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Dichiarazione di Franco MIRABELLI

Alla data della dichiarazione: Consigliere Regione Lombardia (Gruppo: PD) 


 

Gli effetti della crisi di Regione Lombardia sui piani edilizi - Intervista

  • (07 dicembre 2012) - fonte: abitare.coop - inserita il 09 dicembre 2012 da 15492
    Gli effetti della crisi di Regione Lombardia sui piani edilizi
    Intervista a Franco Mirabelli – Abitare Nei Quartieri – dicembre 2012
    di Sergio Ghittoni

    Il nostro Paese sta vivendo un momento particolarmente critico. Anni di crisi, che va peggiorando anziché risolversi, sacrifici, declino, insicurezza... La politica che non sembra più in grado di dare risposte, gli scandali, le ruberie, le corruzioni. Un ciclo, quello degli ultimi vent’anni di governo, che sembra essere definitivamente tramontato, sia a Roma che in Lombardia e che nel suo crollo porta con sé anche un modo di fare e pensare la politica che con le sue prepotenze e i suoi sprechi non è mai stato tollerabile, ma che con la crisi economica e la necessità di sacrifici straordinari è diventato ancor più odioso e insopportabile.
    Franco Mirabelli è il consigliere regionale eletto per il Pd nel nostro collegio. Spesso, nella sua attività politica, si è occupato del problema della casa e ci è sembrato quindi opportuno chiedere a lui un commento su quanto sta accadendo in Lombardia con particolare riferimento ai piani edilizi in essere.

    Possiamo fare il punto della situazione? Che succede alla Regione?
    Tenendo conto che la situazione è in movimento e che prima che il vostro giornale venga distribuito può ancora succedere di tutto, vediamo di chiarire ciò che sappiamo al momento. Il primo fatto di grande rilevanza è l’interruzione della legislatura con le dimissioni della maggioranza dei consiglieri regionali. E a questo punto ci si è arrivati per responsabilità politiche del centrodestra, che ha dato in questi due anni e mezzo un’immagine della nostra regione che ha tolto ogni credibilità alle istituzioni. Quindici assessori uscenti inquisiti, scandali su tutte le questioni fondamentali per la Regione: sanità, rifiuti, infrastrutture... La situazione era diventata insostenibile. Da un anno e mezzo chiedevamo le dimissioni della giunta di fronte all’evidente incapacità della coalizione di centrodestra, PdL e Lega, di dare risposte ai cittadini. L’altro dato politico importante è che dopo diciassette anni caratterizzati dalla presidenza Formigoni e dall’alleanza PdL - Lega, si è prodotto il consolidamento di un sistema di potere che si è chiuso in sé stesso, dimostrando scarsa attenzione verso i territori e poca trasparenza nella ripartizione degli appalti. Un sistema che con queste premesse ha finito per essere travolto dagli scandali. Un terzo dato politico sotto gli occhi di tutti è il fallimento della Lega. È evidente che tutto ciò di cui la Lega ha parlato dalla sua fondazione in termini di vantaggi per il Nord e per questa parte del paese si è poi tradotto in un governo che ha condiviso le logiche spartitorie sulla sanità e non solo, ha accettato, al contrario di quanto ha sempre predicato col Federalismo, l’accentramento in Regione di tutte le decisioni, spesso escludendo Comuni e territori in generale. Poi quella stessa Lega che mostrava il cappio in Parlamento ha finito per sostenere per oltre due anni una giunta regionale segnata da un problema morale ormai evidentissimo.

    Come risponde il centro sinistra, adesso che si va alle elezioni?
    Ora si vota, infatti. L’undici e il dodici febbraio. Noi abbiamo messo in campo un proposta importante, candidando Ambrosoli. Un candidato che è il prodotto di un patto civico, di uno schieramento composto dai partiti del centrosinistra ma anche da associazioni, forze, movimenti che vogliono il cambiamento dopo questi diciassette anni di Formigoni. Credo che questo schieramento possa essere in grado di convincere gli elettori che il progetto possa valorizzare le tante cose buone che ci sono nella nostra regione: la società civile, l’economia, le professioni, le università. Tutte cose che sono state invece troppo trascurate negli ultimi anni. Senza dimenticare la necessaria equità sociale. Ad esempio, in qualità di presidente della commissione d’inchiesta per il San Raffaele ho dovuto confrontarmi con una realtà davvero singolare: la Regione stanzia un miliardo di euro, ogni anno, per ripianare i bilanci delle aziende sanitarie. Una cosa che può avere un senso per le aziende pubbliche di proprietà della Regione. Ma invece no, ne beneficiano anche le aziende private. Una decisione che ha scatenato la corsa ad accaparrarsi fette sempre più grosse di questi soldi dei vari Daccò e degli altri protagonisti delle cronache giudiziarie di questi giorni. Basta, questa cosa va interrotta. I privati offrono spesso prestazioni di eccellenza, che naturalmente vanno pagate. Ma i soldi pubblici servono per aumentare e migliorare l’off erta pubblica, non a risanare i bilanci dei privati.

    E sulla casa? Cosa possiamo dire?
    Il quadro è drammatico. La crisi colpisce in modo rilevante tutte le aziende edili, comprese molte cooperative. Poi il mercato è saturo: c’è una quota rilevante di invenduto. L’altra faccia della medaglia è che resta comunque insoddisfatta una grande domanda di casa, malgrado le migliaia di appartamenti vuoti, per via dei costi inaccessibili sia per l’acquisto che per l’affitto a una grande parte della popolazione fatta di lavoratori dipendenti, pensionati, famiglie monoreddito. Quindi è necessario rilanciare l’edilizia a costi accessibili. Tenendo conto che bisogna anche fare i conti con l’eccessivo consumo di suolo di questi ultimi anni del boom edilizio, bisogna rispondere non con il blocco delle costruzioni ma con il recupero delle aree dismesse o con il riuso di una quantità di edifici vuoti, abbandonati, originariamente destinati al terziario. Una metratura che equivale a trenta volte il grattacielo Pirelli. In certi quartieri questi edifici rappresentano anche un problema: edifici sottratti alla socialità, che invece vanno adattati ai nuovi bisogni e messi a disposizione della società. Poi naturalmente servono anche misure d’emergenza, che in parte sono state fatte: mi riferisco per esempio al fondo per garantire la continuazione del pagamento del mutuo ipotecario, attraverso la sottoscrizione di accordi con alcune banche, per coloro che non possono più pagare per la perdita del lavoro o per altri motivi simili. Attraverso la trasformazione della rata del mutuo in una sorta di affitto con diritto di riscatto si fa un’azione utile, senza dubbio, ma questo non risolve il problema di chi la casa non ce l’ha ancora. Poi è quasi stato eliminato il finanziamento del “Fondo Sostegno Affitto” (questo non solo per colpa della Regione, ma anche per una decisione del Governo centrale). Un fondo di cui beneficiano ormai solo pochissime famiglie in condizioni davvero gravissime.

    E in quanto all’edilizia sociale?
    Le nostre proposte non sono state accolte nella maniera che speravamo, ma la legislazione vigente lascia la porta aperta all’edilizia sociale. Con questa definizione non si comprendono più solo le vecchie case popolari, ma si include anche l’edilizia cooperativa in quanto abitazioni a costi contenuti che rispondono ai bisogni dei lavoratori dipendenti. Ma il problema continua ad essere drammatico. Lo sta sperimentando il Comune di Milano, che ha pubblicato cinque bandi per edilizia sociale (due stanno già partendo). Anche mettendo a disposizione a titolo pressoché gratuito le aree, i costi restano sempre altissimi e spesso fuori portata. Quindi ci vogliono più investimenti. Quasi una contraddizione in tempi di ristrettezze come questi. Oppure ci vuole una grande volontà di premiare chi queste operazioni le fa, come le cooperative edificatrici. Il Comune di Milano sta facendo una operazione condivisibile quando impone una quota di edilizia sociale (il 20%) su ogni intervento di trasformazione. Oppure si dovrebbe incentivare (attraverso maggiori volumetrie o facilitazioni nel cambio di destinazione d’uso) chi si impegna a trasformare l’esistente in progetti di edilizia sociale. Una nostra proposta, quest’ultima, che non è passata. Un altro problema che va affrontato con urgenza è quello delle bonifiche del suolo. Tra ostacoli burocratici e costi esorbitanti queste operazioni vanificano ogni tentativo di costruire a costi contenuti.

    In conclusione?
    Bisogna rendersi conto che alla fine di questa crisi le cose non saranno più come prima. Non sarà più possibile ricominciare con la speculazione dell’edilizia residenziale di pregio consumando suolo come se nulla fosse accaduto. È necessario un nuovo governo forte che sappia imporre una politica diversa, con aree, incentivi (soprattutto verso l’affitto), risorse, norme urbanistiche. Per questo progetto le cooperative ci possono dare una mano importante.

    Fonte: abitare.coop | vai alla pagina
    Argomenti: affitti, Edilizia, Regione, alloggi, milano, lombardia, case popolari, immobili, abitare, cooperativa | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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