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Dichiarazione di Emma BONINO

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD)  - Vicepres. Senato  


 

Sakineh. «La sua vita resta in pericolo Non fermiamo la protesta» - INTERVISTA

  • (04 novembre 2010) - fonte: L’Unità - Umberto De Giovannangeli - inserita il 04 novembre 2010 da 31

    In un mondo globale non c’è nessuno che possa chiudere i "confini": anche regimi autoritari, come quello iraniano, devono tener conto della pressione e delle proteste internazionali. Occorre non mollare la presa. Non solo perché la vita di Sakineh è ancora in pericolo, ma anche perché non bisogna dimenticare le migliaia di "Sakineh" che rischiano la pena capitale nel mondo. Per loro, per Sakinek come per Tareq Aziz, la via da battere, la battaglia da portare avanti con la massima determinazione è quella dell’estensione della moratoria sulla pena di morte».
    A sostenerlo è Emma Bonino, vice presidente del Senato e leader radicale.

    La condanna a morte di Sakineh Mohammadi Ashtiani non è stata eseguita. Le pressioni internazionali hanno dunque sortito effetto?

    «Direi di sì. E questo è una indicazione importante che va oltre il caso specifico: significa che in un mondo globale è possibile influenzare anche i regimi più chiusi, autoritari. Le nostre azioni possono incidere. La mobilitazione deve proseguire perché la vita di Sakineh è ancora in pericolo...».

    Cosa dovrebbero fare le grandi democrazie per supportare questa pressione?

    «Partiamo da ciò che non dovrebbero fare. Non dovrebbero offrire pretesti alle dittature...».

    A cosa si riferisce in particolare?

    «Penso al discorso di Ahmadinejad all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quando, rivolto agli Stati Uniti, ha affermato che non poteva dare lezioni chi aveva condannato a morte ed eseguito la pena una minorata mentale, Teresa Lewis. Certo, Ahmadinejad ha usato strumentalmente questa tragica vicenda, ma è indubbio che questo vulnus esiste e riconoscerlo ci porta ad una considerazione generale...».

    Quale?

    «Rilanciare con forza la battaglia di civiltà per la moratoria totale della pena di morte. Ogni caso ha una sua storia, ciò vale per Sakineh come per Tareq Aziz, ma è altrettanto vero che essi ci rimandano ad una questione più generale che come tale va affrontata, anche in nome e per conto delle migliaia di "Sakineh" o di "Aziz" condannati nel mondo alla pena capitale. Sappiamo bene che la strada della moratoria è difficile, piena di ostacoli, ma è quella giusta. C’è da lavorare e tanto perché siano sempre di più i Paesi che dichiarino la moratoria, perché la loro adesione alla moratoria può condizionarne altri. Infine, penso che per questa battaglia di civiltà potrebbe dare un grande contributo il Segretario generale delle Nazioni Unite...».

    Quale sarebbe questo contributo?

    «la nomina di un inviato speciale, di alto rango, per la promozione della moratoria sulla pena di morte».

    Vorrei tornare sull’Iran. Il modo per contrastare il regime di Teheran - afferma la scrittrice iraniana Azar Natisi - sarebbe quello di impedire ad Ahmadinejad di parlare nei consessi internazionali, legare le sanzioni ai diritti umani più che al nucleare e continuare ad essere vicini agli iraniani…

    «Sono assolutamente d’accordo a focalizzare l’attenzione della comunità internazionale sui diritti umani e civili più ancora che sul nucleare, come peraltro ci chiede da tempo, inascoltata, Shirin Ebadi. Non credo invece che sia praticabile la strada dell’impedire ad Ahmadinejad di parlare in consessi internazionali. Non credo che sia possibile al capo di uno Stato di parlare, a meno che non si decida di espellere quello Stato dalle Nazioni Unite.
    Quanti Stati dovrebbero essere espulsi? Fonderemo allora la "Comunità delle democrazie", cosa alquanto affascinante ma di scarsa praticabilità...».

    Continuare ad essere vicini agli iraniani, chiede Azar Nafisi...

    «È una richiesta che va accolta e praticata con continuità e determinazione. Come sta cercando di fare "Non c’è pace senza giustizia". È importante rafforzare gli scambi culturali, tra Università, anche su temi che non superino la "linea rossa", non lasciando le relazioni solo fra Stati o potentati economici, allargandole invece alla società civile. Un dialogo dal basso che può portare a concrete aperture».

    Fonte: L’Unità - Umberto De Giovannangeli | vai alla pagina

    Argomenti: giustizia, pace, diritti civili, onu, pena di morte, università, diritti umani, Tareq Aziz, iran, sakineh | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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