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Dichiarazione di Achille OCCHETTO
«Il rischio è un’alternativa tra due moderatismi» - INTERVISTA
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(22 febbraio 2012) - fonte: l'Unità - Maria Zegarelli - inserita il 22 febbraio 2012 da 31
«Questo governo è nato per salvarci dal default ma per il dopo serve una svolta, bisogna garantire lavoro e giustizia sociale. È difficile dire oggi quello che succederà dopo il governo Monti. Molto dipenderà innanzitutto dall’esito delle amministrative e dai risultati di questo governo tecnico. Ci sono ancora troppe incognite».Meglio partire, allora, da quello che Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci, primo del Pds, vorrebbe che accadesse. Intanto gli piacerebbe che la smettessero di evocare in ogni occasione la battuta che fece alla vigilia delle elezioni del 1994 «sulla gioiosa macchina da guerra». «La dissi scherzando con i giornalisti, era un ossimoro e sinceramente mi stupisce che una persona colta come Enrico Letta la ritiri fuori oggi. Nel 1994 l’errore fu fatto dal Ppi. Io mi battei per fare una coalizione con loro, mentre loro erano convinti di essere ancora al centro della politica, senza rendersi conto che era iniziata la fase bipolare. Poi, io non getto la croce su Martinazzoli come gli ex Dc fanno con me, ma sono convinto che quel loro errore portò Berlusconi al governo. Rispedisco la critica a Letta». Messo a posto Letta, torna al Paese.
Che cosa dovrebbe seguire al governo dei tecnici?
«Sarebbe bene che la politica si riformasse nel profondo. Rimane, purtroppo, ancora come tema centrale quello che fu posto prima che scoppiasse Mani pulite: l’autopurificazione della politica con una netta distinzione tra politica e affari. A differenza di allora oggi questo problema sta investendo tutto l’arco politico italiano ed è diventata una emergenza. Una volta riformata la politica, sarebbe importante, poi, ricreare un’alternativa tra un centrosinistra vero e un centrodestra vero».
Teme uno schiacciamento al centro di tutti gli schieramenti?
«Temo che la politica possa ridursi in un’alternativa fra una destra che piace ai salotti buoni e una destra dei salotti cattivi, ossia un’alternativa fra due moderatismi».
Con a capo un leader né di destra né di sinistra, che per esempio arriva dall’attuale governo?
«In politica non esiste un leader asettico. Un conto è un governo che nasce come è nato quello attuale in un momento in cui si pensava che il Paese fosse ad un passo dal default e quindi ci si è affidati ad una personalità credibile come Monti altro è la politica di lungo corso. E comunque non credo che la proiezione di questa fase sarà neutra, sarà moderata e ancora monetarista, senza facilitare quella svolta necessaria dopo il governo Monti».
Il sindaco Emiliano lancia l’idea di una lista civica nazionale aperta al Terzo Polo per recuperare quella credibilità dei partiti verso l’opinione pubblica che oggi non c’è.
«Non riesco a immaginare questa come una possibilità. Mi preoccupa molto l’impostazione di fondo di questa discussione, fondata sull’ingegneria delle alleanze. Si è partiti con il piede sbagliato perché le alleanze vanno misurate sui contenuti e sui programmi. A mio avviso si dovrebbe passare dalle primarie sui nomi alle primarie sui programmi perché quello che serve è un grande dibattito sui nodi che le forze politiche dovranno sciogliere durante la prossima legislatura».
Primarie sui temi caldi? A cosa pensa?
«Innanzitutto a lavoro, giustizia sociale, sviluppo e ambiente: un programma che affronti questi temi in modo strettamente legato tra loro, il nucleo centrale di tutte le altre proposte programmatiche. Vogliamo aprire un confronto con i cittadini su tutte quelle politiche di messa in sicurezza del territorio e della riconversione ecologica dell’economia? Credo che aprire una discussione su questo riavvicinerebbe l’opinione pubblica alle forze politiche, anche se è evidente che prima di tutto si deve procedere ad una disinfestazione dell’ambiente politico.
L’altra questione fondamentale resta l’Europa: è stata tradita l’idea di Spinelli e di Delors. Se vogliamo uscire dal duo nefasto Merkel-Sarkozy bisogna fondare un’Europa federale dove è la politica a prendere il posto di comando».Da quello che dice sembra che la sua attenzione non si sia mai soffermata sulla foto di Vasto. È così?
«La foto di Vasto ha un senso se serve a dimostrare che stavolta non c’è l’intenzione di lasciare fuori dal gioco alcune forze politiche. Ma da sola non basta. Oggi la questione non ruota più intorno alle sigle dei partiti, la gente ha il sospetto che chiunque si presenti, con qualunque formula, ci si trovi sempre di fronte alla stessa acqua pestata nello stesso mortaio. Si deve dimostrare, invece, che entra acqua nuova e che c’è la possibilità di trovare un accordo su alcune idee forti».
Occhetto, altro tema caldo è la legge elettorale. Crede che alla fine si troverà un accordo largamente condiviso?
«Sono piuttosto pessimista perché gli accordi elettorali dovrebbero essere fatti sulla base di una valutazione delle condizioni del Paese, prevedendo il massimo di rappresentanza e di partecipazione per facilitare il prosciugamento dell’astensione. Purtroppo credo che i due partiti maggiori si metteranno intorno ad un tavolo per decidere quale sistema elettorale permetta a chi di loro vince di avere il massimo risultato».
Come valuta il governo Monti?
«Questo è un governo voluto come un esecutivo di liberazione, che ha ridato fiducia al Paese e ha ristabilito un minimo di dignità all’estero. Quindi il ragionamento su cui è nato è stato giusto e il governo è riuscito a fronteggiare lo tsunami mettendo a riparo l’economia italiana, ma non dobbiamo dimenticare che esistono due economie: quella di carta e quella reale. L’offensiva venuta dall’economia di carta è stata fronteggiata a costo di gravi sacrifici che non sono andati di pari passo con l’equità. Oltre al fatto che oggi rimangono sul tavolo tutti i temi dell’economia reale sui quali il governo tecnico non potrà non arrivare ad un compromesso con i partiti e, se ancora esistono un centrodestra e un centrosinistra, allora sarà difficile trovare un accordo chiaro. Prevedo nuove contraddizioni, per questo penso che già oggi si deve aprire il dibattito sul domani».
Enrico Letta l’ha chiamata in causa anche per il mancato appoggio al governo Ciampi.
«Mi onoro di essere stato, insieme a Scalfaro, uno degli ideatori del governo Ciampi anche contro una parte rilevante del mio partito. Qui Letta si sbaglia, non abbiamo mai tolto l’appoggio a Ciampi, benché dopo il voto favorevole a Craxi in Parlamento, abbiamo ritirato i nostri ministri».
Fonte: l'Unità - Maria Zegarelli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi