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Dichiarazione di Antonio POLITO


 

“Un candidato da non presentare”

  • (19 gennaio 2013) - fonte: Corriere della Sera - inserita il 21 gennaio 2013 da 4110

    Nicola Cosentino, detto «Nick ‘o mericano», deputato del Pdl, imputato in due processi come «colletto bianco» del clan dei Casalesi (concorso in associazione camorristica, corruzione, reimpiego di capitali illeciti aggravati dalla finalità mafiosa), per due volte oggetto di una richiesta di arresto respinta dal voto della Camera, è un uomo innocente. È innocente finché una sentenza di primo grado, una di appello ed eventualmente un giudizio di Cassazione non affermino il contrario.

    Così vuole la legge. D’altra parte, di processi con una dozzina di pentiti che ripetono le stesse accuse sostenendosi l’un l’altro son piene le cronache degli errori giudiziari. Inoltre Cosentino è candidabile, secondo le norme approvate appena qualche settimane fa. Però Nicola Cosentino è impresentabile. E questo è un giudizio politico, non morale né giudiziario. Dunque la sua presentazione nelle liste del Pdl in Campania è un grave danno di credibilità e di immagine all’intera coalizione di centrodestra.

    Impresentabile, per il dizionario consultabile su Corriere.it, è «colui che non va mostrato» o «che non è in condizioni tali da potersi mostrare o da poter essere mostrato agli altri». Cosentino non è in condizioni di rappresentare «la Nazione in Parlamento e di esercitare le sue funzioni senza vincolo di mandato» (art. 67 della Costituzione), finché esiste anche il minimo dubbio che sia un rappresentante della Camorra. Deve dunque aspettare a casa sua le sentenze che lo riguardano, da cui siamo certi che uscirà con un verdetto di piena assoluzione.

    Nel suo partito dicono che se va a casa lo arrestano; e presentano questo come un buon motivo per eleggerlo e sottrarlo così a una persecuzione. Ma la legge prevede che il membro delle Camere è protetto dall’arresto, non che per essere protetti dall’arresto si diventa membro delle Camere. Aberrante poi è la soluzione escogitata: una commissione di «avvocati parlamentari» del Pdl, guidata da un «magistrato parlamentare» e commissario del partito a Napoli, ha letto gli atti processuali e giudicherà il candidato. Alla giurisdizione domestica delle Camere si affiancherà così anche una giustizia tribale, di partito: una sorta di tribunale speciale e parallelo. È vero che di possibili candidati che hanno guai con la giustizia ce ne sono altri nel Pdl. Però non si vede come questo fatto possa militare a favore della ricandidatura di Cosentino: non tutti gli indagati sono impresentabili, e non tutti gli impresentabili lo sono allo stesso modo.

    Si dice: ma Cosentino ha i voti. A parte il fatto che percentuali del 70% a Casal di Principe e nei comuni vicini assomigliano più a un controllo militare del territorio che a un lavacro democratico, l’argomento reggerebbe se ci fosse il collegio uninominale: lì si potrebbe candidare anche in proprio, e probabilmente sarebbe eletto. Ma se lo candida il partito, in una lista bloccata, in una posizione che gli garantisce l’elezione, è come se lo stessero eleggendo anche gli elettori di Brescia o di Verona del Pdl: siete sicuri che siano d’accordo?

    C’è infine l’aspetto più paradossale di questa vicenda: il partito di Berlusconi sta facendo attenzione a candidare al Senato, dove i numeri saranno decisivi, solo coloro della cui fedeltà si fida ciecamente. Cosentino pare essere tra questi. Si può dire che più che una logica politica sembra uno scambio di omertà?

    Fonte: Corriere della Sera | vai alla pagina

    Argomenti: Berlusconi, centrodestra, pdl, criminalità organizzata, candidati, elezioni politiche 2013 | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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