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Dichiarazione di Giuliano AMATO
E' allarme razzismo in Italia. - INTERVISTA
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(02 ottobre 2008) - fonte: Giorno/Resto/Nazione - Stefano Cecchi - inserita il 02 ottobre 2008 da 31
"Le ragioni della sicurezza inducono a credere che è giusto essere contro i diversi"
Forse la pagina più buia del '900. Esattamente settanta anni fa, nel settembre e poi nel novembre del 1938, il governo fascista varò le cosiddette leggi razziali. Un vero e proprio manifesto della discriminazione.
Professor Giuliano Amato, cosa furono quelle leggi?
"A loro modo una sorpresa".
Una sorpresa?
"Sì. L'ingresso del razzismo antiebraico come politica del regime stupì gli italiani tutti. Gli ebrei erano integrati nella nostra comunità e lo stesso fascismo li aveva trattati sempre paritariamente. C'erano stati ministri ebrei, Mussolini aveva avuto consiglieri ebrei..."
Quelle leggi parvero insomma un cedimento all'alleato nazista...
"Sostanzialmente sì. Non a caso ci furono grosse resistenze nel Paese".
Vuol dire che sostanzialmente gli italiani non le fecero proprie?
"Voglio dire che davanti alle leggi razziali gli italiani si divisero in due: chi le applicò con zelo e chi, invece, cercò di darne interpretazioni più flessibili".
Adriano Prosperi, sostiene che nel cacciare gli ebrei dal mondo della scuola, gli italiani furono più intransigenti dei nazisti...
"Gliel'ho detto: in taluni casi ci fu zelo dettato anche da motivazioni corporative. Negli ordini professionali, ad esempio, l'espulsione degli ebrei venne accolta con gioia semplicemente perchè riduceva la concorrenza. Se ne profittò in qualche modo. Però..."
Però?
"Sono convinto che il salto di qualità sul tema razziale lo si fece solo durante la Repubblica di Salò col manifesto di Verona del novembre 1943".
Si può azzardare l'idea che, per cultura e costumi, l'Italia sia refrattaria all'intolleranza?
"Non lo so. Di sicuro dico che l'intolleranza nei confronti degli ebrei incontrò una resistenza culturale".
Oggi invece...
"Oggi le differenze sono più visibili. Con gli ebrei a dividere era la religione, ovvero una specie di razzismo spirituale. Oggi, che a dividere è il colore della pelle, la lingua, le tradizioni, stanno purtroppo emergendo pulsioni razziste determinate da oggettive difficoltà di adattamento a un contesto nuovo di multietnicità a cui non eravamo abituati da secoli. Non solo".
Dica.
"Purtroppo queste pulsioni sono facilitate da politiche nelle quali le ragioni della sicurezza sono diventate talmente predominanti da dare la sensazione agli italiani che in fondo è giusto essere contro i diversi".
C'entra qualcosa in tutto ciò anche la crisi economica?
"Non c'è dubbio che questo pesi. Ma in Italia la ragione principale della diffidenza è la sicurezza".
Prendere le impronte ai Rom è dunque razzismo?
"Io, anche da ex ministro degli Interni, non ho nessuna riserva sull'uso delle impronte digitali. Ma se qualcuno dice che vuol prenderle solo ai Rom, come posso non trovarci del razzismo?".
I giornali, la tv, la scuola possono fare qualcosa per ridurre l'intolleranza?
"Possono fare moltissimo. Non c'è nulla di atavico nell'atto di avere fiducia o sfiducia verso il diverso. Queste sono tutte induzioni culturali. E sulle induzioni culturali, chi concorre a formare le opinioni di ciascuno di noi ha un grande potere di insieme".
Professore, secondo lei oggi c'è più razzismo a destra o a sinistra?
"Se si guarda ai partiti e alle espressioni politiche ce n'è di più a destra. Ma se si osservano invece i ceti sociali di riferimento, la cosa si fa più complessa. Per questo, una risposta onesta e non ideologica alla sua domanda è: non lo so".
Fonte: Giorno/Resto/Nazione - Stefano Cecchi | vai alla pagina » Segnala errori / abusi