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Dichiarazione di Matteo RENZI
Il Primo Maggio, la CGIL e una città che si chiama Firenze
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(07 maggio 2011) - fonte: www.avisoaperto.it - inserita il 08 maggio 2011 da 18670
Prendo atto, onoratissimo, che per la seconda volta nel giro di qualche settimana la segretaria generale della CGIL Camusso interviene attaccando la mia amministrazione. Stupisce che in questo momento della vita del Paese il problema principale della CGIL possa essere il Comune di Firenze, ma il mondo è bello perché vario. Del resto, era già accaduto per il Maggio Fiorentino e la tournèe in Giappone; oggi invece siamo nel mirino delle esternazioni della dottoressa Camusso per le festività del primo maggio. Nel primo caso la strada che la CGIL ha scelto è quella della Procura della Repubblica e noi attendiamo con pazienza il lavoro dei magistrati. Nel secondo caso la polemica è tutta politica e si contestano quei sindaci delle città turistiche che decidono di lasciare la facoltà ai commercianti di aprire i negozi in determinate date. Molto sinteticamente:- esiste una legge nazionale, Legge Bersani, che lascia ai comuni turistici la facoltà di decidere l’apertura o meno dei negozi. Se la Regione vorrà cambiare la Legge Bersani noi prenderemo atto. Per il momento ci atteniamo alla normativa in vigore.
- Firenze è da qualche secolo una città turistica che ha nel periodo tra aprile e maggio il boom di presenze. Non è un caso se per il weekend del primo maggio registriamo il tutto esaurito negli alberghi.
- Per questi motivi l’Amministrazione lascia la libertà di aprire a quei commercianti che lo desiderano, convinta di offrire un servizio ai turisti che vengono da tutto il mondo per ammirare la città del Fiore. La facoltà vale solo per il centro storico e non riguarda i supermercati (per intenderci COOP o ESSELUNGA non possono aprire neanche se lo vogliono) o i centri commerciali. Il museo di Palazzo Vecchio, comunale, sarà aperto. Quelli statali non dipendono da noi. Apertura facoltativa e solo nel centro storico
Fatico a trovare lo scandalo in queste posizioni, che mi sembrano dettate dal buon senso.
La dottoressa Camusso si avventura poi in una lettura delle nostre scelte che suona semplicistica e banale. Nessuno di noi ha mai pensato di mettere in relazione la crisi dei consumi con le aperture dei festivi. La crisi non c’entra nulla. La qualità dell’accoglienza di una destinazione turistica invece sì. Una città che accoglie migliaia di turisti non può permettersi di chiudere il bandone all’improvviso. Ne va della credibilità dell’offerta di Firenze che oggi vive la competizione turistica mondiale con le città di tutto il mondo. Firenze si confronta con le grandi destinazioni di tutto il mondo e sinceramente dispiace che si continui a non capire come l’industria culturale e turistica costituisca una grande opportunità per il nostro Paese. A condizione, ovvio, di migliorare la qualità dell’offerta.
Infine, la questione del rispetto della dignità dei tempi dei lavoratori. Mi spiace molto per le commesse del centro che spesso sono costrette a turnazioni eccessive. Per questo – lo scorso primo maggio – ho proposto ai sindacati di occuparsi di questo tema non solo per la festa del Lavoro. Mi ha risposto un silenzio assordante per dodici mesi. Cercando di trovare una soluzione abbiamo allora incontrato CGIL, CISL, UIL proponendo un accordo: far riposare le commesse il primo maggio, in cambio della disponibilità per le aziende di chiamare i lavoratori interinali. Saremmo stati tutti felici e contenti: i turisti avrebbero avuto i negozi aperti, le commesse avrebbero riposato, gli interinali avrebbero avuto un’occasione in più. La risposta di CGIL, CISL e UIL è stata lo sciopero e la rottura della trattativa. I cittadini giudicheranno sul perché la soluzione più saggia sia stata scartata per motivi squisitamente ideologici.
Ho per la dottoressa Camusso e per la sua organizzazione un rispetto profondo, quel rispetto che lei mostra di non avere per Firenze e per la sua amministrazione. Pertanto evito di rispondere sulla polemica personale. Quanto alle mie opinioni sui sindacati, sui loro bilanci e sull’eccessivo numero di permessi sindacali rimando a ciò che ho scritto nel libro FUORI!: se vogliamo cambiare il Paese, non basta ridurre i costi della politica, ma bisogna dimezzare i costi e i posti di chi vive di politica, ma anche di chi si occupa di sindacato.
Fonte: www.avisoaperto.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi