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Dichiarazione di Giorgio NAPOLITANO

Alla data della dichiarazione: Pres. della Repubblica


 

"Basta scontro politica - giustizia"

  • (14 febbraio 2008) - fonte: ANSA - Alberto Spampinato - - inserita il 14 febbraio 2008 da 31
    ROMA - Nella nostra Repubblica non ci sono argomenti tabù. Se c'é uno scontro fra politica e giustizia, se c'é il rischio che possa infiammarsi come in passato, tanto vale parlarne nelle sedi giuste, con i toni giusti, per ritrovare la via dell'equilibrio. Con questa convinzione Giorgio Napolitano ha messo il tema all'ordine del giorno del Csm, oggi ha presieduto il plenum, ha detto la sua, ha ascoltato gli interventi. Poi ha concluso: "S'é visto che questa discussione era necessaria e utile". Evidente la soddisfazione per il tono civile e di reciproco rispetto che si è respirato a Palazzo dei Marescialli in questo momento di "acuta tensione", riaccesa dai processi di Catanzaro e dall'infuocato intervento di Clemente Mastella, un mese fa alla Camera, quando annunciò le dimissioni mentre sua moglie finiva agli arresti domiciliari. Napolitano innanzitutto ha voluto precisare che la discussione di oggi non nasceva da quell'episodio, ma "dall'accumularsi nel tempo di tensioni" che recentemente si sono solo "acuite". Ha ricordato i termini generali della questione che purtroppo talvolta sembra "smarrito": politica e giustizia hanno "una comune responsabilità istituzionale" e perciò non possono guardarsi 'come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco''. Purtroppo é quel che avviene. Ma possibile che non ci si possa confrontare liberi da "complessi difensivi e da impulsi di ritorsione polemica? Mi auguro che sia possibile qui", ha detto impegnandosi, nella sua funzione di supremo garante, a "dare il contribuito più obbiettivo possibile", ma senza "salomonica equidistanza". Semmai, ha aggiunto, mi tocca di "richiamare tutti al rispetto di regole esigenze, equilibri resi vincolanti dal nostro ordinamento". Lo ha fatto ricordando precedenti richiami:"Troppi casi di non osservanza delle leggi e delle regole, di scarso rispetto delle istituzioni e del senso del limite nei rapporti fra le istituzioni". Quando la magistratura si impegna a far rispettare le leggi, ad assicurare un severo controllo di legalità "dobbiamo avere il massimo rispetto". Le forze politiche "debbono avere consapevolezza" ed arginare il diffondersi della corruzione e di altri reati. Quando di questi "fenomeni devianti" siano accusati personaggi politici o pubblici, "deve esser chiaro che l'investitura popolare, diretta o indiretta, non può diventare privilegio esonerando chicchessia dal confrontarsi correttamente col magistrato chiamato al controllo di legalità". Il politico, dice Napolitano, "ha il dovere di non abbandonarsi a forme di contestazione sommaria e generalizzata dell'operato della magistratura, e deve liberarsi dalla tendenza a considerare la politica in quanto tale, o la politica di una parte, bersaglio di un complotto da parte della magistratura". Napolitano detta il galateo alla politica ma anche alla magistratura che mostra "talvolta un analogo complesso di diffidenza e di reattività difensiva. Bisogna dissipare questa duplice cortina di pregiudizio e di sospetto. E ai magistrati spetta in questo senso fare la loro parte". Questo è il punto centrale, che Napolitano ha declinato in tutte le forme e che il vice-presidente del Csm, Nicola Mancino, ha sviluppato in assoluta consonanza. Napolitano ha concluso chiedendo al Csm di esercitare pienamente il ruolo previsto dalla Costituzione, senza chiusure auto-referenziali, senza "compiacenza corporativa" verso i giudici, esercitando senza ritardo l'azione disciplinare, facendosi carico tempestivamente dei contrasti all'interno degli uffici giudiziari, senza far pesare al proprio interno divisioni politiche o di corrente o fra togati e non-togati. Il capo dello Stato riconosce al Csm anche il compito di "concorrere a un dibattito elevato sui problemi della giustizia" e la competenza di "chiedere quel che è giusto chiedere, a chi sarà chiamato a operare in Parlamento e a governare il Paese, a cominciare da una svolta nella qualità della produzione legislativa". Mancino non si è limitato a invocare la "leale collaborazione" e il rispetto delle competenze fra politica e magistratura. Ha messo sotto accusa il "sensazionalismo" e i "processi mediatici, ma anche i giudici che cercano la luce dei riflettori e quelli che travalicano il limite invalicabile "del buon senso. E non è stato tenero con il mondo politico, in particolare con chi pensa che "le maggioranze politiche e ancor più quelle amministrative abbiano poteri pressappoco insindacabili" Così, ha concluso Mancino, si cancella il confine fra ciò che è legittimo e illegittimo. A forza di non regolamentaré si fanno strada ipotesi di limitare l'indipendenza dei giudici.
    Fonte: ANSA - Alberto Spampinato - | vai alla pagina
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