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Dichiarazione di Luciano VIOLANTE


 

«Il nuovismo del leader è un errore» - INTERVISTA

  • (27 giugno 2009) - fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli - inserita il 27 giugno 2009 da 31

    «Sono amico di entrambi, aspetto i loro progetti per scegliere chi sostenere»: Luciano Violante chiede a Franceschini e Bersani di scoprire le carte. Ma difende Bersani dall’accusa di rappresentare il «vecchio».

    Un avvio di congresso duro. Cosa ne pensa?

    «Franceschini ha fatto bene in questi mesi. Ora mi è sembrata contraddittoria, per come ha gestito il partito e con la sua stessa elezione alla quale tutti abbiamo contribuito, la presa di distanza da ”quelli che c’erano prima”. A chi si riferiva? A Veltroni, Marini, D’Alema?
    Comunque, non ci si presenta mai contro qualcuno ma per un progetto».

    È venuto meno al ruolo di segretario di tutti?

    «Non esageriamo. È stato un errore, peraltro rilevato da molti: siamo in una situazione certamente delicata e non godiamo di buona salute, sarebbe giusto confrontarci sul futuro del partito, sulla lettura della società italiana, su come superare i nostri handicap. Ma sono convinto che se ne sia reso conto anche Franceschini che in Direzione non ha usato più quei toni».

    Di fatto si discute di due nomi...

    «Diamogli tempo per mettere i loro progetti. Certamente entrambi dovranno dirci che idea di partito e società hanno.
    Io spero che entrambi coltivino il senso di appartenenza: una organizzazione politica non è una bocciofila ma un luogo dove si vivono sentimenti, appartenenze ideali, voglia di impegno».

    Veltroni, a sostegno di Franceschini, vuol tornare allo spirito del Lingotto. È la strada giusta? O fu, come ritiene qualche sostenitore di Bersani, l’inizio della fine del governo Prodi e dell’Ulivo.

    «È ingeneroso addebitare al Lingotto la fine di un governo che cadde perché un pezzo di maggioranza fece l’accordo con l’avversario. Penso però che la resurrezione delle idee, in genere, non ha campo in politica. Piuttosto che riesumare cose del passato, è meglio dire cosa si vuol fare per il futuro, guardando sempre avanti».

    Bersani è dipinto come l’interprete di un Pd che dovrebbe somigliare di più alle socialdemocrazie, in crisi in tutta Europa.

    «Intanto, la tradizione socialdemocratica ha dato il welfare a tutta Europa. Può darsi che si sia consumata e che si debba pensare ad un altro modello di partito. Ma non mi pare che Bersani sia propugnatore del passato. Ha fatto il ministro guardando positivamente al futuro. Come quando ha amministrato la regione Emilia Romagna. È una persona pragmatica, non un romantico nostalgico. E anche Franceschini non è legato al passato. Mettiamoli alla prova, poi decideremo».

    Anche lei critica lo Statuto che affida alla primarie la scelta del segretario?

    «Le primarie, per definizione, sono un momento di selezione di candidature. Vanno benissimo per individuare candidati sindaci o presidenti di provincia e regione. Per il Pd, invece, sono decisive per la elezione del segretario: si consegna il diritto di scegliere la guida del partito a chi non ne fa parte. A me sembra un errore».

    Ma quelle regole le avete votate tutti assieme.

    «Se abbiamo commesso tutti assieme una sciocchezza non è il caso di confermarla. Se si smarrisce il confine tra iscritti ed elettori, si perde anche il senso di appartenenza: gli iscritti montano i gazebo e gli elettori scelgono il segretario. Qualcuno potrebbe anche seccarsi».

    È stato un errore non rinviare il congresso?

    «È stato giustissimo. Lo avremmo fatto lo stesso ma sott’acqua. E sarebbe stato peggio».

    Fonte: Il Mattino - Teresa Bartoli | vai alla pagina

    Argomenti: partito democratico, Candidature, dirigenza, congresso pd, dirigenti, socialdemocratici, classe politica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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