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Dichiarazione di Giulio TREMONTI

Alla data della dichiarazione: Deputato (Gruppo: FI)  -  Ministro  Economia e Finanze (Partito: PdL) 


 

Governo-Parti sociali, intervento del Ministro dell'Economia G. Tremonti.

  • (20 maggio 2008) - fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze - inserita il 15 giugno 2008 da 2761
    Roma, 20 maggio 2008, Palazzo Chigi Intervento del Ministro dell’economia e delle finanze La nostra azione di politica economica sarà sviluppata: a) in coerenza con gli impegni politici e giuridici assunti in sede europea, e nel corso degli ultimi anni, dalla Repubblica italiana; b) in coerenza con gli impegni politici assunti dalla nostra coalizione nel corso della campagna elettorale che l’ha appena portata al governo. Sarà così, a partire dal Consiglio dei Ministri di domani a Napoli. E sarà ancora così nel corso dell’intera legislatura, con lo sviluppo di un’azione che non sarà episodica, ma organica e progressiva. Oggi è dunque solo l’inizio. 1. In questi primi giorni della legislatura l’azione di politica economica del Governo inizierà con due provvedimenti mirati al sostegno della domanda ed all’incremento della produttività del lavoro. Essenzialmente si tratta: a) dell’azzeramento dell’ICI sulla prima casa, con corrispondente integrale rifinanziamento dei Comuni; b) della detassazione sperimentale delle remunerazioni di produttività. La copertura di bilancio delle voci di cui sopra sarà operata con la corrispondente riduzione di voci di incremento discrezionale, e non particolarmente produttivo, della spesa pubblica. Incrementi operati (i) durante la campagna elettorale, con il c.d. “Decreto mille proroghe” ed (ii) appena prima, con la Legge finanziaria per il 2008. 2. In una logica di responsabilità repubblicana è intenzione del nostro Governo rispettare gli impegni assunti in Europa dall’Italia. In particolare è intenzione del nostro Governo dare piena ed immediata attuazione agli impegni assunti dal Governo Prodi e ribaditi da ultimo nella riunione dell’Eurogruppo tenutasi a Berlino il 20 aprile 2007. Impegni che, dato l’“obiettivo–vincolo” del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2011, “obiettivo-vincolo” concordato per l’Italia e dall’Italia in questa sede, si svilupperanno operativamente come indicato nella Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza Pubblica elaborata dal Governo Prodi e presentata in Parlamento il 18 marzo 2008, dove si legge tra l’altro che: “Nel complesso la politica di bilancio dovrà recuperare risorse per un ammontare che si stima tra i 20 ed i 30 miliardi nel triennio 2009-2011”. Per quanto riguarda questo Governo ciò vuole dire in particolare che la prossima Legge finanziaria: - sarà anticipata nella sua parte sostanziale a prima dell’estate da un provvedimento legislativo che affiancherà e darà corpo al DPEF; - questo provvedimento non sarà basato sulla tradizionale scissione tra parte c.d. programmatica, con proiezione pluriennale e parte attuativa (questa limitata al solo anno immediatamente successivo); - ma piuttosto sarà basato sulla integrale convergenza tra parte programmatica e parte attuativa, così da dare fin da subito, piena, organica e responsabile attuazione ai citati impegni europei. L’effetto conseguente sarà che gli impegni assunti dall’Italia in Europa prenderanno da subito la forma organica di un piano triennale di stabilizzazione della nostra finanza pubblica. Un piano coerente all’interno con gli obiettivi propri di un Governo di legislatura ed all’esterno con le strutture e gli standard di bilancio propri degli altri paesi europei. 3. E’ in specie evidente in questi termini che : a) pur esistendo margini tanto per una imposizione aggiuntiva sui c.d. “guadagni di congiuntura” (Einaudi), quanto per una riduzione di eccessivi e negativamente simbolici meccanismi premiali. Margini che saranno definiti organicamente nel provvedimento legislativo citato sopra sub 2; b) fermo, ancora l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale. Un obiettivo questo che potrà essere ancora più efficacemente raggiunto aggiungendo anche il federalismo fiscale agli istituti ed ai meccanismi già messi in campo. Ciò perché, tra le cause dell’evasione fiscale in essere in Italia, ci sono certo cause storiche, ma anche cause economiche evidenti nell’asimmetria tra un economia largamente diffusa sul territorio ed una macchina fiscale che è invece quasi totalmente centrale; c) fermo tutto quanto sopra, e ribadito in aggiunta che, essendo impossibile, ingiusto e controproducente aumentare ulteriormente la già eccessiva pressione fiscale generale; d) si ha che l’attuazione del citato Piano triennale di stabilizzazione della finanza pubblica potrà e dovrà essere operata soprattutto dal lato della riduzione della spesa pubblica. Riduzione che non solo è in linea con l’idea liberale del limite al peso dello Stato sull’economia, ma comunque in linea con la citata Relazione e con gli impegni assunti in sede europea dall’Italia. Impegni che – si ripete - intendiamo mantenere, applicandoli realmente, pienamente, immediatamente. 4. In questi termini sono dunque fuori discussione (i) tanto la quantità degli interventi necessari per la stabilizzazione della nostra finanza pubblica, quantità stimata e definita, nella sua non certo esigua dimensione, dal Governo Prodi e (ii) quanto l’area di bilancio in cui operarli in prevalenza: non dal lato delle entrate fiscali, ma dal lato della spesa pubblica. Può e deve tuttavia essere messa in discussione la modalità per attuarli. Una modalità che sarà decisivamente costituita dal federalismo fiscale. Una scelta questa che, fermo il vincolo della coesione sociale, consideriamo decisiva per introdurre nella nostra finanza pubblica criteri essenziali di trasparenza, responsabilità, efficienza. Ciò in sostanziale attuazione dell’art. 119 della Costituzione, secondo cui: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante… Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovergli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni...”. Dato il carattere sostanzialmente costituzionale proprio della particolare materia, è in specie intenzione del nostro Governo fare del federalismo fiscale l’oggetto di una intensa, ampia e condivisa discussione. Una discussione da fare insieme tanto con l’opposizione politica, quanto con le rappresentanze istituzionali dei governi locali. In questi termini la prossima sessione di bilancio potrà prendere in Parlamento la forma di una sessione ad alta intensità politica in ordine all’architettura: - tanto del federalismo fiscale; - quanto di una nuova e corrispondentemente necessaria legge di bilancio (perché non ci può essere il federalismo fiscale, senza una nuova e ad esso coerente legge di bilancio. E viceversa). Sarà anche così che prenderà corpo quella strategia delle riforme condivise che vorremmo fosse il carattere politico principale di questa legislatura. 5. Non nascondiamo e non ci nascondiamo le difficoltà e le criticità. Nell’economia reale troviamo una crescita intorno allo zero. E sui conti pubblici 2008 troviamo il seguente rilievo della Commissione europea: “Il prospettato deterioramento della posizione strutturale nel 2008, rispetto al 2007 è chiaramente non in linea con la riduzione annua di almeno 0,5 per cento del PIL prevista dal Patto di Stabilità e Crescita e ribadita dalla Decisione del Consiglio ai sensi dell’art. 104”. In particolare, per quanto riguarda l’andamento dei conti pubblici come si sono sviluppati e si stanno sviluppando nel corso di quest’anno e di qui in proiezione sul triennio 2009–2011, (i) stiamo acquisendo dati dalla Ragioneria Generale dello Stato, (ii) dati che presenteremo e discuteremo in sede europea, in modo da formularne senza polemiche un necessario oggettivo aggiornamento. Ferma fin da ora la consapevolezza di un rischio di bilancio che c’è e/o che verrà, non solo dal lato della spesa pubblica, se non sottoposta ad una rigida disciplina, ma anche dal lato delle entrate fiscali. Un rischio specifico questo che trova (troverà) causa non tanto e non solo nelle incertezze giuridiche già evidenziate dalla Commissione europea (a proposito dell’attesa sentenza della Corte Costituzionale sull’IRAP, della riforma della fiscalità societaria, etc.), quanto e soprattutto nelle criticità sostanziali connesse all’andamento negativo dell’economia. Un andamento che, a causa della scansione temporale tipica del meccanismo di prelievo fiscale (produzione → dichiarazioni → versamenti), si rifletterà solo successivamente sui gettiti fiscali. 6. Crediamo di avere una visione, culturale e politica, una visione sufficientemente vasta e sufficientemente approfondita per vedere e valutare cosa sta succedendo nell’economia globale, per vedere e valutare quali forze sono in campo e quali dinamiche sono in atto nel mondo e quale impatto hanno per questa via le crisi che stanno investendo l’Europa e l’Italia: la crisi alimentare, la crisi energetica, la crisi finanziaria, le crescenti tensioni geopolitiche. Un impatto che, derivando dallo spostamento globale di enormi stock e flussi di ricchezza, è in Europa, in Italia, quasi sempre regressivo ed erosivo, fino ad essere potenzialmente distruttivo delle nostre strutture sociali: dalla sofferenza nella povertà, alla disoccupazione giovanile, all’impoverimento del ceto medio, per arrivare alla crescente divisione del Paese tra nord e sud. Una divisione questa che non è stata compensata dalle politiche di bilancio finora attuate negli ultimi dieci anni. 7. Sappiamo anche che nel tempo presente ed in Europa – non in altri paesi nel mondo – i governi non hanno più il potere necessario per modellare la società o per fare parti importanti dell’economia. Ma sappiamo che, pur dentro questo limite, i governi hanno ancora il potere–dovere di attenuare alcune distorsioni che emergono nella società e di concorrere a costruire la piattaforma materiale ed immateriale, istituzionale e funzionale, su cui si fa l’economia. Per queste ragioni: a) cercheremo di mettere in campo tutti gli strumenti possibili per garantire la tenuta sociale a partire dall’attenuazione, specialmente per la parte più debole della popolazione, dell’impatto del carovita e dei mutui sulla casa; b) ma sappiamo anche che solo se l’economia va bene, il bilancio pubblico può essere sano e dunque, essendo sano, può anche costituire la base per giusti interventi sociali. Se l’economia privata va bene, è possibile avere bilanci pubblici sani e giusti. E’ difficile avere l’inverso. Per questo, subito ed in parallelo, affiancheremo al citato piano triennale di stabilizzazione della nostra finanza pubblica, un piano vasto ed organico di riduzione della manomorta pubblica e di riflesso di spinta allo sviluppo ed alla crescita dell’economia. Un piano di liberalizzazioni, di semplificazioni, di privatizzazioni.
    Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze | vai alla pagina
    Argomenti: economia, finanza, Tremonti Giulio | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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