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Dichiarazione di Marco CAPPATO

Alla data della dichiarazione: Consigliere  Consiglio Comunale Milano (MI) (Lista di elezione: Lista Bonino - Pannella) 


 

«Bisogna allargare i confini: la nuova frontiera è il Medioriente» - INTERVISTA

  • (09 marzo 2012) - fonte: Gli Altri - Nicola Mirenzi - inserita il 09 marzo 2012 da 31

    «La nuova frontiera dell'Europa è l'allargamento verso l'altra sponda del Mediterraneo. È un'illusione pensare che dentro i confini dei vecchi stati nazionali si possano affrontare le grandi sfide della democrazia, dell'ambiente e delle migrazioni».

    Marco Cappato, presidente del gruppo Radicale-Federalista europeo, risponde così alla tesi esposta dal direttore di questo giornale, Piero Sansonetti, sull'incompatibilità genetica tra Europa e democrazia.

    «Il punto è che bisogna scegliere un'Europa democratica e federalista, alternativa sia all'Unione Europea attuale, sia alla strada dei nazionalismi».

    Sansonetti però sostiene che proprio questo è impossibile. Per lui, anche il modo nobile che aveva Altiero Spinelli di pensare l'Europa federale ha in sé un deficit di democrazia.

    Sansonetti sbaglia. Io condivido l'idea che ci sia bisogno di restituire sovranità al diritto e alla democrazia. Non si può considerare fisiologico il superamento di fatto delle istituzioni democratiche. Ma in realtà c'è stato un tradimento costante e sempre più avanzato dello spirito di fondo del manifesto di Ventotene. Spinelli diceva che la vera frattura politica non è tra un po' più di socialismo o un po' meno di socialismo ma tra i federalisti europei e i nazionalisti. Ma questo non significa dire che non è importante - o che è equivalente - una politica più o meno socialista, più o meno liberale. Significa avere visto con più di sessanta anni di anticipo che la prima posta in gioco è quella della fine dello stato nazionale, che gli stati nazionali sono sempre meno adeguati ad affrontare la dimensione larga dei problemi moderni. Quello del superamento degli stati nazionali è solo la prima linea di frattura, il luogo dello scontro politico necessario, per consentire poi la creazione di un'Europa democratica, tale da consentire la divisione sulle questioni di merito. L'alternativa alla vittoria di questa battaglia è il ritorno dei nazionalismi e dei populismi, in uno stato nazionale ormai sfasciato, incapace di affrontare le questioni nel merito.

    Ma se - come dice - l'Europa è il vero luogo della politica perché siamo invece di fronte all'espulsione della politica dalle scelte europee?

    Quando il grande sogno degli Stati Uniti d'Europa ha dovuto cedere il passo al progetto dell'Europa funzionale, costruita solo attorno alle singole questioni, si è realizzato proprio il paradosso che Spinelli voleva scongiurare: gli stati nazionali non sono più in grado di affrontare le questioni contemporanee (l'ambiente, le migrazioni) e la politica viene così spazzata via. Non era questo l'auspicio di Spinelli.

    Allora la questione diventa: è possibile convertire questa Europa funzionale in un'Europa politica?

    In realtà questa è l'unica possibilità che abbiamo. Non può esistere l'illusione di promuovere a livello europeo e mondiale delle politiche per affrontare l'emergenza ecologica mondiale senza un impulso dell'Europa. Perfino con la debolezza politica dell'Ue attuale, essa rappresenta l'unica speranza perché nell'agenda politica mondiale possa essere inserita una priorità ecologica in grado di fermare la dilapidazione delle risorse ambientali.

    L'Europa ha avuto due grandi direttrici. La prima è stata quella della pace. La seconda è stata quella dell'allargamento a Est. Ora nessuna delle due esercita più fascino.

    È questo che ci deve imporre di non abbassare lo sguardo. Dobbiamo porci il problema dell'allargamento all'altra sponda del Mediterraneo. È la nuova sfida dell'Europa. Un'Europa immediatamente federalista, che eserciti la sua forza d'attrazione verso i popoli dell'altra sponda del Mediterraneo. E che dica noi vogliamo che siate Europa, cioè parte di una un'unica comunità dove viene fatto valere il diritto individuale, la democrazia, le libertà fondamentali. E' questo il punto.

    L'individuo come unità base dell'Europa?

    Sì. Noi radicali dagli anni Ottanta diciamo che Israele deve entrare nell'Unione Europea. Per cambiare l'Europa. Non solo per garantire la sicurezza e impedire l'involuzione securitaria che invece è in atto a Israele. Perché è chiaro che se tu dai al popolo israeliano - non al governo, non allo Stato - la garanzia di essere la frontiera avanzata di una comunità democratica allora anche la questione delle concessioni territoriali sarà affrontata con una serenità diversa. Perché a quel punto la cancellazione di Israele non può più essere all'ordine del giorno. È questo il contributo che l'Europa può dare alla pace oggi.

    La nuova Europa è allora l'allargamento della narrazione della pace in Medioriente...

    Certo. Perché questo significa anche trovare gli strumenti per governare i problemi della migrazione. Noi abbiamo una bomba demografica che scoppia dall'altra parte del Mediterraneo. Come pensiamo di governarla? Facendo ognuno per conto suo? O pensando che la battaglia per l'affermazione di diritti è al di sopra degli stati? L'allargamento aiuterebbe a prevenire la bomba demografica, dando una possibilità di sviluppo a quell'area e riducendo la pressione demografica stessa sull'Europa.

    Sono delle idee audaci e attraenti, le sue. Ma quanto sono diffuse a Bruxelles?

    Sicuramente rispetto a qualche anno fa non c'è più l'illusione che l'Unione europea viva una sorta di progresso graduale. La consapevolezza che questo modello di Europa stia fallendo è cresciuta e diffusa. Ammetto che l'idea di un assetto monocratico transnazionale è ancora molto indietro. Perché nel campo democratico - non nel campo non degli estremismi nazionalisti - vive l'illusione che ai nazionalismi anti-democratici l'unica risposta possibile siano i nazionalismi democratici. Ma nel momento in cui si accetta - e qui torniamo a Spinelli - che l'unico terreno dello scontro politico è quello nazionale la partita è persa. Basta guardare all'inadeguatezza che i nostri stati hanno persino a far valere il diritto nel loro territorio. E' evidente il collasso dello stato di diritto in un paese come l'Italia. Nemmeno di fronte alle morti in carcere c'è una capacità di risveglio di coscienza democratica, di reazione delle istituzioni democratiche. Il che porta dritti al prevalere del nazionalismo antidemocratico. Perché quando non si riesce a governare con la legalità e il diritto non si può pensare che si possano affermare dei sistemi democratici tolleranti. Bisogna invece affermare l'idea che la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone vada al di là del loro stato di appartenenza. Per questo serve l'allargamento.

    Fonte: Gli Altri - Nicola Mirenzi | vai alla pagina

    Argomenti: medio oriente, UE, europa, radicali, unione europea, ecologia, mediterraneo, Politica Internazionale, nazionalismo, manifesto di Ventotene | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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