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Il governo non riesce a distinguere tra sprechi e tagli.
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(12 ottobre 2012) - fonte: Europa - inserita il 12 ottobre 2012 da 31
La legge di stabilità per il 2013 si presenta come una "mini" manovra che, da un lato, si muove all'interno dei vincoli tendenti al raggiungimento del pareggio di bilancio, a prezzo, però, di tagli su settori sensibili quali la sanità e la pubblica amministrazione; dall'altro getta un sasso nello stagno le cui onde (lunghe!) possono avere effetti positivi sulla economia.Cominciamo da queste ultime ed in particolare dalla introduzione, nell'agenda del governo, della riduzione della pressione fiscale. È un segnale che va incoraggiato.
In tal senso, mi hanno stupito le dure riserve sollevate da una parte del sindacato che, pure, ha fatto, in questi mesi, del fisco la propria battaglia. Anche perché la detassazione dei contratti di produttività, che la legge di stabilità riconferma, va incontro al buon esito del confronto aperto tra le parti sociali.
Semmai, nel corso dell'esame parlamentare, andrà valutato se la quantità stanziata (circa 5 miliardi), non sia meglio destinarla alle detrazioni per la famiglia, il lavoro e l'impresa, anziché all'Irpef dalla cui riduzione, individualmente modesta, finirebbero per goderne tutti, poveri e ricchi.
Va aggiunto nell'elenco degli aspetti interessanti l'attuazione della direttiva sui pagamenti della pubblica amministrazione. Ma, questa scelta opportuna, oltre che dovuta, dovrebbe portare il governo, non solo a "rottamare" il patto di stabilità, ma anche, per il principio dei vasi comunicanti, a non insistere ancora sui tagli ai servizi pubblici, pena o la inapplicabilità della direttiva (con conseguenti sanzioni) o un incremento delle tasse locali che finirebbe (come è già successo per il primo modulo fiscale di qualche anno fa) per vanificare la riduzione fiscale, a qualsiasi titolo venga erogata. E, a proposito di tasse, va nella giusta direzione anche quella sulle transazioni finanziarie. Un intervento che segna il ritorno della politica per penalizzare non i mercati, ma la rendita e fa assumere all'Italia un ruolo traino in Europa.
Queste luci, pur con i necessari aggiustamenti, non cancellano le ombre dei tagli. La sanità, innanzi tutto. Ciò che il governo non riesce a fare è distinguere tra sprechi e tagli. Così la logica positiva della spending review rischia di diventare una incompiuta che lascia spazio a tagli lineari di difficile sopportazione.
Il governo, dunque, sia disponibile a cercare strade alternative. Lavoriamo per rafforzare la strada della dismissione degli immobili (che si avvia, finalmente), della lotta alla evasione (il tesoretto da non sprecare, né nascondere) e alla corruzione e delle altre scelte che ci consentano di garantire, nel rigore, quella equità che finora ha scarseggiato nelle scelte del governo.
Il confronto parlamentare che ora si apre, e quello indispensabile con le parti sociali, dovrà essere capace di muoversi dentro questi sentieri, senza farli diventare un labirinto. L'Italia non è ancora fuori dal tunnel e l'eco dei problemi della Spagna e della Grecia risuona ancora nei nostri bilanci. Ma, i sacrifici di quest'anno, pesanti e troppo ineguali, ci hanno evitato il baratro ed ora è arrivato il momento della verità.
La legge di stabilità per il 2013, dunque, più che una manovra di stampo classico, deve assolvere al compito di dare il segno della svolta e di far sì che quei sacrifici non siano stati vani.
Fonte: Europa | vai alla pagina » Segnala errori / abusi