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Violenza, servizi e non proclami
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(26 gennaio 2011) - fonte: Delia Murer.it - inserita il 01 febbraio 2011 da 862
Una mozione sulla violenza alle donne. E’ in discussione in queste ore alla Camera dei deputati. La proposta è del Pd, che ha presentato un testo con cui si esprime una forte critica alle politiche del governo, che sul tema esprime solo principi e nessuna azione.“Il ministro Carfagna – dice l’on. Delia Murer – è un bluff. Fa grandi valutazioni di principio ma poi non sostiene, sui territori, le politiche con finanziamenti. Al contrario, vengono tagliati servizi, centri, attività.
E’ necessario un piano d'intervento nazionale per il sostegno di case rifugio e centri antiviolenza nonché di un sistema di misure a tutela delle vittime della violenza e alla costruzione di azioni concrete di prevenzione”.Ecco il testo integrale della mozione:
La Camera
premesso che: tramite la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, invitando i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno;
ci si trova a vivere un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica: questo significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo; come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile; il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità: è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita, è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
i dati Istat riferiti al 2006 ed elaborati nel 2007 (non si dispone, allo stato, di dati ufficiali più recenti, poiché il dipartimento per le pari opportunità non ha provveduto all'aggiornamento delle statistiche di genere) parlano chiaro: sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita;
circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale);
il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), dai partner al momento della separazione;
nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner;
anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
il nostro Paese non fa certo eccezione: in Italia il fenomeno della violenza nei confronti delle donne, terribile e declinata in molti modi, è purtroppo fuori controllo;
il 25 novembre del 2008 il Parlamento aveva approvato all'unanimità il dispositivo di una mozione presentata dal gruppo del Partito democratico, la n. 1-00070, che impegnava il Governo: "a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia;
a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo;a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati";
nonostante gli impegni assunti dal Governo ormai due anni fa, oggi le principali reti di associazionismo femminile, impegnate sui temi della tutela della donna e dei servizi territoriali contro la violenza, si trovano a dovere lanciare un grido di allarme per la chiusura forzata di numerosi centri antiviolenza e case rifugio in molto zone del territorio nazionale;
si parla, ad esempio, di Genova, con la paventata chiusura del centro antiviolenza di via Mascherona e gli sportelli territoriali di ascolto e aiuto per le donne in difficoltà, di Catania, con la chiusura del centro antiviolenza «Thamaia», della Calabria, con l'annunciata chiusura del centro antiviolenza donne «Roberta Lanzino», di Palermo, con la vicenda del centro antiviolenza «Le onde», e di tante altre zone d'Italia;
la chiusura dei centri, interamente finanziati dagli enti locali, appare essere la diretta conseguenza della drastica riduzione dei trasferimenti a regioni, province e comuni a seguito delle rigide misure di controllo del debito pubblico prese dal Governo; anche laddove i centri non rischiano direttamente la chiusura, la riduzione dei trasferimenti economici ridimensiona gravemente le attività e la dimensione dei servizi erogati e, in generale, indebolisce il senso stesso dei centri antiviolenza, che vanno considerati servizi essenziali e riconosciuti come parte essenziale e di un sistema integrato;
con l'approvazione della normativa sullo stalking si è fatto certamente un passo avanti sul tema della tutela della donna, ma intervenire solo sul circuito penale non è certo sufficiente se manca del tutto una cultura della prevenzione e dell'assistenza delle vittime: inoltre appare evidentemente inutile intervenire con leggi nazionali se poi, sui territori, non si finanziano i servizi operativi, anzi li si costringono alla chiusura per totale mancanza di risorse economiche;
inoltre, va considerato che i centri antiviolenza costituiscono un vero e proprio investimento non solo in termini «sociali» ma anche in senso economico per il Paese, perché una donna accolta in un centro «costa» sette volte in meno rispetto al caso in cui la donna vittima di violenza venga assistita dai servizi sociali;
la legge di stabilità non prevede alcun finanziamento per il fondo contro la violenza sulle donne e stanzia, invece, a favore del fondo per le pari opportunità, solo un esiguo e assolutamente insufficiente stanziamento di due milioni,
impegna il Governo
ad avviare, prevedendo un'adeguata copertura economica, un piano d'intervento nazionale, curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in accordo con la Conferenza unificata, mirato al sostegno di case rifugio e centri antiviolenza, alla predisposizione di campagne informative e formative nonché di un sistema di misure a tutela delle vittime della violenza e alla costruzione di azioni concrete di prevenzione, nonché ad assumere ogni iniziativa diretta a incrementare i fondi stanziati a favore del dipartimento per le pari opportunità per il finanziamento della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio al fine di scongiurarne la chiusura e il ridimensionamento, dando finalmente a questi fondamentali servizi una stabilità e il senso di appartenere ad un sistema strutturato e integrato.
(1-00512)
«Amici, Lenzi, Villecco Calipari, Franceschini, Ventura, Maran, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Bellanova, Bobba, Bocci, Bossa, Brandolini, Bucchino, Castagnetti, Causi, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, D'Incecco, De Biasi, D'Antona, Esposito, Farinone, Ferranti, Fontanelli, Froner, Garavini, Gatti, Genovese, Ghizzoni, Gnecchi, Grassi, Lulli, Madia, Marchi, Mariani, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melis, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Peluffo, Pes, Pizzetti, Porta, Pollastrini, Rossa, Rossomando, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Tidei, Tullo, Vannucci».
Fonte: Delia Murer.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi