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Obama e la vittoria rischiosa
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(30 giugno 2012) - fonte: il Fatto Quotidiano - inserita il 30 giugno 2012 da 31
La notizia ha letteralmente sconvolto il paesaggio politico americano. Obama, con la sua riforma sanitaria ha vinto dove avevano fallito tutti, da Roosevelt ai giorni nostri: garantire a tutti gli americani, compresi i 40 milioni che ne sono esclusi, le cure mediche necessarie, ripristinando il valore di uguaglianza, che è fondamento della Costituzione americana. Come è noto, i conservatori americani, che hanno oggi il controllo del Partito repubblicano e la maggioranza alla Camera, si sono battuti proprio su questo punto: chiedere alla Corte Suprema di dichiarare incostituzionale la riforma sanitaria che restituisce l’uguaglianza ai cittadini americani. Quale era stato l’espediente per un percorso così arrischiato? Politicamente una buona idea: giocare il valore di libertà contro quello di uguaglianza. Le cure mediche garantite richiedono l’obbligo per ciascun cittadino di sottoscrivere un’assicurazione (facilitata dallo Stato e modulata secondo il reddito) come accade per gli automobilisti, ma senza il selvaggio mercato libero che tormenta e perseguita, negli Usa come in Europa, gli automobilisti.Dunque repubblicani si aspettavano, da una Corte suprema conservatrice, che l’invocazione di libertà (ciascuno si cura come vuole e si assicura se crede) avrebbe prevalso su una legge che riporta al centro il valore dell’eguaglianza. Non è andata così e la notizia ha sconvolto il mondo delle notizie americano (Fox Television ha annunciato e poi dovuto smentire la sconfitta di Obama), il mondo dei partiti e quello dell’opinione pubblica. I protagonisti sono dunque Barack Obama, il suo avversario della estrema destra repubblicana Mitt Romney, e la Corte Suprema degli Stati Uniti che, in quel Paese, è anche Corte costituzionale. In quella Corte i giudici “liberal” (noi diremmo “di sinistra”) sono in minoranza di uno, e perciò i repubblicani contavano di cancellare la legge sulla salute che per Obama è la più importante del suo mandato. È accaduto che, inaspettatamente, uno dei giudici conservatori abbia seguito un percorso curioso: accetta, da conservatore, che l’obbligo dell’assicurazione possa essere considerato incostituzionale, perché viola la libertà di scelta (“di commercio”). Ma fa notare che “l’obbligo” consiste solo nel modesto pagamento imposto dalla legge a ogni cittadino e che quell’obbligo non è altro che una tassa. Ora le tasse non sono mai incostituzionali, perché rientrano nei poteri del governo e del Parlamento. Dunque, l’intera legge che prevede cure mediche garantite è accettata e legittimata dalla Suprema Corte. Obama vince e si presenta forte alla prima prova che lo attende, le elezioni presidenziali. Ma se vincerà contro Romney e resterà presidente degli Stati Uniti, lo aspetta la seconda prova, ancora più pericolosa, come in una favola dei Grimm: portare in salvo la sua legge attraverso la foresta della Camera e del Senato.
Obama, infatti, potrebbe restare presidente senza avere una maggioranza nelle due Camere o in una delle due Camere. E persino una maggioranza minima (per esempio, come accade non così di rado negli Usa, la maggioranza di uno o due senatori) non lo metterebbe al sicuro. Per tradizione, nella politica americana, le fughe a destra sono più frequenti delle fughe a sinistra. Clinton ne ha patito anche prima di perdere la maggioranza con cui era stato eletto.
Per capire il rischio che Obama continua a correre, vediamo per quali ragioni il presidente rischia la solitudine o il tradimento. Ci sono due grandi avversari sulla sua strada. Un avversario si mobilita per un immenso potere economico: Obama toglie potere alle potentissime compagnie di assicurazione che finora hanno tenuto in pugno la salute degli americani, decidendo persino chi vive e chi muore sulla base degli interessi di impresa. Un secondo avversario sono le chiese, sia la Chiesa cattolica che le miriadi di chiese e culti che formano il fronte del fondamentalismo cristiano. Insieme si battono contro qualsiasi versione, sia pure terapeutica, dell’aborto, e su ogni libera decisione delle donne sulla maternità. La legge sulle cure mediche garantite di Obama non pone i limiti, chiesti in nome di Dio, alle cure mediche garantite dallo Stato federale. La scelta allora è “cancellare tutto”. Meglio respingere in strada i pazienti di malattie gravi e troppo costose per le famiglie, che ammettere l’aborto in corsia.
Ecco, dunque, l’ostacolo all’impegno di un grande Paese a garantire cure mediche a tutti: la potente alleanza fra religione e finanza, fra chiese e compagnie di assicurazioni, fra Mitt Romney (che è mormone, una religione fondata nel 1849 e che crede nella poligamia) e coloro che giudicano “comunista” curare tutti. Come si vede, proprio mentre è a un suo punto alto di civiltà con Obama, l’America deve confrontarsi con un suo punto oscuro e basso: le grandi imprese assicurative che parlano per bocca di Dio. Il mago di Oz diventa grande politica e deciderà sull’esito delle prossime elezioni americane.
Fonte: il Fatto Quotidiano | vai alla pagina » Segnala errori / abusi