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Dichiarazione di Renato BRUNETTA

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  PA e innovazione (Partito: PdL) 


 

"Una manovra da 36 milardi in tre anni" - Intervista

  • (06 giugno 2008) - fonte: Il Tempo.it - Filippo Caleri, Laura Della Pasqua e Alessandro Usai - inserita il 06 giugno 2008 da 31

    Il ministro della Funzione Pubblica e dell'Innovazione, Renato Brunetta, ospite ieri al forum de Il Tempo, è ancora incredulo quando gli mostrano le agenzie con le dichiarazioni del deputato del Pd Furio Colombo, che lo ha definito un «mini ministro».
    Riflette un attimo se vale la pena replicare e chiede ai giornalisti de Il Tempo cosa fare.

    Salvo poi ignorare i suggerimenti e mandare alle agenzie una piccata risposta: «Se mi definisce mini ministro, mi dispiace molto perché vedo del razzismo in Furio Colombo».
    «La manovra triennale 2009-11 supererà quota 30 miliardi, attestandosi quindi sui 36 miliardi di euro».
    Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta nel forum presso la sede de Il Tempo, ha dato alcune indicazioni sulla prossima manovra economica e delineato le misure che intende introdurre per riformare la pubblica amministrazione.
    Ci aspetta una manovra da lacrime e sangue?
    «La manovra triennale di correzione dei conti pubblici si attesterà sui 30-35 miliardi di euro. Per ciascun anno la manovra supererà i 10 miliardi e probabilmente si arriverà a 12 miliardi l'anno».
    Quali saranno i contenuti?
    «Sarà un mix di antibiotici e vitamine, di tagli, ma anche liberalizzazioni e privatizzazioni, a partire dalle public utilities.
    Il decreto sarà accompagnato da un disegno di legge e una delega, ci saranno anche altre vitamine: dalla semplificazione al miglioramento del lavoro pubblico e della contrattazione».
    Quali novità in arrivo per il pubblico impiego?
    «Vorrei che gli utenti diventassero protagonisti del rinnovamento della macchina statale.
    La possibilità di fare ricorso alla class action potrebbe essere estesa anche al settore pubblico. Chi non funziona va a casa.
    Inoltre sarà data la possibilità agli statali di usufruire di una sorta di aspettativa non retribuita per lavorare nel settore privato. Se va bene si chiude, altrimenti si torna indietro».
    Lei ha esordito nel suo mandato con un'accusa ai fannulloni.
    «I primi veri fannulloni sono i datori di lavoro.
    La macchina pubblica non funziona perché purtroppo non esiste il mercato e tutto è lasciato alla buona volontà individuale.
    È necessario, quindi, che il punto di riferimento diventi la soddisfazione dei cittadini, che devono far sentire la propria voce.
    La gente non ne può più di un'amministrazione-palla al piede.
    Il mio piano di riforma prevede che i lavativi e i falsi malati possano essere licenziati.
    In primo luogo si definiscono le violazioni che danno luogo a licenziamento, ivi comprese quelle relative ai casi di scarso rendimento e anche quella di falsa attestazione di malattia, che diventa reato di truffa aggravata.
    Quindi si semplifica il procedimento disciplinare accelerando i termini procedimentali ed eliminando la perentorietà di quelli non strettamente attinenti al diritto di difesa».
    Non solo fannulloni. L'altro ostacolo da abbattere nella pubblica amministrazione è la scarsa propensione alla mobilità. Cosa intende fare?
    «La mobilità è di tanti tipi. Una è quella da area a area.
    Se c'è uno spostamento di funzione anche il personale dovrà adeguarsi.
    Chi si oppone al trasferimento prima sarà posto in cassa integrazione e se continua a rifiutare scatta il licenziamento.
    Poi c'è la mobilità geografica da una regione all'altra d'Italia.
    I concorsi andrebbero fatti su base regionale in modo funzionale a coprire carenze di personale.
    Non ci devono più essere casi di persone assunte lontano da casa e che insoddisfatte si mettono in malattia pur di restare nella città d'origine o ricorrono ai più svariati stratagemmi pur di far ritorno a casa.
    Questo è un danno per l'amministrazione pubblica».
    I sindacati sono pronti a darle battaglia. Come farà a superare i loro veti?
    «Ho dalla mia parte il favore della gente.
    Martedì incontrerò i sindacati confederali e le categorie per discutere del piano di riforma del pubblico impiego».
    Nella sua impostazione lo Stato dovrebbe essere considerato e gestito come un'azienda privata. Quali sono i punti di criticità?
    «Il punto fondamentale è proprio lo Stato. Mi spiego.
    Il lavoratore pubblico ha una grande preparazione ed è migliore di quello privato, nel senso che è dotato di maggiore capitale umano.
    Ma ha meno produttività.
    Il vero problema è che manca il datore di lavoro».
    In che senso?
    «Lo Stato è il vero fannullone.
    E per Stato intendo i sindaci, i governatori, i ministri e in generale i policy makers.
    Ecco perché bisogna partire dalla testa per far funzionare il sistema e rimettere mano alle regole di lavoro che sono inefficienti.
    Se l'impresa privata si comportasse come quella pubblica, sarebbe destinata a fallire.
    Il datore di lavoro pubblico è motivato principalmente dal consenso quindi è indispensabile fare ricorso ai principi economici».
    Ma come si misura l'economicità in settori come l'istruzione, la sanità o la sicurezza?
    «Tutto è misurabile. È questo lo scatto mentale da fare.
    In America già avviene con un meccanismo di punteggi in base alle citazioni sulle migliori riviste specializzate di settore.
    In Italia i dirigenti hanno lo stesso livello di retribuzione ma non credo che siano tutti uguali».
    È per questo che ha reso pubblici i dati del suo ministero?
    «Anche per questo.
    Ho trovato singolare che i miei dirigenti guadagnassero nella maggior parte tra i 160 e i 170 mila euro l'anno lordi.
    Farò di più: la prossima settimana pubblicherò l'elenco delle consulenze».
    Torniamo alle regole di lavoro. Perché sono inefficienti?
    «Semplice. Manca la sanzione. Manca la sanzione del mercato.
    I dipendenti pubblici che sbagliano devono essere puniti.
    Bisogna istituire un sistema meritocratico di premi e punizioni.
    È un miracolo che nel settore pubblico esista ancora la dignità e l'amor proprio dei singoli che mandano avanti il sistema.
    Mi viene in mente una barzelletta sull'inferno».
    Ce la racconti?
    «Ci sono sone tre tipi di inferno: tedesco, francese e italiano.
    Ma nel nostro a volte manca la pece, le fiamme si accendono e si spengono e, soprattutto, i diavoli spesso sono assenti».
    Ha reso l'idea. Eppure i detrattori contestano le direttrici della sua riforma.
    «Se i miei avversari sono Eugenio Scalfari e Furio Colombo ne sono ben lieto.
    Sono due persone intelligenti ma non hanno mai letto quello che ho scritto perché accecati da pregiudizi razi-radical chic.
    Credo che gli italiani siano dalla mia parte».
    La malattia della pubblica amministrazione è l'assenteismo. Come pensa di debellarlo?
    «Mediamente per malattia le assenze nel pubblico impiego sono superiori di 4-6 giornate rispetto al settore privato.
    Complessivamente si hanno in un anno 18 milioni di giornate non lavorate con un costo pari a 1,8 miliardi.
    Ci saranno sanzioni per colpire le assenze senza validi motivi».
    Ma chi avrà il compito di decidere chi sanzionare e chi invece premiare?
    «Alla dirigenza pubblica spetteranno maggiori poteri nella gestione delle risorse umane e finanziarie e allo stesso tempo maggiori responsabilità nelle ipotesi di scarso rendimento della struttura che dirige.
    La progressione giuridica della carriera avverrà tramite concorso e sarà soggetta a valutazioni rigorose a cui vengono collegate le indennità di risultato.
    Voglio introdurre più trasparenza sul conferimento, il rinnovo e la revoca degli incarichi dirigenziali e siamo al lavoro per rivedere la disciplina delle incompatibilità dei dirigenti per rafforzarne l'autonomia anche rispetto alle organizzazioni sindacali».
    Come cambierà la contrattazione collettiva?
    «La riforma prevede innanzitutto la riduzione dei comparti e delle aree di contrattazione delle amministrazioni centrali.
    Insieme alla revisione della durata dei contratti collettivi e un allineamento tra regolamentazione giuridica e regolamentazione economica».
    Si parla molto anche nel settore privato della contrattazione di secondo livello. Cambierà qualcosa in questo senso anche nella sua riforma?
    «Anche questa sarà oggetto di modifiche nel progetto di cambiamento che ho presentato ai sindacati.
    In particolare la contrattazione integrativa sarà collegata alla situazione economica e finanziaria dell'ente e inviata alla Corte dei conti.
    È previsto infine un riordino dell'Aran».
    Che succederà all'agenzia di rappresentanza nei negoziati con il pubblico impiego?
    «È prevista l'istituzione di un'agenzia per la contrattazione nel settore pubblico con ampi poteri di rappresentanza per la parte pubblica, di indirizzo e di controllo della contrattazione collettiva».
    Nel suo progetto parla anche di un progetto per dare un diverso utilizzo alle strutture e agli immobili di proprietà pubblica.
    Cosa ha in mente di fare più precisamente?

    «Penso alla possibilità di utilizzare gli immobili pubblici per attività aggiuntive.
    Occorre offrire servizi collegati tra loro e utilizzando con una retribuzione a parte anche le risorse umane che si rendono disponibili.
    Faccio un esempio. Un edificio scolastico potrà essere adoperato anche nell'orario pomeridiano per attività ludiche o sportive o ancora per un doposcuola «intramenia» da parte degli insegnanti».
    A leggere le linee del suo programma si vede che pensa anche a fare entrare in misura più massiccia gli sponsor privati.
    Non è un po' troppo e soprattutto qual è lo scopo?

    «Innanzitutto sono già consentite da una legge del 1997.
    In ogni caso vanno aumentate e programmate.
    È molto importante poi riutilizzare i risparmi ottenuti per nuova occupazione e per incentivare la produttività del personale».
    Un sfida ambiziosa. Come replica al deputato del Pd, Furio Colombo, che l'ha definita mini-ministro?
    «Sono disposto a discutere con lui di economia, di politica, se però Furio Colombo si comporta come un razzista devo dire che non ho tempo per contrastare il razzismo di questo tipo.
    Mi dispiace molto anche perchè le sue origini razziali potrebbero far dire molte cose, ma siccome io amo gli ebrei, amo Israele, voglio che Israele entri nell'Ue, amo tutte le diversità, amo anche gli uomini piccoli se sono intelligenti, probabilmente Colombo è più alto di me, ma meno intelligente di me».

    Fonte: Il Tempo.it - Filippo Caleri, Laura Della Pasqua e Alessandro Usai | vai alla pagina
    Argomenti: pubblica amministrazione, sindacati, dirigenza, meritocrazia, ministro P.A., datore di lavoro | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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