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Via il degrado, non le Cucine.
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(07 giugno 2008) - fonte: Il Mattino di Padova - inserita il 23 giugno 2008 da 31
Credo che sia da prendere sul serio la sfida lanciata sul "mattino" dal presidente dell'Ascom Fernando Zilio.
Considerare il quadrilatero attorno alla stazione il luogo di una sfida della città.
Da quadrilatero del degrado a quadrilatero della rinascita. Non possiamo accontentarci di constatare che in tutte le città attorno alla stazione si raccolgono fenomeni di emarginazione, di non governo, di spaccio, eccetera.
Occorre non rassegnarsi, mai. Le città sono luoghi di libertà e di convivenza civile, sono nate per questo.
L'aria della città vi fa liberi, diceva un vecchio motto medioevale.
Dobbiamo avere la stessa ambizione dei nostri progenitori.
Il sindaco Zanonato ha dimostrato di avere questa consapevolezza: quando ha affrontato di petto la questione di via Anelli, quante perplessità sulla stampa nazionale e internazionale.
Un muro nuovo quando è caduto il muro di Berlino? Sì, un muro con un effetto pratico, rendere più efficace l'azione delle forze dell'ordine, un muro con un effetto simbolico, dimostrare che le istituzioni stanno dalla parte dei cittadini onesti, che mettono in campo ogni azione possibile per combattere la malavita.
La stessa determinazione può essere messa per l'area della stazione.
Una moderna porta della città, attraverso cui si affacciano quotidianamente decine di migliaia di utilizzatori della nostra Padova, per studio, lavoro o turismo.
Bisogna avere l'ambizione di farlo diventare un luogo della bellezza, dell'accoglienza, della convivenza ordinata.
Non ci si può rassegnare a una lenta ma costante perdita di "città" verso un ghetto di degrado, di base per attività malavitose e irregolari, di mancato rispetto di regole di convivenza civile e di proprietà pubbliche e private.
Per farlo occorre certamente, come dice Zilio, pensare a una grande operazione di riorganizzazione urbana, che riempia di funzioni positive per il futuro questa zona, cerniera tra la porta della stazione verso la città della storia e la nuova città dell'Arcella.
Gli elementi ci sono tutti, non è che la politica sia stata con le mani in mano.
Servono grandi progetti guidati dalla mano pubblica: il nuovo Auditorium sarà una potente macchina di cultura ma anche di sicurezza e qualità urbana; un luogo vivo di giorno e di sera, con negozi, spettacoli, aree di incontro.
Il buco urbano del Pp1, da luogo formale di parcheggio e sostanziale di spaccio, diventerà un luogo di qualità urbana con un giusto mix di residenza e terziario.
Il nuovo autosilo al Piovego si sostiene anche con funzioni terziarie che arricchiscono l'offerta urbana.
Il ponte verde, la prosecuzione del tram oltre la ferrovia... sono tutti elementi di ricomposizione urbana importanti.
Occorrono naturalmente scelte dell'economia privata, una sfida al mondo dell'imprenditoria di fare la propria parte. Può essere comodo incassare affitti dalle proprietà senza guardare troppo per il sottile su chi paga, ma è importante anche avere l'orgoglio di guidare una operazione di riscatto urbano.
E' preziosa la scelta coraggiosa di Banca Etica, se altre banche seguissero...
Si può combinare la convenienza economica con un servizio civico.
Certo, perché i privati ci credano occorre oggi, non domani, riuscire a garantire delle condizioni di vita per i residenti e le attività economiche che non producano ulteriore abbandono.
Serve allontanare le Cucine popolari?
So bene delle difficoltà della vita in via Tommaseo, abitanti alle prese con telecamere per garantirsi un minimo di sicurezza, pozze di urina e altro da schivare, ubriachi che ostruiscono l'entrata...
Ma è un po' illusorio immaginare che senza le Cucine popolari cambierebbe in meglio la situazione, forse per qualche settimana, poi gli spazi sarebbero rioccupati dal degrado.
Del resto, il problema è ciò che succede sulla strada, non ciò che succede dentro.
Piuttosto guardiamo a quella funzione di servizio alla convivenza urbana che svolgono le Cucine.
Per i violenti e i malavitosi ci sono gli strumenti repressivi, ma per quegli "sconfitti della vita", poveri, emarginati, ex carcerati, prigionieri della droga e dell'alcolismo per i quali la funzione repressiva può poco o nulla, cosa succederebbe se non ci fosse un luogo accessibile in cui combinare il pasto con la cena, potersi fare una doccia, avere un po' di assistenza medica, qualche vestito?
Semplicemente starebbero per la strada, più di prima e in condizioni peggiori di prima, più disperati di prima, più "fastidiosi" di prima.
Dunque discutiamone, ma con l'orgoglio di affrontare anche questa grande questione delle città moderne, in cui la povertà e l'emarginazione non scompaiono ma si presentano in forme nuove e perfino più difficili.
So che è più facile affrontare la questione dal lato del mercato della convenienza politica: i poveri e gli emarginati in genere non votano, anche quel 50% degli assistiti che sono cittadini italiani, e alla gente esasperata è più semplice dire "chiudiamo le Cucine", perché intanto il consenso lo si porta a casa (poi dopo ci sarebbe la delusione, ma ci sarebbero sempre nuove promesse da fare); so che non è giusto scaricare sul peggioramento delle condizioni di vita di pochi una funzione che serve a tutta la città.
Però: se rinunciassimo alla competizione al ribasso, della politica politicante ci accorgeremmo che con un po' di coraggio si può combinare un circolo virtuoso lotta al degrado, tutela della qualità urbana e della legalità, senza abbandonare il presidio della lotta alla povertà.
Fonte: Il Mattino di Padova | vai alla pagina » Segnala errori / abusi