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Ma quanto vale una persona?
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(11 maggio 2012) - fonte: Gli altri - inserita il 12 maggio 2012 da 31
Il caso del cadavere gettato in un torrente, probabilmente per occultare una morte sul lavoro: rigorosamente nero, precario, malpagato.Imperia, muore in un cantiere, trovato il corpo in un torrente. Cadavere occultato per coprire un lavoro nero? Questa notizia era sulla prima pagina de L`Unità di sabato 5 maggio. La notizia non ha ancora trovato conferma, ma dalle lesioni riscontrate sul corpo irriconoscibile si tratta sicuramente di una morte avvenuta per una caduta dall`alto, forse una impalcatura.
L`età apparente della vittima è compresa tra i 25 ed i 35 anni. Questa notizia, nascosta tra le migliaia di informazioni che ci colpiscono quotidianamente, mi ha fatto riflettere in modo particolare perché é la dimostrazione di quanto sia urgente un cambio di mentalità sul tema del valore della persona umana. La domanda dalla quale partire è se tutto quello che è accaduto in questi anni, a proposito di lavoro, fosse inevitabile. Cominciamo finalmente a renderci conto che, in nome del "dio mercato", si sono prodotte lacerazioni irreversibili nel tessuto sociale, nella coesione, nel rispetto più elementare delle regole e dei diritti.
Ad esempio, il dibattito che si è prodotto recentemente sul tema dell`articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ha visto l`utilizzo di argomenti, soprattutto da parte del centrodestra, che non avevano niente a che fare con il diritto del lavoro e con la realtà delle aziende. Si dimentica troppo facilmente la disparità di forza esistente tra imprenditore e dipendente (non a caso ho scelto questa parola), che il diritto del lavoro ha il dovere di compensare a vantaggio del più debole, essendo stato definito giustamente diritto "diseguale". Si è parlato di licenziamenti, come se qualcuno avesse la pretesa di reintegrare in azienda un lavoratore giustamente allontanato dall`azienda. Si fa riferimento ad un mercato del lavoro eccessivamente rigido, quando in realtà il fenomeno che si è verificato è quello di un surplus di precarietà che sta condannando le giovani generazioni ad una vita senza futuro.
Occorre anche ricordare che le nuove assunzioni sono caratterizzate all`80% da lavoro a termine e non solo per effetto della crisi, ma a causa di una visione distorta del modello di competitività dell`impresa. In sostanza, è come se si fossero smarriti i "fondamentali" e vivessimo in un mondo capovolto. Dovremmo dunque ricominciare ad analizzare l`evoluzione del mercato del lavoro alla luce delle trasformazioni del modello produttivo. Nessuno mi toglie dalla testa che la svalorizzazione del lavoro sia da collegarsi alla vittoria dei "Chicago boys" ed al conseguente rovesciamento dei rapporti di forza tra lavoro ed impresa che si è manifestato all`inizio degli anni '80, a favore di quest`ultima.
La riduzione della dimensione occupazionale delle fabbriche si è accompagnata alla delocalizzazione ed alla esternalizzazione dei cicli produttivi (altra cosa è l`internazionalizzazione dell`impresa); la lean production ed il just in time degli anni '90, quando era di moda discutere del modello giapponese, hanno imposto linee gerarchiche corte e la logica del "produrre ciò che si è già venduto", eliminando costosi ed ingombranti magazzini.
In Italia si era soliti dire che le merci erano stoccate sui tir che partivano dalle autostrade del nord est: era anche il tempo del "piccolo. è bello". Da questo nuovo modo di intendere la produzione si è sprigionata la spinta alla flessibilità che è diventata, con il tempo, precarizzazione del lavoro.
Le prime avvisaglie di un cambiamento di rotta ci sono state nel 1984, con l`introduzione dei contratti di formazione lavoro e, successivamente, con il riconoscimento dei contributi previdenziali al lavoro coordinato e continuativo nel '96, con il governo Dini. Da quel momento esplode l`utilizzo del lavoro parasubordinato. Il pacchetto Treu, contrariamente a quanto si pensa, produce una sola novità, richiesta a gran voce dall`Europa: il lavoro interinale. È la successiva legge 30 ad introdurre una estensione significativa di nuove forme di lavoro flessibile, quelle che caratterizzano ancora oggi il mercato del lavoro giovanile.
L`ispirazione di Marco Biagi, a mio avviso, pur animata da buone intenzioni, si é erroneamente basata sull`assunto secondo il quale la moltiplicazione delle forme di lavoro flessibile, occasionale ed intermittente, avrebbe automaticamente aumentato l`occupazione, in special modo quella dei giovani. E invece avvenuto esattamente il contrario: non solo la disoccupazione giovanile è a livelli record, anche a causa della crisi, ma il lavoro è diventato meno attento alle esigenze di formazione e di tutoraggio e sono aumentate le spinte all`uso opportunistico delle forme di lavoro fintamente autonome al solo scopo di avere manodopera sottopagata da espellere al momento opportuno.
Le buone intenzioni di Biagi, del quale da ministro ho applicato una efficace direttiva sul lavoro a progetto che mi ha consentito di stabilizzare i lavoratori dei cali center, sono anche state tradite dalle cattive interpretazioni dei ministri del lavoro del governo Berlusconi, Sacconi in particolare, che hanno finito con l`esasperare gli aspetti della precarietà senza, contemporaneamente, progettare adeguati ammortizzatori sociali a tutela del periodo di disoccupazione tra un lavoro ed un altro. La riforma del mercato del lavoro in discussione in questi giorni al Senato deve proporsi di correggere il tiro per creare un mercato del lavoro amico dei giovani e delle loro esigenze di stabilità e di futuro.
Intanto due buone notizie che ci avvicinano all`obiettivo: la vittoria dei laburisti alle elezioni amministrative in Inghilterra e dei socialisti in Francia che preparano il terreno per una inversione di rotta delle politiche economiche e sociali in Europa. Forse il vento sta davvero cambiando.
Fonte: Gli altri | vai alla pagina » Segnala errori / abusi