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«Capisco il disagio di Fini. La Lega ha un peso eccessivo. Il partito non decolla e chi dissente passa per cospiratore» - INTERVISTA
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(28 settembre 2009) - fonte: Corriere della Sera - Paola Di Caro - inserita il 28 settembre 2009 da 31
Sospettano anche di lui. Per quel dialogo con esponenti dell’opposizione come Casini e D’Alema, per quei silenzi in momenti topici, quando il Pdl chiama alla guerra e lui non indossa nessuna armatura. Ma Giuseppe Pisanu, presidente della commissione Antimafia, non si scompone. Anche quando gli si chiede se faccia davvero parte di quel «partito del buonsenso» che tramerebbe contro Berlusconi: «Io faccio parte soltanto di un indefinibile movimento che si oppone a questo clima politico invivibile, carico di sospetti, agitato da scontri senza capo né coda, che stanno lentamente uccidendo la politica italiana».Di chi sono le colpe?
«La responsabilità è un po’ di tutti, e per di più — per citare Roosevelt — c’è un via vai di rastrellatori di sterco che appestano l’ambiente. In questo clima è chiaro che chiunque, come me, sta alla larga dalla canizza e accetta di discutere civilmente con i propri avversari, finisce per passare come cospiratore».
Dalla maggioranza si grida al tentativo di golpe. Lei ci crede?
«Guardi, il governo ha una maggioranza solida, benché percorsa da preoccupazioni e inquietudini che derivano in gran parte dal deterioramento del clima politico in generale».
Un deterioramento che potrebbe cambiare il quadro politico?
«È chiaro che se lo scontro degenera, e si arriva a contrasti che attengono ai valori decisivi di una società, allora sì che un rischio può sorgere. Ma sono ragionamenti teorici. La verità è che il governo è saldo, non ci sono maggioranze alternative, il Pdl è ben lontano da qualsiasi ipotesi di divisione. Per questo penso che tocchi innanzitutto al mio partito rifiutare le risse, la contrapposizione, portare pazienza e concentrare l’attenzione sui grandi problemi del Paese: la ricostruzione all’Aquila, il Mezzogiorno, la tutela delle categorie sociali e dei settori produttivi più duramente colpiti dalla recessione».
Cercare il dialogo con l’opposizione servirebbe?
«Certo, perché è con l’offerta del dialogo che si mette alla prova la buona volontà dei nostri avversari, e si verifica se è reale l’impegno a lavorare per il Paese».
Ma nel centrodestra c’è diffidenza perfino verso Fini...
«Fin dal congresso del Pdl Fini ha posto una serie di problemi importanti, sui quali ha chiesto di discutere. E questo mi sembra del tutto naturale. Ma il problema vero, che spiega anche il disagio di Fini e di diversi amici, è un altro».
Quale?
«Il Pdl non è arrivato alla 'fusione perfetta', visto che è nato da pochi mesi, ma sta segnando un ritardo nel suo cammino: non vedo ancora idee chiare su come dargli una forma democratica moderna e una cultura politica unificante. Così, non disponendo di sedi adeguate per il confronto, ogni espressione di dissenso crea sospetti, evoca il rischio della rottura».
Fini però è stato molto criticato anche per il merito dei temi che solleva. Uno è il rapporto con la Lega, che vede squilibrato.
«Intanto riconosciamo alla Lega i meriti che ha nel padroneggiare le situazioni... Ma è vero che, soprattutto al Sud, c’è la sensazione diffusa di un peso eccessivo della Lega, e più in generale di una prevalenza a tratti immotivata di un’idea nordista che si impone su tutto e su tutti. Va però riconosciuto che Berlusconi, con la proposta di un nuovo piano per il Sud, ha corretto questa sensazione».
Altro tema che divide è la cittadinanza.
«Qui il problema non è tanto nel numero di anni dell’attesa, quanto nella idoneità complessiva dell’immigrato a ricevere la cittadinanza. Quanto allo ius sanguinis, appartiene, se non alla preistoria, almeno alla storia antica del diritto. In un Paese ormai alla seconda generazione di immigrati, non è più ammissibile che un giovane nato, cresciuto ed educato in Italia debba richiedere formalmente la cittadinanza. Il rischio è l’emarginazione, e non dimentichiamo che tra gli attentatori di Londra e Madrid c’erano giovani di seconda e terza generazione integrati economicamente, ma emarginati socialmente e culturalmente».
Dunque cercare il consenso dell’opposizione su questo tema non è il «cavallo di Troia» per dissestare il governo?
«No, basta procedere con ragionevolezza, su tutti i temi dell’immigrazione. Anche quella clandestina, che va contrastata, ma nel rispetto rigoroso delle convenzioni internazionali e dei diritti inviolabili della persona umana».
Lei richiama il diritto di asilo, ma Maroni attacca i pm che non perseguono il reato di immigrazione clandestina...
«In questo caso, è difficile distribuire obiettivamente torti e ragioni, perché la norma di legge pone problemi seri di applicazione. Maroni dispone sicuramente di dati attendibili, ma sarebbe stato meglio sottoporli al Csm, evitando polemiche che non aiutano né il lavoro dei magistrati, né la lotta all’immigrazione clandestina».
Fonte: Corriere della Sera - Paola Di Caro | vai alla pagina » Segnala errori / abusi