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«Tutti meglio di Berlusconi» - INTERVISTA
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(04 agosto 2010) - fonte: La Stampa - Bertini Carlo - inserita il 04 agosto 2010 da 31
Da un'ora e passa nel Pd non si parla d'altro, complice una frase un po' sibillina su un eventuale governo di transizione guidato da Tremonti, definito «un'evenienza in ogni caso più sensata di andare a votare con questa legge elettorale».Lui, il segretario del Pd, dopo aver ingoiato i rimbrotti della Bindi sotto gli occhi dei cronisti nel cortile della Camera, si è già premurato di smentire di aver «mai pronunciato nomi, perché non tocca a noi e se si arrivasse fin lì è chiaro che spetta al Capo dello Stato indicare la strada».
Ma alla fine, dopo aver diramato urbi et orbi di esser stato «male interpretato», Bersani si concede una pausa alla buvette dove ammette, sfoderando un sorriso eloquente, che se un governo tecnico facesse saltare Berlusconi, «la nostra gente sarebbe felice chiunque fosse a guidarlo. E comunque sia, fate attenzione: l'ipotesi di un esecutivo Tremonti di sicuro creerebbe molti pi problemi di là che di qua».
E se la Bindi scalpita, dicendo che «Tremonti è quello dei condoni e dello scudo» e che «questa è un'ipotesi che semplicemente non esiste perché non lo voterebbe nessuno a destra e il Pd non reggerebbe», Bersani fa capire che il problema maggiore non sarebbe quello: «Certo se venissimo interpellati faremmo le nostre valutazioni ed esprimeremmo le nostre preferenze. Non poniamo pregiudiziali e io dico solo che il Pd è disponibile ad aprire una nuova fase, qui mi fermo. Perché quello che è evidente ora è la crisi di questa maggioranza».
Una crisi che si materializzerà forse oggi con un voto su Caliendo da cui il governo potrebbe uscire senza poter contare sulla maggioranza di 316 voti necessari a governare.
Ma il leader del Pd non crede che Berlusconi si caricherà il peso di salire al Quirinale per comunicare a Napolitano questa debolezza,anzi è convinto che «glisserà, dicendo di aver incassato la fiducia su Caliendo e rinviando il problema a settembre».
E' vero, il premier potrebbe pure usare questo passaggio per farsi rimandare in Parlamento a chiedere la fiducia ai finiani su un programma impegnativo, «ma quelli gli risponderebbero "sì però" e con i però non si va lontano..».
Insomma, in una giornata scossa da mille fibrillazioni nel campo avverso, i Democratici fino alle cinque della sera marciano come un sol uomo sulla linea del governo tecnico, ma sul nome di Tremonti la ditta rischia di spaccarsi.
La Bindi si spinge a dire che se il segretario non è stato sufficientemente chiaro è perché non vuole deludere chi, come Enrico Letta, un governo Tremonti lo vedrebbe bene, eccome.
Altri sottobanco ammettono che il Pd è disposto a tutto pur di evitare le urne. Ma Bersani scuote la testa: «Macchè, tutte storie, non abbiamo paura, vogliamo solo uscire da una fase durata sedici armi. Immaginate cosa succederebbe se tornassimo a votare con lo stesso film di Berlusconi che fa la sua solita campagna e noi lì a dire che è il peggio del peggio? Andrebbe a votare un terzo degli italiani e ll giorno dopo, sia che vinciamo, sia che perdiamo, saremo tutti sulla stessa barca, tutti vecchi».
Anche perché, questa minaccia del voto anticipato per il segretario del Pd è un'arma spuntata, perché «se vuole andare a votare il Cavaliere dovrà spiegare il suo fallimento.
Se il predellino gli è crollato sotto i piedi non può dare le colpe ad altri. Fini non può essere la scusa».Piuttosto, «qui è in gioco l'assetto della democrazia» e proprio per questo «un grande partito come il Pd non può chiudersi nella boria ma deve pensare all'Italia con disponibilità e generosità».
E se quando gli si chiede di Tremonti, Bersani mette in guardia dal seguire «le piste sbagliate», forse pensando ad altri nomi di alto profilo fuori dai Palazzi della politica, quando gli si fa notare che un terzo polo scardinerebbe il bipolarismo, fissa i suoi paletti per non agitare i veltroniani: «Ormai è intimamente radicato nel paese, certo può essere migliorato, ma comunque prima del voto uno deve dire da che parte sta. E poi certo non mi metto a piangere se vedo Fini e Casini, che in questi anni sono stati più di là che di qua, mettersi in una direzione diversa».
Fonte: La Stampa - Bertini Carlo | vai alla pagina » Segnala errori / abusi