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"La cordata italiana raddoppia gli esuberi" - INTERVISTA
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(31 luglio 2008) - fonte: La Stampa - Paolo Baroni - inserita il 01 agosto 2008 da 31
Il ministro ombra dell'Economia: l'esecutivo non sa che fare
Il caso Alitalia? Una vergogna» dice Pierluigi Bersani. «Sui 2100 esuberi del piano di Air France nei mesi scorsi c’è che si è stracciato le vesti, sono arrivati a parlare di macelleria. E adesso siamo a quota 5 mila?». La situazione, vista attraverso gli occhi del ministro ombra dell’Economia, «è a dir poco confusa: quando Berlusconi annunciò di voler mandare a casa i francesi compì un atto di un cinismo micidiale, e adesso non sa ancora che pesci pigliare. Siamo di fronte a rinvii continui mentre si avvicina il redde rationem e la possibilità di imboccare una strada solida è sempre più difficile».
Berlusconi spande ottimismo a piene mani. Perché lei invece dice così?
«Consideriamo un primo punto: lo scenario industriale. Ormai in tutto il mondo, e non solo in Europa, è in atto un processo acceleratissimo di concentrazione. C’è il caso Iberia-British, e sono in vendita compagnie come quella austriaca e quella svedese».
Noi rispondiamo con Alitalia-AirOne.
«Appunto. Facciamo esattamente il contrario: una mini-compagnia nazionale. E quindi anche immaginare un disegno industriale che possa avere una prospettiva diventa molto problematico».
Il secondo punto?
«Riguarda l’aspetto occupazionale. Nei mesi scorsi si parlò di massacri a proposito dei 2100 esuberi proposti da Air France, tra l’altro quasi tutti accompagnabili alla pensione. E si disse anche che era pronta un’altra soluzione, sui cui il sindacato credo che abbia avuto una fiducia forse eccessiva. Oggi è chiaro che, in ogni caso, il punto di caduta sociale sarà nettamente peggiorativo di quell’ipotesi».
Già, rispetto ai mesi passati bisogna fare i conti con l’impennata dei costi di carburante.
«Per questo dico che di fronte alle novità di oggi l’accordo con Air France per noi sarebbe stato un affare. Dovevano chiudere lì prima che tutto precipitasse».
Non è che poi i francesi, che il vostro governo appoggiava a spada tratta, si sarebbero sfilati comunque, magari più tardi?
«Naturalmente andava definito l’accordo coi sindacati, ma l’intesa sarebbe stata certamente chiusa. E una volta entrati in un gruppo di quelle dimensioni i problemi si sarebbero affrontati meglio, compreso quello del caro-carburanti».
Cosa ne pensa dell’idea di commissariare la compagnia?
«Siamo di fronte a un paradosso, una specie di Comma 22. Si potrebbe evitare il commissario ed andare a una procedura in bonis, cosa che assicurerebbe la continuità aziendale di cui sono garanti azionista e consiglio di amministrazione (e che in occasione del varo del prestito ponte è stata assicurata per 12 mesi), ma non c’è nessuno che propone una strada del genere. Non lo fa l’advisor né i possibili nuovi azionisti. Anzi, pretendono proprio una gestione di tipo commissariale-fallimentare, con la divisione di Alitalia in una “newco” e in una “bad company” destinata ad ereditare tutte le passività, che però è difficilmente inquadrabile in una procedura di commissariamento. A meno che non si voglia rifare totalmente la legge Marzano».
Si può fare?
«No, le regole giuridiche non consentono di fare una legge su misura: i creditori non possono essere divisi in buoni e cattivi, mentre le procedure devono essere rispettose degli interessi dei lavoratori, dei creditori e dei concorrenti internazionali».
Il resto del piano, dal ruolo di AirOne agli 800 milioni che metterebbero i soci, la convince o no?
«Mah, per ora sono solo voci. C’è chi dice che AirOne vende e chi dice che invece entra nel capitale e si integra, questo passaggio da solo fa ballare 3-400 milioni di euro in più o in meno. Quanto alla cordata, o alla cordatina, non si capisce ancora chi ci sta e chi no: oggi, ad esempio, ho letto un’intervista a Benetton che non si mostra molto entusiasta...
Io spero che Alitalia si possa salvare, ma è chiaro che i responsabili di questa deriva dovranno pagare un prezzo politico. Perché è una vergogna. Detto questo bisogna lavorare per trovare una soluzione minimamente potabile: la prima cosa su cui ragionare è innanzitutto un accordo internazionale».
Ci sono ancora spazi?
«I tedeschi stanno guardando gli svedesi, i francesi hanno già dato, gli inglesi si sono messi con gli spagnoli: non è mica semplice».
Ma nel tira e molla c’è il rischio che l’elastico-Alitalia si rompa?
«Spero proprio di no. Spero che ci sia un modo per evitare il commissariamento, ma francamente ci credo poco».
Fonte: La Stampa - Paolo Baroni | vai alla pagina » Segnala errori / abusi