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Dichiarazione di Romano PRODI


 

«In Afghanistan necessario parlare con tutti, la via è il dialogo»

  • (19 settembre 2009) - fonte: La Stampa - Fabio Martini - inserita il 20 settembre 2009 da 31

    «Siamo là per aiutare a ricostruire, sarebbe sbagliato andarsene in questo momento»
    «E' evidente che gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno intenzione di colonizzare Kabul».

    Non c’è verso, la politica italiana gli dà l’orticaria. Le ultime di Bossi? Berlusconi? Romano Prodi non ne vuol proprio parlare, ma invece la politica estera continua ad appassionarlo: si tiene aggiornato (tre giorni fa Vladimir Putin lo ha ricevuto per un’ora al Cremlino, quasi fosse un premier in carica) e dunque sulla questione afghana il Professore ha le idee chiare.

    Dice Prodi: «L’obiettivo della missione Isaf è quello di aiutare il nuovo Stato a stabilizzare le sue strutture, dando un futuro a quel popolo. E dunque all’indomani di un attentato ritirarsi - o dare anche soltanto l’impressione di allontanarsi - sarebbe un errore, oltretutto tatticamente anche pericoloso».

    Ma Prodi dice qualcosa in più: «Ho sempre pensato e continuo a pensare che, accanto alla presenza militare, la strada maestra sia quella della politica. Avendo la capacità di avviare contatti con tutti, anche là dove disperi di trovare ascolto. Bisogna parlare con tutte le forze in campo. Sapendo distinguere e isolare chi non è disposto a dialogare».

    Romano Prodi vuol dire che a questo punto non bisogna farsi scrupoli nel dialogare con l’ala meno oltranzista dei Taleban. In Italia posizioni di questo tipo, nel passato, sono state sommerse da un diluvio di anatemi e ne sa qualcosa l’ex leader dei Ds Piero Fassino, che osò dirlo due anni fa. Ma Prodi sa bene che questo è lo schema utilizzato con successo in Iraq dal generale Petraeus e sa bene che esattamente questa è la posizione del Presidente degli Stati Uniti. E tra l’altro, i vertici militari statunitensi e inglesi, in un incontro riservato svolto due giorni fa a Londra, avrebbero valutato che proprio questo è l’approccio da perseguire. Seppur consapevoli delle difficoltà derivanti dalla differenza tra la struttura più compatta dei clan iracheni e quella più parcellizzata, per villaggi, dell’Afghanistan.

    Sostiene Prodi: «L’Afghanistan è stato a lungo usato come territorio di guerra dai Paesi circostanti, è stato luogo di commercio di droga, ma ora né gli Stati Uniti né i Paesi che partecipano alla missione, intendono colonizzare l’Afghanistan».

    Sulla politica estera Romano Prodi si tiene in palla. A 70 anni ha ripreso a girare il mondo. Qualche mese fa, a Pechino, il primo ministro cinese Wen Jabao lo ha voluto a cena, tre ore di colloquio così informale che l’incontro si è svolto senza la presenza degli ambasciatori. Un anno fa, a Teheran, il Professore ha incontrato Ahmadinejad, tre giorni fa Prodi era al Cremlino con Putin, presto riprenderà le lezioni alla Brown University, una delle più prestigiose e selettive università americane. E fra qualche giorno il Professore inizierà una nuova, sorprendente attività: quella di commentatore alla televisione cinese.

    Eppure, anche in Italia fioccano gli inviti. La scorsa settimana l’Ufficio Studi di Confindustria lo ha invitato ad un convegno sulle prospettive dell’economia. E in quella circostanza, alla presenza della presidente Emma Marcegaglia, parlando della sua passione da economista per le imprese, Prodi ha raccontato un aneddoto davvero gustoso: «Si è sempre detto di un mio rapporto difficile con Enrico Cuccia. In realtà ebbi un unico contrasto con lui. Una volta l’incontrai e mi disse: “Professore, ho sentito che lei va a visitare le imprese: non lo faccia perché ci si affeziona...”». Lì parlava il pragmatismo del banchiere, ma Prodi tiene il punto: «E invece io mi appassiono!».

    Fonte: La Stampa - Fabio Martini | vai alla pagina

    Argomenti: Afghanistan, usa, missioni internazionali, politica estera, dialogo | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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