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Dichiarazione di Nichi VENDOLA

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Puglia (Partito: CEN-SIN(LS.CIVICHE))  - Consigliere Regione Puglia


 

«Il modello Hollande ha unito. Il suo programma sia la base di confronto» - INTERVISTA

  • (10 maggio 2012) - fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi - inserita il 10 maggio 2012 da 31

    Presidente, le elezioni amministrative fin dove hanno cambiato la fisionomia politica? E quale prospettiva è concretamente realizzabile nel centrosinistra?

    «Partiamo dall’analisi del voto. Dobbiamo guardare a quello che sta accadendo nelle viscere della società italiana e non solo agli orientamenti elettorali. Il dato clamoroso è rappresentato da un paradosso: si vede benissimo chi perde, non si vede altrettanto bene chi vince. Il fatto che il tracollo del centrodestra non produca il parallelo decollo del centrosinistra è indicativo di un difetto di visibilità: il centrosinistra ancora non c’è, esiste come coalizione che governa tante realtà ma non è percepito come una grande alleanza che ha un’idea condivisa del futuro dell’Italia, in grado di presentarsi al Paese con un compito preciso, quello di seppellire il berlusconismo, di seppellire l’egemonia culturale della destra».

    D’Alema dice che si è chiuso il ciclo del centrodestra. Condivide?

    «A D’Alema rispondo: è vero, si è chiuso il ciclo del predominio del partito-azienda, del mercantilismo esasperato. Ma si è chiuso politicamente, mentre la semina che ha prodotto non è scomparsa. E dunque per me seppellire il berlusconismo significa tornare a parlare ad esempio di lavoro in una logica di radicale discontinuità rispetto a quello che hanno fatto ministri come Sacconi. Invece vedo che il governo Monti si presenta in conclamata continuità con quel passato».

    E allora?

    «E allora faccio io una domanda a D’Alema: il cambiamento può essere davvero autentico se vive solo nelle urne o deve mutare i dati del vivere sociale? Non dobbiamo forse impugnare la bandiera della lotta alla precarietà e della certezza dei diritti?».

    Usiamo pure le sue categorie ma veniamo al sodo: al fine di avviare un nuovo ciclo politico, uno schema che metta insieme i moderati non berlusconiani, il Pd e Sel è praticabile o no?

    «Io ho imparato da miei amici del Pd l’importanza di definire prima il profilo programmatico e poi la logica delle alleanze. Io voglio capire innanzitutto qual è la meta che ci prefiggiamo».

    Diciamo salvare il Paese; metterlo in sicurezza. O no?

    «Sì, ma c’è qualcuno che per salvare la Grecia la sta uccidendo. Salvare l’Italia, lei dice? E chi la salva, quelli che la stanno precipitando nella recessione? Lasciamo perdere la contingenza attuale. Io ho rispettato la scelta del Pd di avallare il governo tecnico pur non condividendola. Ma in prospettiva l’Italia che vogliamo è quella che impugna ricette liberiste classiche come quelle che ha in mente un onesto tecnocrate come Mario Monti oppure quella che ricostruisce un rapporto tra liberà e lavoro, le idee riformiste che fanno riferimento a Keynes? Guardi che io non sto proponendo un programma radicale: sto proponendo il programma di Francois Hollande».

    Ecco, appunto. Hollande l’hanno votato non solo i socialisti ma anche il centrista Bayrou e la sinistra radicale di Mèlenchon. Lei in questo tipo di alleanza ci starebbe?

    «Sì ma il programma è quello di Hollande. Che contiene una critica radicale al liberismo e rigetta il fiscal compact. I miei amici che lo sentivano ai comizi mi mandavano sms per dire che era molto più a sinistra di me. Noi dobbiamo ricercare un’intesa larga, è vero. Tuttavia, dico la verità, prima dell’ossessione degli alleati politici sentirei l’urgenza di cercare alleati sociali: le giovani generazioni, il mondo della precarietà, quello delle fabbriche, le donne. Prima di tutto quella è l’alleanza giusta, per un rilancio dei diritti sociali e la promozione dei diritti di libertà in un Paese che ha classi dirigenti arretrate e bigotte, mentre la società è più avanzata».

    Presidente, andiamo al sodo. Ci sta o no?

    «Su una coalizione che si dota di una bussola come quella beh insomma, io sono contento se saremo in tanti a fare il cammino. Purché vada nella direzione di un orizzonte autenticamente riformatore e in cui il tema della giustizia sociale viene percepito come il più moderno e non come un reperto archeologico. Faccio un esempio. E’ già difficile che tutti i partiti del centrosinistra si raccordino su una posizione antinuclearista. E gli altri?».

    Lei è un uomo di governo. In Puglia tante amministrazioni vedono insieme Udc, Pd e Sel. Cosa impedisce di replicare la medesima alleanza anche a livello nazionale?

    «Stringo la mano a chiunque sottoscriva un programma di governo centrato, diciamo così, sui beni comuni. Però voglio aggiungere una cosa. Trovo una stridente contraddizione tra il peso che il Terzo Polo ha nel dibattito pubblico e quello che ha nel sentimento diffuso dell’opinione pubblica. Bisognava andare a Chi l’ha visto per capire in queste elezioni dov’era finito».

    E’ questo che rimprovera a D’Alema e al Pd? Di baloccarsi troppo con il Terzo Polo?

    «Io rimprovero al Pd questa lunga attesa, una sorta di aspettando Godot rivolta ai centristi. E nel frattempo stiamo fermi. Definiamo invece subito l’anima, la fisionomia del centrosinistra. In questo senso penso che l’Idv rappresenti un valore aggiunto di cui non possiamo privarci».

    E Grillo? Anche lui è un valore aggiunto?

    «Il grillismo è un fenomeno da analizzare: sbagliato demonizzare ma anche mitizzare. Con Grillo non c’è alcuna possibilità di interlocuzione. Vedo che ha vietato ai grillini di partecipare a qualunque confronto televisivo: temo lì si nasconda una povertà di cultura politica. Il confronto è il sale della democrazia. Come possono pensare i grillini di avere l’esclusiva di parlare alla gente?»

    Bisogna andare alle elezioni anticipate a ottobre?

    «I membri del club dell’austerity sono convinti di essere la medicina per la malattia quando è il contrario: la malattia sono loro. Il rigorismo furibondo porta tanti nel labirinto della disperazione, e non risolve neanche il problema del debito pubblico. Per me è difficile pensare che la democrazia sia un problema, casomai è la soluzione».

    E con quale legge elettorale votare?

    «Trovo singolare che dopo averci ammaestrato sulla necessità di una riforma elettorale di un certo tipo, improvvisamente, alla luce del risultato delle amministrative, si scopra l’urgenza rivoluzionaria di volgere lo sguardo a tutt’altro modello. Come a dire: la riforma elettorale si produce per convenienza e opportunismo. Immaginare di fare una riforma pro-casta è davvero impressionante».

    Fonte: Il Messaggero - Carlo Fusi | vai alla pagina

    Argomenti: legge elettorale, centrosinistra, elezioni politiche, Movimento 5 Stelle, governo Monti, elezioni amministrative 2012, hollande | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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