di processo e di prodotto e sulle grandi infrastrutture necessarie a sostenerlo. Serve all’Italia – dove i disoccupati sfiorano i tre milioni e solo nel 2012 sono state presentate un milione e 558mila domande di disoccupazione con un incremento, rispetto all’anno prima, del 14,3 per cento – un piano straordinario per l’occupazione, anzitutto per quella giovanile, vera emergenza nazionale. Per tornare a crescere e creare lavoro si deve investire e si devono avere idee chiare.
In questi ultimi trent’anni, con la progressiva affermazione del pensiero unico liberista, la politica industriale è stata cancellata dall’agenda dei governi e la stessa parola ha finito con l’essere espunta dai vocabolari della politica. Si deve cambiare strada ed il prossimo governo di centrosinistra lo farà certamente. Necessitano scelte mirate a rafforzare l’apparato produttivo nella sua globalità, con risorse, regole e sostegni ma, soprattutto, con una chiara visione strategica: per questo si deve stilare un catalogo di priorità che sappia indicare i settori produttivi da considerare strategici ed i fattori di sviluppo territoriale da sostenere. Senza il superamento degli squilibri esistenti, senza innovazione scientifica e tecnologica, senza una seria programmazione degli interventi per le infrastrutture, senza il contenimento dei costi dell’energia, senza una riapertura dei rubinetti del credito, senza una diversa politica fiscale nei confronti delle aziende e del lavoro, il nostro destino è segnato. La seconda potenza manifatturiera d’Europa sarebbe condannata alla definitiva deriva.
Da subito, intanto, occorre intervenire per potenziare il potere d’acquisto delle retribuzioni, con il rinnovo puntuale dei contratti nazionali di lavoro dei settori privati e con la riapertura della contrattazione dei settori pubblici, e delle pensioni con lo sblocco, già da quest’anno, della loro indicizzazione per la parte superiore a tre volte il minimo: questa è la strada per far riprendere fiato ai consumi e quindi all'economia. C’è il futuro da ricostruire e il presente da rianimare.
Fonte: Europa | vai alla pagina » Segnala errori / abusi