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«Dalle donne alla giustizia il delirio di onnipotenza del premier è senza confini» - INTERVISTA
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(08 marzo 2011) - fonte: l'Unità - Maria Zegarelli - inserita il 09 marzo 2011 da 31
«Una riforma costituzionale non può scaturire da un risentimento personale. La piazza ha svegliato il Paese apatico»Un filo che tiene tutto insieme », le inchieste e questa riforma annunciata più comeuna minaccia contro la magistratura che come un intervento per risolvere i problemi veri del paese. Solo che stavolta è cambiato qualcosa, dice Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: c’è stato il 13 febbraio e quel movimento è più vivo che mai. Risponde anche a chi accusa il Pd di non voler cambiare nulla:
«Siamo pronti ad aprire il confronto ma ripartendo dall’idea della Bicamerale: una giurisdizione unica per magistrati ordinari, contabili e amministrativi; un unico organo di autogoverno e il controllo disciplinare affidato ad un’autorità che per selezione e qualità si rifaccia ai criteri della Corte Costituzionale».Questo 8 marzo arriva dopo la grande manifestazione del 13 febbraio. Il Ruby-gate e l’uso delle donne da parte del potere, l’inchiesta dalla magistratura e l’annuncio di una riforma “epocale” della giustizia. Tutto si lega?
«Tutto si lega e si tiene insieme grazie alle due ossessioni del premier, le donne e la magistratura. Una riforma costituzionale avrebbe bisogno di un largo consenso e invece viene usata impropriamente come una clava, più volte minacciata e poi ritirata. Stavolta mi sembra che siamo arrivati al passo definitivo e che approderà in Parlamento, ma nel modo peggiore perché una riforma costituzionale non può passare attraverso un risentimento personale».
Finocchiaro, lei è un ex magistrato dirigente del Pd e il 13 febbraio era in piazza. Praticamente rappresenta tutto ciò contro cui si sono espresse le donne Pdl, definendo quelle come lei «accecate da furore ideologico».
«Non sono mai stata mossa dal furore ideologico e non intendo reagire proprio oggi a questa provocazione. Ho però il dovere politico di sostenere alcune posizioni, la prima delle quali è quella che a testimoniare in piazza c’erano donne di diversissime fedi politiche e esperienze di vita. Erano lì per la dignità delle donne frantumata dal premier con i suoi comportamenti. Non capisco come le donne del governo possano sentirsi offese da quelle piazza che invece avrebbero dovuto sforzarsi di capire meglio. L’altra questione è che stavolta i comportamenti personali, ispirati da quel modo di guardare alle donne, potrebbero configurare un illecito penale e il punto su cui il premier salda la sua ossessione sulla magistratura italiana. Qui siamo di fronte ad una visione berlusconiana illiberare del potere e ad un delirio di onnipotenza che ha nei comportamenti privati delle ricadute pesanti anche sul pubblico».
Voi del Pd pensate davvero che possa crearsi un forte movimento di opinione sulla riforma della giustizia?
«In questo paese quella che sembrava una sorta di rassegnata apatia, anche motivata dalle condizioni di vita delle persone che riguardano la precarietà del lavoro e la difficoltà a far fronte alla quotidianità, oggi sembra si stia trasformando in voglia di partecipazione, la piazza del 13 e la raccolta di firme del Pd ci hanno dato un segnale molto positivo. Sono convinta che ne arriverà un altro anche con la manifestazione del 12 marzo per la scuola. Penso, quindi, che usando le parole giuste e spiegando quale è la posta in gioco con la riforma della giustizia l’Italia saprà rendersi conto di quale sia il livello di aggressione al sistema democratico che sta lanciando Berlusconi».
Quali sono i punti critici di questa riforma ancora non presentata?
«Con questa riforma si ridefinisce il ruolo della magistratura nell’equilibrio costituzionale. Quando si riducono spazi per un potere inevitabilmente ce ne è un altro che prevale, senza il controllo e i limiti che l’esistenza dell’altro potevano constrastare».
Facciamo un esempio.
«In questa riforma sembra che ci sia una attribuzione alla polizia giudiziaria e a quella inquirente di uno spazio di autonomia rispetto alla magistratura.
Lo capiranno gli italiani che questo significherà una riduzione delle garanzie nel corso delle indagini? Lo sarà necessariamente perché, pur avendo una polizia democratica, è ovvio che non ci saranno le garanzie di controllo oggi esercitato dal magistrato».C’è chi vi accusa, compreso Fini, di essere conservatori tanto quanto Berlusconi.
«Fini fa propaganda al suo movimento politico. Noi non diciamo no alle riforme, diciamo no a questa riforma perché l’innovazione non è quella indicata da Berlusconi che, al contrario, ripercorre un passato di disequilibrio tra i poteri dello Stato. Credo che dovremmo tornare a coltivare l’idea nata nella Bicamerale: giurisdizione unica, un’unica magistratura ordinaria, contabile e amministrativa con le stesse garanzie di autonomia e indipendenza, con un sistema unico di autogoverno. In questo quadro si potrebbe pensare ad una responsabilità disciplinare di tutti i magistrati affidata ad un organo esterno, con le stesse qualità e garanzie della Corte costituzionale. Le sembra che non siamo disposti a fare le riforme?».
Fonte: l'Unità - Maria Zegarelli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi