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Dichiarazione di Ciriaco DE MITA
"Il bipartitismo? Una invenzione già fallita. - Intervista
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(27 giugno 2008) - fonte: Il Mattino - Aldo Balestra - inserita il 27 giugno 2008 da 31
«I tram del bipartitismo italiano sono scassati. Non chiedeteci se saliremo su uno di quei tram. Non lo faremo. Siamo ambiziosi, vogliamo suscitare la riscoperta di una politica vera, senza suggestioni e furberie». Ciriaco De Mita, ad ottanta anni, è il decano del gruppo che lavora per l’assemblea autunnale della Costituente di centro.
Ma, seppur fuori dal Parlamento (dopo la rottura con il Pd, alle ultime elezioni non è stato rieletto nell’Udc), si muove con agilità tra Casini e Pezzotta, Cesa e Buttiglione, D’Onofrio e Tabacci, fino ad Adornato.
Onorevole De Mita, ricomincia dalla Costituente di Centro.
«Fino a qualche settimana potevo avere anche il dubbio che il bipartitismo italiano fosse un’invenzione reale.
Ragionavo così, non pensavo così. Ma non potevo immaginare che, a distanza di appena qualche settimana, la precarietà del sistema inventato già apparisse in tutta la sua drammatica evidenza». Ha definito «giganti d’argilla» Pdl e Pd.
«Non vede che sono due partiti personali? Uno più identificato, che secondo l’espressione di un analista serio, che conosce la storia dei Ds, vive nella «vacuità immaginifica dell’onorevole Veltroni». L’altro è dentro la personalità accentrante dell’onorevole Berlusconi. Sono passati due mesi e la crisi è già evidente».
Ma il Pdl ha la forza dei numeri.
«Il Pdl è in difficoltà al proprio interno nell’alleanza con la Lega, difficoltà non mediabili perchè ci sono problemi sulla politica generale del Governo, dall’Europa alla giustizia».
E nel Partito Democratico?
«Qui c’è solo la velleitaria iniziativa di Veltroni che «scassa» la coalizione di centrosinistra, e questo poteva avere un significato se la rottura fosse passata attraverso un processo alto di costruzione della politica. Lui no, scassa e mette insieme un’ammucchiata indistinta, con dipietristi e radicali, e raccoglie il massimo del voto possibile sul disastro dei partiti. Ma lo vede ora? É come quelli che fanno lo sforzo massimo e poi non sono più nemmeno in condizioni di camminare lentamente».
Impietoso.
«Nel Pd si parla di unità, ma non si organizza neppure in correnti, piuttosto in gruppi personali, e questo non accade solo a Napoli. L’invito all’unità non è durato un minuto che già si passa dall’accordo sottobanco alla protesta in piazza. É questo quadro che conferma la necessità di recuperare il pluralismo politico come il presupposto di coalizioni competitive».
Quale sarà il vostro sbocco?
«Quello della risposta alla crisi della politica, senza diventare stampelle di nessuno dei due partiti in campo. Noi non siamo in una posizione che si scontra, ma dialettica, siamo per «la suggestione salvifica della democrazia».
Come sta andando?
«Cominciamo con grande modestia e suggestione. Se posso usare un’immagine, senza il rischio della distorsione, dico che non mi interessa ora la quantità del consenso, ma la qualità. É come dire «no» a chi ti prospetta le luminarie. Dico che è meglio la luce piccola in grado di attirare l’attenzione. Siamo in presenza di un progetto che ha grande validità, pur consapevoli che la difficoltà sta nel realizzarlo. Certo, è un paradosso: non abbiamo potere ma siamo convinti. Ma è pur vero che chi ha oggi rappresentanza, e potere, non è in condizioni di usare la forza del consenso. Potremmo stavolta dire che «il potere logora chi ce l’ha». D’altro canto perchè il centrosinistra ha perso anche in Campania governando, senza che dall’altra parte nemmeno ci fosse classe dirigente»?
Contatti?
«Non sembri strano che, dopo una posizione di alterigia di chi è fuori dalla legge ferrea dei bisonti - ignorati o schiacciati - ci sia una corte serrata, da parte di tutti. Certo, c’è chi ha intelligenza politica e chi pensa di far manovre, ma la circostanza che l’attenzione è generale un valore intrinseco ce l’ha».
Ritorniamo alle alleanze. Come farete a resistere alla tentazione?
«Alle prossime amministrative, come orientamento generale, c’è quello di demandare alle rappresentanze locali di ricercare accordi sui programmi da gestire e meno intese su schieramenti prefigurati. Chiedere di schierarsi su una scena da distruggere perchè non rappresentabile, quella sì sarebbe cosa vecchia. Si sceglierebbe il vassallaggio nell’uno o nell’altro partito, nella pretesa, vana, di essere protagonisti».
Fonte: Il Mattino - Aldo Balestra | vai alla pagina » Segnala errori / abusi