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Dichiarazione di Leonardo Galenda

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Vigonovo (VE) (Partito: CEN-DES(LS.CIVICHE)) 


 

Discorso tenuto al Parco della Rimembranza il 25 aprile 2010

  • (25 aprile 2010) - fonte: Comune di Vigonovo - inserita il 27 aprile 2010 da 4211
    Oggi che siamo qui, insieme, per un dovere civile, il primo pensiero, non privo di nostalgia, va ai tanti volti di nostri amici e concittadini vigonovesi, che avevano visto, combattuto e sofferto, gli anni della guerra e della resistenza e che un tempo incontravamo in questa giornata, che venivano con noi qui a celebrare, e che oggi non ci sono più. Anziani, madri di famiglia, ex partigiani, ex alpini ex soldati semplici, ex ufficiali. Un amichevole saluto a Giuseppe Pietrogrande trattenuto a casa da malattia, che fu primo componente del Comitato di Liberazione di Vigonovo. E’ un ricordo di persone umili e miti, ma anche fiere e intransigenti nella difesa del valore della Resistenza e della Liberazione. La Resistenza e la Liberazione, è stata un segno ‘unitivo’ di una generazione che aveva conosciuto oppressione e guerre, che aveva conosciuto, anche qui a Vigonovo e nei paesi vicini, la barbarie delle uccisioni per sospetto o rappresaglia, e a Padova, la nostra città più vicina, la brutalità religiosa delle torture delle SS e dei loro amici fanatici fascisti della banda Carità. Oggi che siamo qui insieme, dunque, il secondo pensiero va ai tanti martiri della resistenza civile italiana che sono morti per il riscatto e la libertà. Ricordiamo i nostri cari fratelli Peron, trucidati per l’ingiusto sospetto di appartenenza alla resistenza partigiana, ricordiamo i 44 cittadini inermi di Saonara strappati nella notte dalle case e uccisi per rappresaglia dall’esercito tedesco in ritirata, ma ricordiamo anche il nostro amato e intelligente dott. Scarpis, silenzioso e diligente partigiano della brigata Negri, ricordiamo la coraggiosa generosità pagata con la morte nel forno crematorio della saonarese Maria Borgato che con carità cristiana si spendeva di notte per portare in salvo soldati italiani allo sbando e prigionieri in pericolo. Molti fra di noi ricorderanno le tante persone semplici e contadini che spontaneamente protessero ebrei, soldati che non aderirono alla Repubblica di Salò dopo l’8 settembre, o sostennero i partigiani e gli alleati nella lotta contro la guerra e contro l’occupazione nazifascista. Un pensiero particolare voglio oggi spenderlo per un giovane frate dei minori conventuali di S.Antonio, del quale una recente documento ha messo in luce la vicenda umana e spirituale. Padre Placido Cortese nel 1944 era da sei anni direttore del Messaggero di S.Antonio, lì aveva avuto modo di affinare competenze grafiche che gli permisero di falsificare documenti di identità dei fuggiaschi e ricercati dai nazifascisti per permetterne l’espatrio e la salvezza nella vicina Svizzera. L’8 ottobre del 1944, all’eta di 37 anni, chiamato da un suo amico croato a prestare soccorso d’urgenza oltre il sagrato della basilica, considerata territorio vaticano, fu catturato e consegnato alle SS di via Diaz a Padova, e poi trasferito nel bunker della Gestapo di Palazzo Oberdan a Trieste. Questo religioso interrogato e sottoposto a torture inaudite e morì senza mai rivelare alcun nome dei suoi collaboratori, come è emerso da testimonianze inedite di chi lo vide, contenute in un recente volume e dvd del 2007 delle edizioni del messaggero, intitolato “Padre Placido Cortese. Il coraggio del silenzio”. Altri resistenti padovani autorevoli, andrebbero poi ricordati, come il comunista Concetto Marchesi, l’azionista Silvio Trentin, il socialista Busonera, i cattolici Egidio Meneghetti e Luigi Pierobon, e molti altri. Oggi la storiografia ci conforta nell'affermare che, qualunque fossero le ideologie che animarono i partigiani, la resistenza fu una guerra patriottica di liberazione nazionale, appoggiata dalla gran massa della popolazione, stanca della guerra e desiderosa di un destino diverso e più libero. Dunque, quando sentiamo cantare “il fiore dei partigiani”, quando vediamo una bandiera alzarsi, o sentiamo il nostro inno nazionale, andiamo col pensiero a tutti gli italiani caduti, imprigionati nelle carceri, impiccati o gettati nei campi, perché lì è nata la nostra libertà e la nostra dignità. La memoria della Resistenza, quindi, non è sterile, ma è onorare chi è morto per la nostra idea di democrazia; è prendere coscienza che ci sono stati dei momenti fondativi della nostra nazione, dei padri fondatori di cui essere orgogliosi; è ricordare un periodo storico dove una generazione di giovani, che si è poi definita incosciente e che tuttavia aveva conosciuto la guerra, ha saputo rispondere alle questioni importanti della vita e ai suoi grandi dilemmi. La generazione nata dalla Resistenza contro il nazifascismo ha, infatti, dimostrato di aver saputo battersi per la vita e la voglia di libertà contro la pretesa totalitaria della politica, mettendo al centro la persona e ripudiando la guerra come leggiamo nella Costituzione. Erano uomini che avevano conosciuto le diseguaglianze e per questo scrissero nella Carta Costituzionale che ciascuno di noi è uguale all’altro, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. E' una generazione che ha saputo offrire valori fondativi non sono solo a chi ha combattuto, a chi stava da una parte, ma a tutti. I valori della Liberazione vogliono unire mai dividere, perché a queste condizioni l’esercizio della nostra intelligenza non si trova a disagio e i bisogni dell’anima umana non ne soffrono. Ora dunque ci potremo chiedere qual è il compito di ognuno di noi? Il nostro compito, amici, cari cittadini e associazioni, è quello di coltivare la capacità di attuare con saggezza, nella vita, i valori spirituali migliori che ci sono stati consegnati dalla Resistenza e dalla Liberazione dal Nazifascismo. Oggi più che mai a ciascuno di noi compete tramutare questi valori in destino, sta a noi assumere un compito, come fece la maggioranza degli italiani allora, di aggiornarli ma non tradirli; di continuare a lavorare per la ragione e il rispetto; di adoperarsi per contrastare il sopruso con ogni mezzo; di premiare il lavoro e non l'opportunismo e la rendita; di far prevalere l'utilità comune all'utilità particolare; di fare in modo che nessuno muoia di fame e non ci siano troppo ricchi o troppo poveri; di ricercare come sacra e indelebile la fratellanza dei popoli. A ciascuno di noi fare in modo che tutto ciò rimanga vitale, perchè questo è il dono più prezioso Ascoltiamo quindi e applaudiamo l’inno di Mameli, a cui diamo un significato di concordia e fratellanza, e gridiamo con gioia: Viva la libertà, Viva gli Italiani, Viva l’Italia.
    Fonte: Comune di Vigonovo | vai alla pagina
    Argomenti: partigiani, Liberazione, 25 aprile, 2010 | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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