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Dichiarazione di Francesco GIORDANO


 

Le lavoratrici e i lavoratori celebrano la loro festa, senza di loro non andiamo da nessuna parte

  • (01 maggio 2008) - fonte: www.franco-giordano.it - inserita il 01 maggio 2008 da 1488

    Primo maggio 2008. Le lavoratrici e i lavoratori senza rappresentanza politica in Parlamento. Per la prima volta. E Confindustria sfida lo stesso sindacato anche sul fronte della rappresentanza sociale. Ci siamo svegliati in un altro mondo. E’ da questa realtà che bisogna ripartire per ricostruire un punto di vista autonomo del lavoro, una sua presenza nella società e una critica del tempo presente, della globalizzazione, delle precarietà. Quella globalizzazione che non lascia più al riparo nessuno dei diritti sin qui acquisiti.

    Con il voto drammatico di Roma, dopo quello nazionale, non è più possibile per nessuno accampare alibi. Non ci sono nicchie in cui mettersi al riparo aspettando che il diluvio passi. Per ricostruire Rifondazione, per riaggregare la sinistra e rilanciare l’intero campo democratico occorrono una riflessione coraggiosa e una assunzione di responsabilità collettiva. Noi abbiamo cominciato a farlo. Il nostro congresso si svolgerà in tempi rapidissimi. Investiremo su un processo democratico e partecipato. Ma questa discussione non può essere fatta solo nel chiuso di aree ristrette e di gruppi dirigenti. Deve, al contrario, coinvolgere l’intero mondo che si sente ancora di sinistra e una parte larga di società.

    A sinistra, dentro Rifondazione, questa discussione è già avviata. Trovo incredibile che nel Pd non avvenga la stessa cosa, secondo una tendenza antica a nascondere e nascondersi la realtà. Polvere sotto il tappeto. Diciamolo con chiarezza: noi siamo stati sconfitti e allo stesso tempo è completamente fallito il progetto veltroniano del Pd. La cultura politica e la conseguente proposta su cui ha puntato il Pd hanno prodotto lo sfondamento della destra, uno spostamento dell’asse politico quale non si era mai visto dal dopoguerra a oggi. E quale non esiste in alcun altro paese europeo. Dopo la sconfitta del 13 aprile, il Pd ha usato la catastrofe della Sinistra Arcobaleno per celare il suo stesso fallimento. Dopo la caduta di Roma, questo non è più possibile, e le scuse accampate da alcuni leader del Pd, secondo cui a determinare la sconfitta di Rutelli sarebbe stata la defezione della Sinistra sono semplicemente grottesche. Patetiche. Un modo come un altro per scaricare responsabilità: non solo su di noi ma anche, più sottilmente, sullo stesso candidato sconfitto.

    Proprio a Roma noi abbiamo avanzato critiche profonde alla cultura del modello “americano” del sindaco Veltroni, che privilegiava la dimensione spettacolare e “virtuale” della città, lasciando scoperti interi territori di crescente malessere sociale, che hanno alimentato il serbatoio del consenso per la destra. Quel Veltroni che, al pari dei Cofferati e dei Dominici, ha inseguito le culture regressive della destra su temi sensibili come quelli della sicurezza e dell’immigrazione, spianando la strada al trionfo di Bossi e di Alemanno. E io penso che il voto di Roma parli lo stesso linguaggio dell’esplosione della Lega a nord. Non è la vittoria di una destra liberista, tecnocratica, confindustriale. E’, al contrario, la vittoria di una destra fortemente radicata, capace di sostituire il conflitto sociale con una trama neocorporativa e di presentarsi come soggetto in grado di sedare le paure e le angosce indotte dalla globalizzazione rivolgendole verso conflitti di natura territoriale o, appunto, corporativi.

    Non è questa la sede per tentare una interpretazione complessiva ed esaustiva del terremoto politico-elettorale. Possiamo però dire sin d’ora che non sarà possibile nessuna ricostruzione della nostra soggettività politica senza un reinsediamento e senza la ricostruzione di legami sociali, persino comunitari, di segno rovesciato, opposto, rispetto a quelli propri della Lega e dell’intera destra. Anche a fronte dell’attuale forma dello sviluppo capitalistico, che desertifica le forme della socialità e le traduce solo in chiave di competizione individualistica, bisogna costruire una nuova identità solidaristica e trame di relazioni socialmente ricche. Nichi Vendola ha vinto in Puglia proprio perché ha saputo interpretare questo bisogno e ha così “disarmato” sia l’intermediazione clientelare del consenso sia la spinta delle culture securitarie e xenofobe.

    La scommessa sulla proposta “americana” di Veltroni, invece, ha spalancato i cancelli al diffondersi di sentimenti impauriti e rancorosi e di identità parziali (locali e corporativi). Il risultato è sotto gli occhi di tutti. In Italia, grazie proprio alla strategia impostata dal Pd, si è inopinatamente cancellato ogni riferimento alla sinistra, al vincolo sociale, ai diritti civili e a quelli del lavoro. Si è cancellata, in un certo senso, l’intera eredità della cultura sociale europea. Vogliamo per favore discuterne? Perché per ricostruire una cultura e un campo democratici in questo paese è di questa discussione che c’è bisogno. Il tentativo del Pd di chiudere la faccenda il prima possibile, senza rimettere nulla in discussione, impedisce di analizzare i motivi della sconfitta, e inibisce ogni possibilità di rivincita democratica.

    Nessun fraintendimento. Noi dobbiamo ricostruire il Prc e avviare un processo costituente a sinistra in un campo distinto e autonomo da quello della sinistra moderata, in un orizzonte chiaramente anticapitalista. Ma per il Pd e per l’intero paese, dopo l’ubriacatura americana, non è forse necessario tornare con i piedi e con la testa, sia nelle radici che nelle prospettive, in Europa? E per noi, per il Prc, pur nella difficoltà estrema di questo momento, non si apre la possibilità di uno spazio politico importante e significativo a sinistra, dopo il fallimento del veltronismo? Primo maggio 2008. Il lavoro umiliato, offeso, non più rappresentato. Il lavoro trasformato, precarizzato, asservito. Riparte da questa dolente ed inedita condizione il nostro cammino. Non rinchiudendoci in logiche di nicchia ma avanzando una proposta all’altezza della sfida e del dramma che stiamo vivendo. Non ci salviamo se non ricostruiamo la nostra utilità sociale in una dimensione di massa. Guai ad assecondare logiche autoconsolatorie o costitutivamente minoritarie. Per superare anche un insuccesso così grande e drammatico, occorre mantenere alte l’ambizione politico-sociale e l’innovazione culturale che rappresentano la storia e l’identità del Prc. E della sinistra in Italia.

    Le lavoratrici e i lavoratori oggi celebrano la loro festa. Senza di loro non andiamo da nessuna parte: scomparirebbe la nostra ragione sociale. Sono la bussola con cui ricominciare.
    Fonte: www.franco-giordano.it | vai alla pagina

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