-
» Intercettazioni. "Con questa normativa le mie inchieste sarebbero fallite"
Felice CASSON in data 13 febbraio 2009
-
» Lampedusa. Sei parlamentari in visita.
Roberto MUSACCHIO in data 13 febbraio 2009
-
» Nuovo appello a Napolitano. "Berlusconi sulle orme del nazismo"
Antonio DI PIETRO in data 05 febbraio 2009
-
» Con 'Why not' abbiamo toccato fili ad alta tensione
Gioacchino GENCHI in data 05 febbraio 2009
-
» Intercettazioni. Napolitano valuti prima di firmare
Antonio DI PIETRO in data 04 febbraio 2009
-
» Sicurezza. Il Pdl battuto tre volte. "Un evidente segnale di malessere"
Anna FINOCCHIARO in data 04 febbraio 2009
-
» E intanto si boicotta il testamento biologico - INTERVISTA
Maria Antonietta FARINA COSCIONI in data 04 febbraio 2009
-
» Lettera aperta al Presidente della Repubblica.
Antonio DI PIETRO in data 04 febbraio 2009
-
» «Silvio è come Kim Il Sung. Addio al Pdl» - INTERVISTA
Paolo GUZZANTI in data 03 febbraio 2009
-
» «Non ho mai accusato il Presidente. Basta giocare con le parole» - INTERVISTA
Antonio DI PIETRO in data 29 gennaio 2009
-
» «Un archivio? Leggenda. Sono contatti incrociati tra cellulari di servizio» - INTERVISTA
Gioacchino GENCHI in data 27 gennaio 2009
-
» «La sinistra vuol sfilarmi Bossi. Il dialogo? Mi viene l'itterizia» - INTERVISTA
Silvio BERLUSCONI in data 26 gennaio 2009
-
» «Ecco i segreti del mio archivio. I veri scandali li hanno fatti altri» - INTERVISTA
Gioacchino GENCHI in data 26 gennaio 2009
-
» Federalismo. «Diciamo sì, ma 8 anni sono troppi. Hanno poca voglia di fare questa riforma» - INTERVISTA
Massimo DONADI in data 22 gennaio 2009
-
» «Senza Di Pietro avremmo vinto» - INTERVISTA
Massimo CALEARO CIMAN in data 22 gennaio 2009
-
» «Rinnovare la politica, essenziale il ricambio generazionale».
Giorgio NAPOLITANO in data 17 gennaio 2009
-
» Eluana. "Se l'Italia fosse uno stato di diritto, Sacconi dovrebbe ora rispondere penalmente del suo ricatto eversivo"
Marco CAPPATO in data 16 gennaio 2009
-
» Proposta formale ai parlamentari del Pd: domani facciano proprio l’emendamento già approvato dal Parlamento Europeo sul testamento biologico anche con il voto dei liberali e dei socialisti
Maria Antonietta FARINA COSCIONI in data 14 gennaio 2009
-
» «Continuo ad avere dubbi sull'Anm» - INTERVISTA
Filippo BERSELLI in data 12 gennaio 2009
-
» Le intercettazioni sui reati contro la Pubblica amministrazione, come corruzione e concussione, non saranno eliminate.
Angelino ALFANO in data 11 gennaio 2009
-
» Rimuovere i gruppi pro Riina su Facebook è necessario
Giovanni Saverio Furio PITTELLA in data 09 gennaio 2009
-
» Napoli. «Vado a fermare quei veleni, quei nastri restino segreti» - Colloquio
Enrico MORANDO in data 08 gennaio 2009
-
» «Il Pd è ridotto a una somma di comitati elettorali» - INTERVISTA
Leonardo DOMENICI in data 08 gennaio 2009
Dichiarazione di Gioacchino GENCHI
«Ecco i segreti del mio archivio. I veri scandali li hanno fatti altri» - INTERVISTA
-
(26 gennaio 2009) - fonte: Il Secolo XIX - Marco Menduni - inserita il 26 gennaio 2009 da 31
SCANDALO? «Lo scandalo - ribatte il perito Gioacchino Genchi, nel mirino del premier Berlusconi per il maxi-archivio di utenze telefoniche - lo dà piuttosto chi si intesta decine di utenze coperte dal segreto parlamentare e le dà agli amici».Gioacchino Genchi è l’uomo del giorno. È il perito nel mirino delle polemiche, il grande esperto dell’inchiesta Why Not di Luigi De Magistris, l’uomo indicato da Silvio Berlusconi come «la persona che ha messo sotto controllo 350 mila telefoni». E il suo archivio, per il presidente del Consiglio, è «il più grande scandalo della storia della Repubblica». Lui non ci sta. E insiste ancora: «Forse sono altri che danno scandalo. Ad esempio quel parlamentare che ha intestato a suo nome decine di schede telefoniche e le ha distribuite ai suoi conoscenti. Schede che giravano per tutta la Calabria e che non si potevano controllare, perché erano coperte dal segreto parlamentare».
Chi è questa persona?
«Sono pronto a dirlo non appena la Commissione Antimafia mi convocherà».
Non poteva essere sempre lui ad utilizzarle?
«No. C’è la prova provata. Ha partecipato a una votazione in Parlamento. E non poteva essere coperto da un “pianista”, perché era una votazione ad appello nominale. Eppure, mentre lui era a Roma a votare, altre schede telefoniche a suo nome avevano contatti inquietanti in Calabria. Ma non si sarebbero mai potute intercettare se non chiedendo l’autorizzazione alla sua Camera. Come dire? A quel punto non sarebbe servito a nulla».
Ecco. L’hanno accusata di aver intercettato senza autorizzazione il telefono dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella.
«Premessa: io non ho mai fatto intercettazioni in vita mia. Ho solo controllato dei numeri di telefono e dei tabulati. Cioè ho ricostruito chi parlava con chi. Ma mai ho ascoltato una telefonata in vita mia».
Però il caso Mastella l’ha tenuto sulla corda...
«Il Ros dei carabinieri non ha saputo nemmeno acquisire correttamente l’intestatario dell’utenza cellulare di Mastella, che non era da tempo intestata alla “Camera dei Deputati” ma al Dap (il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ndr) quando ne sono stati acquisiti i tabulati. Mai e poi mai avrei potuto ipotizzare o supporre, quando ho acquisito il tabulato, che quel numero fosse di Mastella. Peraltro non mi sarebbe servito a nulla. Posto che avessi voluto dimostrare i contatti di Mastella con Saladino (Antonio, imprenditore e tra i protagonisti della vicenda giudiziaria di Why Not, ndr), questi sarebbero già emersi dal tabulato di quest’ultimo».
Poi c'è la vicenda delle utenze riservate dei servizi segreti che sarebbero contenute nel suo archivio.
«Mi è sembrato sin da subito che preludesse ad un tranello l’equivoca ed indeterminata asserzione del dottor Dolcino Favi (il procuratore generale di Catanzaro che ha avocato l’inchiesta Why Not, ndr) secondo cui io avrei detenuto “documentazione riservata ed in un caso almeno anche classificata”».
Non era così? Non ha controllato l’utenza di uomini dell’intelligence?
«Non ho eseguito alcuna acquisizione di tabulati dell’utenza cellulare riferita a Massimo Giacomo Stellato (capocentro del Sismi a Padova, ndr) e indicata nella delega del dottor Favi al Ros. E non ho mai nemmeno rilevato l’utenza, nemmeno in modo indiretto, nei tabulati da me acquisiti, fino al momento della revoca dell’incarico».
Un numero di telefono, quello di Stellato, che il Secolo XIX ha provato a comporre. Risulta però disattivato.
Genchi, quella dei numeri riservati degli 007 è però una delle accuse che le viene rivolte con maggior clamore.
«In questi giorni si sono aggiunte non poche inesattezze sul numero dei tabulati da me acquisiti, come quelle sulle “utenze coperte dal Segreto di Stato”. Che ancora non capisco come avrei potuto individuare. Sempre che esista un “Segreto di Stato” sui numeri telefonici».
Non esiste?
«Hanno forse un prefisso particolare? Hanno una intestazione particolare? C’è qualche indicazione che mi è sfuggita e che fa riferimento al “Segreto di Stato”?».
Sull’ampiezza del suo dossier? Del suo archivio “segreto”?
«Sul numero delle utenze acquisite, 792, debbo precisare che in capo a diversi soggetti è stata accertata la disponibilità di diverse utenze telefoniche, con le quali sono state nel tempo utilizzate decine e decine di Imei, con l’ulteriore utilizzazione di decine e decine di altre sim. Quasi sempre intestate a soggetti terzi, appartenenti cioè a reti straniere, o intestate ad Enti, alla Regione Calabria ed altri uffici. È conseguita un’acquisizione di dati di traffico assolutamente ridotta e selettiva».
Però questa “selezione” poi si è ampliata...
«Si è stati costretti ad ampliarla solo dopo le acquisizioni della Procura della Repubblica di Reggio Calabria sulle gravissime fughe di notizie sulle indagini sull’omicidio Fortugno e sulla strage di Duisburg, la faida di San Luca. Anche a seguito delle vibrate denunce del Procuratore Nazionale Antimafia».
Il suo, insomma, è stato solo estremo scrupolo professionale.
«In un procedimento penale non si può certo indugiare con dei pressapochismi nell’attribuzione di una data utenza ad un dato soggetto, specie quando possono discendere delle conseguenze. Ricordo un paio di casi».
Quali sono?
«Quello delle indagini sulla cosiddetta banda della Magliana. Danilo Abbruciati, esponente di spicco della criminalità romana, era ritenuto autore dell’attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano, Roberto Rosone. Da controlli frettolosi risultò che Abbruciati avesse chiamato, prima dell’attentato, il procuratore generale della Cassazione Ferdinando Zucconi Galli Fonseca».
Risultò poi che non era così.
«Ma la vicenda ha suscitato interventi parlamentari, atti di sindacato ispettivo, interventi del Csm, impugnative del Procuratore generale della Cassazione, decisioni delle Sezioni Unite, iniziative disciplinari del Ministro della Giustizia, oltre alle polemiche politiche, alle querele ed agli strascichi giudiziari e parlamentari, protrattisi per quasi venti anni. Sta di fatto che le indagini hanno dissipato ogni sospetto su Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, escludendo in modo categorico l’esistenza di contatti telefonici con l’Abbruciati. Poi c’è il caso Biagi».
Marco Biagi, ucciso dalle Br.
«Come si ricorderà, prima di essere ucciso aveva denunciato di avere ricevuto delle minacce telefoniche. Biagi aveva pure informato vari politici, oltre al Presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, al sottosegretario al ministero del Welfare, Maurizio Sacconi, a Stefano Parisi, direttore di Confindustria, a Roberto Maroni, ministro del Welfare, al prefetto di Bologna Sergio Iovino. Nessuno lo ha scritto, in molti lo hanno pensato e qualcuno lo ha pure detto (incautamente). Biagi stava passando per un mitomane, che aveva denunciato le minacce per avere la scorta e beneficiare di alte considerazioni».
Non fu così, evidentemente.
«Mesi dopo l’omicidio e le dimissioni del ministro Claudio Scajola si è scoperto che gli accertamenti svolti sui tabulati delle utenze erano stati fatti in modo errato e parziale e che le telefonate di minaccia vi erano state, proprio come le aveva denunciate il consulente , senza essere creduto».
Poteva essere evitato, quell’omicidio.
«A parte le sorti politiche del ministro Scajola, costretto alle dimissioni per delle dichiarazioni che mai avrebbe fatto se fosse stato correttamente informato, penso a come si sarebbe potuto certamente evitare l’omicidio del professor Biagi, se le autorità di pubblica sicurezza di Bologna e di Roma fossero state correttamente informate sulle telefonate».
Fonte: Il Secolo XIX - Marco Menduni | vai alla pagina » Segnala errori / abusi