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Dichiarazione di Paolo Marinucci

Alla data della dichiarazione: Consigliere  Consiglio Comunale Termoli (CB) (Gruppo: Altro) 


 

“L’acqua è di tutti, lottiamo contro i mercanti e non sprechiamola”

  • (19 luglio 2010) - fonte: Primonumero.it - inserita il 23 luglio 2011 da 20706
    Cronache “L’acqua è di tutti, lottiamo contro i mercanti e non sprechiamola” Paolo Marinucci, consigliere e volontario per la petizione contro la privatizzazione a Termoli, in questa intervista spiega i quesiti referendari e l’importanza delle firme raccolte, che oggi saranno consegnate in Cassazione. In Molise raccolte 7500 firme, in Italia oltre un milione. “E’ una battaglia di civiltà per i diritti fondamentali, nessuno si senta escluso”. di Alessia Mendozzi Termoli. 7.500 firme raccolte in Molise, più di un milione in Italia. Numeri che parlano chiaro sull’interesse suscitato dalla campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua. "Questi sono indici che l’acqua è un bene troppo importante e sentito", commenta Paolo Marinucci - consigliere comunale e volontario per la raccolta firme a Termoli. Il 19 luglio è il giorno della consegna delle firme in Cassazione. "Con questa campagna referendaria può partire una grande battaglia di civiltà e di tutela per i diritti fondamentali, che potrebbe successivamente essere estesa a tutti i beni comuni". Per prima cosa, perché bisogna dire no alla privatizzazione dell’acqua? «Perché l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale. Un bene essenziale che appartiene a tutti. Nessuno può appropriarsene, né farci profitti. L’attuale governo ha invece deciso di consegnarla ai privati e alle grandi multinazionali. E’ una battaglia di civiltà. Nessuno si senta escluso» Chi ha organizzato la raccolta firme a Termoli? «L’Associazione Officina delle Buone Pratiche in collaborazione con la Diocesi di Termoli-Larino (coordinatore nazionale del Forum Acqua Bene Comune)» Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, con i suoi comitati, è attivo da molto tempo. Due anni fa c’è stata già una raccolta firme contro la privatizzazione dell’acqua, prima cioè del contestato decreto Ronchi. Il decreto però è stato fatto lo stesso, ignorando le 400.000 firme raccolte. Di fronte a tutto ciò si sente sempre più spesso dire che queste iniziative sono inutili perché poi non cambia niente. Cosa pensi a riguardo? «Anni fa, insieme all’Associazione Baobab Onlus, abbiamo contribuito alla raccolte delle 400 mila firme. Purtroppo, ci dispiace dirlo, non sono servite a molto, visto che i governanti di turno hanno deciso di disattendere quella volontà. Però, come testimonia il referendum, non ci siamo arresi anzi abbiamo rilanciato con la proposta referendaria». Vediamo i quesiti referendari uno ad uno, cosa prevedono e cosa vogliono evitare. Il primo... «L’abrogazione dell’art. 23 bis, in merito alla gestione delle risorse idriche, ha quale unico obiettivo quello di riequilibrare il rapporto tra i tre modelli di gestione (misto, privato e in house), lasciando inalterato il processo di privatizzazione in corso. La presentazione del solo quesito referendario relativo all’art. 23 bis, risulterebbe dunque necessaria, ma non sufficiente a ripristinare in Italia il governo pubblico dell’acqua». Il secondo. «Con l’abrogazione dell’art. 150 del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale” la gestione del servizio idrico, in attesa dell’approvazione di una riforma organica, potrebbe essere affidata a un ente sostanzialmente e formalmente pubblico, scongiurando ipotesi di vuoti normativi. Il servizio diverrà così “privo di rilevanza economica”, sarà nuovamente di interesse generale e il diritto all’acqua – quantomeno per i cinquanta litri giornalieri (igiene, salute, alimentazione) – sarà assolutamente estraneo a logiche tariffarie, ponendo i relativi costi a carico della fiscalità generale. In questo modo il diritto all’acqua riacquisterebbe a pieno titolo il suo status di diritto fondamentale dei cittadini, da gestirsi anche “nell’interesse delle generazioni future”». E, infine, il terzo. «Questo quesito è necessario per abrogare la logica del profitto contenuta in una parte del comma 1 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006. S’intende, cioè, abrogare quella parte che afferma che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico ed è determinata tenendo conto “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Con tale norma il gestore, al fine di massimizzare i profitti, carica sulla bolletta dell’acqua un 7%. Tale percentuale costituisce un margine di profitto scollegato da qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. I cittadini, dunque, con la vigenza di tale norme sono doppiamente vessati, in quanto da una parte il bene acqua è commercializzato e inteso alla stregua di qualsiasi altre bene economico, e dall’altra sono obbligati a pagare in bolletta un surplus del 70 per cento». Va detto, però, che chi difende la privatizzazione dell’acqua sostiene, invece, il contrario. E cioè che con essa ci sarà un’ottimizzazione della gestione idrica e un vantaggio economico per i consumatori. Tu cosa rispondi? «Con un esempio concreto. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ha annunciato che la municipalità non rinnoverà i suoi contratti con Suez e Veolia – le due aziende private che attualmente gestiscono i servizi idrici della capitale – dopo venticinque anni di gestione privata. «Vogliamo offrire un servizio migliore a un prezzo migliore», ha dichiarato Delanoë illustrando la scelta di Parigi che, peraltro, appare in sintonia con la tendenza in atto nel resto della Francia – dove oltre 40 città hanno già deliberato di tornare al servizio pubblico – e in parecchie città del mondo. L’osservatorio sulla «ri-municipalizzazione» fa notare che le due multinazionali francesi dell’acqua hanno goduto di almeno un secolo di protezionismo sui mercati sia nazionali e sia internazionali. Il risultato prodotto è stato quello di prezzi “gonfiati”, di scarsa efficienza, di servizi obsoleti (in quanto modernizzarli avrebbe richiesto investimenti e, dunque, minori profitti) e non di rado anche di gestione fraudolenta. Ripristinata la gestione municipale, il prezzo dell’acqua si è subito sgonfiato». Puoi farci qualche altro esempio di paesi in cui l’acqua è stata privatizzata, spiegandoci, nello specifico, le conseguenze per la popolazione del luogo? «In Bolivia, dove un rappresentante della Banca mondiale partecipa a pieno titolo nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, la Banca si è rifiutata di prestare garanzia per un prestito di 25 milioni di dollari per il rifinanziamento dei servizi idrici a Cochabamba – la terza città del paese – se non a condizione che il governo vendesse il sistema pubblico delle acque al settore privato e permettesse che tutti i costi gravassero sui consumatori. Festival Adriatico delle Musiche Nelle trattative di vendita una sola offerta veniva considerata, e il sistema idrico passò nelle mani di un sussidiario della “solita” multinazionale. Nel gennaio 1999, prima di aprire un suo ufficio, la multinazionale annunciò il raddoppio dei prezzi dell’acqua. Per molti boliviani questo significava che l’acqua era più costosa dello stesso cibo. Molta gente, che sopravvive con un salario minimo o che non ha lavoro, vedeva la bolletta dell’acqua consumare quasi la metà del loro magro budget mensile…» E cosa successe, poi? «Aggiungendo la beffa al danno, la Banca mondiale impose un regime di monopolio per i concessionari privati dell’acqua, annunciò il suo sostegno per la tariffazione a pieno costo, legò il prezzo dell’acqua al dollaro e dichiarò che nessuno dei suoi crediti poteva essere utilizzato per dare sussidi ai poveri per i servizi idrici. Tutte le acque, incluse quelle da fonti comunali, erano soggette a permessi di utilizzo e i contadini dovevano perfino comprare dei permessi per le eventuali cisterne sui loro terreni che immagazzinavano l’acqua piovana! Il 10 aprile 2000, centinaia di migliaia di persone hanno marciato verso Cochabamba per protestare. Il governo ha fatto marcia indietro, ordinando la cessazione del monopolio assoluto. Successivamente ha revocato la legislazione sulla privatizzazione dell’acqua, prevedendo il diritto per la Coordinadora di cogestire l’Azienda dell’acqua, rimasta pubblica. Quella di Cochabamba, è stata una prima vittoria contro i mercanti dell’acqua. In un mese e mezzo di scontri, occupazioni, blocchi stradali, sono riusciti a cacciare dal paese le multinazionali. Una vittoria pagata a caro prezzo, però. Dei militari armati, vestiti da civili, hanno sparato sulla folla, ferendo 80 persone e uccidendo un giovane di 17 anni. Ma significativo rimane il fatto che la popolazione unita ha sconfitto i piani di privatizzazione di Banca Mondiale e multinazionali. E se mi permetti un’ultima osservazione...» Prego. «Non sprechiamo l’acqua. Usiamo i riduttori di flusso per i rubinetti. Chiudiamo l’acqua mentre ci laviamo i denti. Recuperiamola per usi secondari (tipo innaffiare le piante). Mettiamo i riduttori per gli sciacquoni del water. Beviamo l’acqua del rubinetto, magari inserendo un filtro a struttura composita, e abbandoniamo l’acqua nella plastica che ci stressa con il peso quando la trasportiamo, contribuisce notevolmente alle emissioni di CO2 durante il trasporto, l’imbottigliamento e la produzione delle bottiglie stesse. Come dicono gli zapatisti: “Para todos todo... Nada para nosotros! (Per tutti, tutto... Niente per noi!)”»-
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    Argomenti: acqua, sprechi, acqua pubblica, Bene Comune | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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