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Dichiarazione di Elisabetta ZAMPARUTTI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: PD) 


 

Nord Adriatico. Approfondire le analisi sulle schiume nelle vicinanze del rigassificatore di Porto Viro. Interrogazione

  • (20 febbraio 2012) - fonte: venetoradicale.blogspot.com - inserita il 12 marzo 2012 da 31

    Il fenomeno delle schiume, legato con molta probabilità all'attività del rigassificatore di Porto Viro, si ripete. Gli ultimi due episodi si sono verificati tra gennaio e febbraio di quest'anno in cui una coltre vischiosa ghiacciata ha raggiunto la spiaggia delle acque polesane e veneziane di Bocassette e dell'Isola Verde. Nella primavera del 2010 venne segnalata una imponente presenza di schiuma giallognola in mare attorno al terminal gasiero che arrivava anche a lambire la costa. Maria Grazia Lucchiari, della direzione di Veneto Radicale e del Comitato nazionale Radicali Italiani ha sollecitato l'intervento della deputata Radicale e membro della commissione Ambiente, Elisabetta Zamparutti che ha presentato un'interrogazione con la quale chiede al Ministro dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e dell'Agricoltura e della pesca "quali azioni urgenti si intendano assumere per chiarire la natura della schiuma per approfondire e documentare con maggior precisione il tipo di danni ambientali prodotti, in particolare per quanto riguarda i cloroderivati organici e gli alo-derivati in genere". Il rigassificatore di Porto Viro si configura "a ciclo aperto", si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il Gnl, gas naturale arrivato via nave sotto forma liquida a 162°C. L'acqua viene restituita al mare più fredda e clorata. Questo comporta una sterilizzazione quasi totale della massa d'acqua adoperata a causa degli shock meccanico e termico e l'impiego di cloro implica il rilascio di sostanze tossiche.

    "Il rischio è che venga seriamente danneggiato l'ecosistema marino con relativi danni all'economia costiera". L'esponente Radicale ricorda che dal 2000, con decreto del Ministero dell'Ambiente, la Regione Veneto ha ottenuto il divieto dell'utilizzo del cloro come "agente antifouling" nei circuiti industriali che scaricano in laguna di Venezia, in considerazione dei problemi che questa sostanza causa alle biocenosi di un habitat tanto delicato. "L'Adriatico è un mare semi-chiuso, considerato sotto più aspetti quale zona ecologicamente sensibile – afferma ancora Zamparutti – ed è opportuno valutare di estendere la limitazione in vigore in laguna di Venezia a tutti gli impianti di questa voracità lungo l'Adriatico, attivandosi anche per creare una governance comune con gli altri Paesi che si affacciano su questo mare. Gli impianti proposti, che in questi tempi procedono nel loro iter autorizzativi – aggiunge la deputata - consumano notevoli quantità d'acqua di mare, "senza che siano adeguatamente valutate le alternative tecnologiche percorribili, il cosiddetto "ciclo chiuso". Il vecchio rigassificatore di Panigaglia, che è in funzione dal 1971, lavora unicamente in modalità a ciclo chiuso. Ecco quindi la richiesta di Zamparutti ai Ministri "rafforzare nelle procedure autorizzative la presa in considerazione delle alternative tecnologiche percorribili a quanto proposto dal gestore, nel caso in questione il cosiddetto "ciclo chiuso", anche se si dimostrano economicamente meno convenienti per il gestore dell'impianto, ed in particolare considerare la possibilità di riconvertire il rigassificatore di Porto Viro da ciclo aperto a "ciclo chiuso".

    Il testo dell'interrogazione

    Al Ministro dello Sviluppo economico
    Al Ministro dell'Ambiente
    Al Ministro dell'Agricoltura e della pesca

    Premesso che:

    il rigassificazione offshore di Porto Viro, entrato in regime di esercizio provvisorio da settembre 2009, ha registrato le prime due ricadute ambientali: nella primavera del 2010 quando venne segnalata una imponente presenza di schiuma giallognola in mare attorno al terminal gasiero che arrivava anche a lambire la costa, e la seconda, segnalata nel gennaio 2012, in cui sulla spiaggia di Boccassette di Porto Tolle (RO) si poteva osservare uno spesso strato di piccoli cristalli di ghiaccio per una profondità verso mare di 10, 20 metri che accompagnava tutta la lunghezza della battigia;

    tra la notte di venerdì 17 e sabato 18 febbraio, dopo la spiaggia di Boccasette, la schiuma è arrivata anche a Isola Verde, completamente ghiacciata dalle rigide temperature della notte;

    a seguito del primo episodio la Procura della Repubblica di Rovigo ha indagato per danneggiamento aggravato due dirigenti di Adriatic Lng, la società che gestisce il rigassificatore. Una perizia della Procura dimostra che a produrre queste schiume sono le lavorazioni sul rigassificatore per trasformare il metano da liquido a gas, che poi viene immesso nelle condotte e convogliato nella rete nazionale di distributore. Le conseguenze sull'ecosistema sono di alterazione della clorofilla e del fitoplancton marino;

    il fenomeno della "schiuma" è stato analizzato dall'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il quale ha concluso che: "E' una matrice di origine naturale (…) in quanto miscela polifasica principalmente caratterizzata da un elevato contenuto organico (…). La formazione di schiume pertanto non sembra dovuta ad immissione nell'impianto di sostanze esogene all'ambiente marino quanto piuttosto all'azione meccanica dello stesso". "..la presenza di composti cloro organici è, con molta probabilità, dovuta all'impiego di cloro attivo, utilizzato come biocida nelle acque di scambio termico dell'impianto (…)". "…La particolare composizione di tutti i componenti costituenti la miscela (fino ad ora individuati) è tale da indurre effetti biologici avversi riscontrabili anche ad elevate diluizioni riproducibili in laboratorio";

    il rigassificatore di Porto Viro si configura "a ciclo aperto": si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il Gnl (arrivato via nave sotto forma liquida, a -162°C) restituendola poi al mare più fredda e clorata. Questo comporta una sterilizzazione quasi totale della massa d'acqua adoperata a causa degli shock meccanico e termico (a questi sono da imputare il fenomeno delle schiume); a causa dell'impiego di cloro che implica il rilascio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici), ed infine per la perdita dei servizi ecosistemici forniti dall'habitat marino (autodepurazione, assorbimento di CO2, habitat di specie ittiche);

    secondo quanto riferito da Carlo Franzosini, biologo dell'Area Marina Protetta di Miramare,a seguito della reazione della Sostanza Organica Disciolta in acqua di mare ("DOM") ed il cloro attivo immesso nel circuito si formano dei composti: i cloro-derivati organici che sono tossici, persistenti e mutageni (trialometani, clorammine, ecc.). Una prima quantificazione di questi prodotti parte dal tenore di DOM in acque costiere non eutrofiche, che in Adriatico è indicativamente di 2 mg/litro. Il funzionamento di un rigassificatore comporterebbe l'immissione di quantità dell'ordine di 32,8 chili per ora di cloro-derivati, qualcosa più di 280 tonnellate all'anno. Gli effetti del cloro e dei cloro-derivati (ad esempio: a seguito di disinfezione) sono studiati da oltre 40 anni, tanto che già nel 1972 in USA (US Federal Water Pollution Control Act) era obbligatorio l'abbattimento del tenore di cloro nelle acque di scarico e la riduzione chimica dei sottoprodotti alogenati. Questi composti, stabili e non facilmente degradabili, si accumulano nelle acque, da qui entrano nella catena alimentare, si depositano nei tessuti grassi degli organismi marini e possono finire sulle nostre tavole. Nell'uomo, alcuni effetti tossici noti sono la possibile azione mutagenica e /o cancerogenica. L'esposizione cronica comporta una possibile relazione con cancro del retto e del colon e della prostata (IARC International Agency for Research on Cancer);

    nei documenti di VIA questo aspetto non è considerato perché ci si limita a valutare i soli effetti del cloro attivo in uscita dall'impianto: questo viene limitato a non più di 0,2 mg/litro, paragonabile a quello dell'acqua di acquedotto conforme a norma di legge. Quindi questo procedimento è apparentemente innocuo "come bere un bicchier d'acqua". Ma il cloro, utilizzato in quantità massiccia (all'interno dell'impianto si hanno tenori di 2 mg/litro), viene abbattuto prima di restituire l'acqua al mare, neutralizzandolo con bisolfito (reazione: si forma solfato), al fine di rientrare nei parametri di legge (max 0,2 mg/litro);

    inoltre, poiché è il proponente dell'opera a redigere gli studi di impatto ambientale, non sempre vi è l'interesse ad illustrare alternative di progetto in fase di VIA migliori dal punto di vista ambientale anche se meno convenienti economicamente e non sempre i funzionari che devono valutare questi studi sono adeguatamente attrezzati e tecnicamente supportati dagli enti preposti l'acqua di mare è ricca di sostanza organica da neutralizzare, contrariamente all'acqua di acquedotto che possiamo bere a volontà ed in cui il cloro è aggiunto solo per un'azione preventiva antibatterica. La differenza tra le 2 acque – pur con lo stesso tenore di cloro attivo – è che l'acqua in uscita dall'impianto è carica di sostanza organica degradata combinata chimicamente al cloro;

    questo vale in particolare per quanto riguarda l'acqua di mare di Porto Viro in considerazione della produttività primaria dell'Adriatico (parametro collegato alla concentrazione di cellule fitoplanctoniche per unita' di volume dell'acqua di mare) e della posizione collocata di fronte alla foce di uno dei maggiori fiumi del Mediterraneo;

    Adriatic Lng prima che iniziassero i lavori di realizzazione del terminal aveva valutato il tenore del disturbo ambientale che l'impianto andava a causare al territorio circostante, arrivando nel febbraio 2008 ad un accordo con gli Enti locali "per la compensazione territoriale destinata al Polesine e legata all'insediamento del terminal". Si tratta in tutto di 12,1 milioni di euro di cui 2,45 per il comparto della pesca professionale, che si è visto imporre una nuova zona di interdizione dell'attività; già alcuni mesi dopo l'avvio dell'attività del rigassificatore di Porto Viro le associazioni dei pescatori avevano osservato con preoccupazione la presenza di schiume attorno all'impianto e la morìa di fasolari e vongole di mare nelle acque veneziane e polesane. Fenomeni insoliti e inspiegabili alla luce della loro esperienza;

    l'area dell'alto Adriatico è attualmente interessata da 3 progetti di rigassificatori: uno in Slovenia, uno on-shore (Zaule), uno off-shore (al largo di Grado). Per il rigassificatore proposto da "Gas Natural", l'intero volume d'acqua della Baia di Muggia (circa 100 milioni di m3) verrebbe fatto fluire attraverso l'impianto per oltre due volte all'anno. In un anno circa il 4-5% dell'acqua dell'intero bacino del golfo di Trieste (8.800 milioni di m3) verrebbe a circolare attraverso l'impianto, una quantità di gran lunga superiore a quella utilizzata da tutti gli stabilimenti industriali attualmente in esercizio sulle sponde del golfo. E stiamo parlando di 1 dei 3 rigassificatori proposti;

    il rigassificatore di Capodistria è l'unico, della decina di progetti che interessano tutto l'Adriatico, che funzionerebbe "a ciclo chiuso": i progettisti, consci dei problemi ambientali di questo litorale, non ricorrerebbero all'impiego di acqua di mare ma ricaverebbero il calore utile alla rigassificazione da altre fonti. Ad esempio la combustione di un'aliquota marginale del gas conferito in impianto (ne basta l' 1,3%) è sufficiente per riportare il metano dalla fase liquida a quella gassosa. L'aliquota che andrebbe bruciata corrisponde a quanto viene spontaneamente perso durante il trasporto (per via del cosiddetto "boil-off") ed immesso in atmosfera (il metano è tra i più potenti gas-serra, 25 volte più della CO2). Gli impianti sono inoltre dotati di "torce" che, per questioni di sicurezza, bruciano o immettono direttamente in atmosfera il gas in sovrapressione che si sviluppa nel processo di rigassificazione;

    dal 2000, con decreto del Ministero dell'Ambiente, la Regione Veneto ha ottenuto il divieto dell'utilizzo del cloro come "agente antifouling" nei circuiti industriali che scaricano in laguna di Venezia, in considerazione dei problemi che questa sostanza causa alle biocenosi di un habitat tanto delicato;

    l'Adriatico è un mare semi-chiuso, considerato sotto più aspetti quale "zona ecologicamente sensibile" e gli impianti proposti, che in questi tempi procedono nel loro iter autorizzativo, consumano notevoli quantità d'acqua di mare, senza che, a giudizio degli interroganti, siano adeguatamente valutate le alternative tecnologiche percorribili (il cosiddetto "ciclo chiuso"), anche se si dimostrano economicamente meno convenienti per il gestore dell'impianto;

    al Veneto e al Polesine non sono state riconosciute quelle royalties sui ricavi previste dalla legge nel caso della presenza di impianti come il rigassificatore, circostanza per cui è pendente un ricorso della Regione verso il governo"; se per eccesso di offerta i rigassificatori rimanessero fermi, ai gestori è comunque sempre assicurato l'introito del 71% delle royalties calcolate sulla capacità nominale di rigassificazione, per tutta la durata di vita dell'impianto. Sono gli effetti delle delibere dell'Autorità per Energia Elettrica e Gas n. 178 del 2005 e n. 92 del 2008, che andranno a prelevare gli importi da girare ai gestori dalle nostre bollette del gas;

    si chiede di sapere:

    quali azioni urgenti si intendano assumere per chiarire la natura della schiuma; quali analisi abbia fatto finora Ispra e se non si ritenga debbano essere approfondite per documentare con maggior precisione eventuali danni ambientali prodotti, in particolare per quanto riguarda i cloroderivati organici e gli alo-derivati in genere;

    se non si ritenga di valutare l'estensione della limitazione in vigore in laguna di Venezia a tutti i gli impianti di questa voracità lungo l'Adriatico, attivandosi anche per creare una governace comune con gli altri Paesi che si affacciano su questo mare anche attraverso una ratifica più stringente dei protocolli "Dumping" o "Land-Based Sources of pollution", se e come si intenda rafforzare nelle procedure autorizzative la presa in considerazione delle alternative tecnologiche percorribili a quanto proposto dal gestore, (nel caso in questione il cosiddetto "ciclo chiuso"), anche se si dimostrano economicamente meno convenienti per il gestore dell'impianto, ed in particolare se non si ritenga di considerare la possibilità di riconvertire il rigassificatore di Porto Viro da ciclo aperto a "ciclo chiuso"; in alternativa, se in vista della predisposizione di un piano energetico nazionale, si intenda rivedere la soglia del 71% comunque garantita ai gestori dei rigassificatori in modo che la remuneratività sia legata all'adozione da parte dei gestori di tecnologie che tutelino maggiormente l'ambientale.

    Fonte: venetoradicale.blogspot.com | vai alla pagina

    Argomenti: nord est, ambiente, spiagge, radicali, veneto, venezia, regione veneto, tutela ambiente, energia elettrica, laguna, mare, Ispra, Adriatico | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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