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Dichiarazione di Antonio BASSOLINO

Alla data della dichiarazione: Pres. Giunta Regione Campania (Partito: DS)  - Consigliere Regione Campania (Lista di elezione: DS) 


 

Bassolino riconosce le sue responsabilità ma non si dimette

  • (07 gennaio 2008) - fonte: repubblica.it - inserita il 07 gennaio 2008 da 6
    Caro direttore, è giusto e doveroso chiarire il quadro delle responsabilità della drammatica situazione campana. È vitale, infatti, per la nostra democrazia che vengano alla luce scelte errate, inadeguatezze, inefficienze e le collusioni tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. Tale assoluta chiarezza è nell'interesse di tutti i cittadini e di tutti gli uomini impegnati nelle istituzioni. Voglio quindi dare il mio contributo a chiarire le vicende di questi anni. Nell'articolo di ieri, Eugenio Scalfari, scrive che in Campania "solo adesso, con dieci anni di ritardo, si è deciso di costruire un termovalorizzatore". In realtà, il piano rifiuti per la nostra regione, definito alla fine degli anni '90 dall'allora presidente della Regione e commissario governativo Antonio Rastrelli con il ministro Ronchi, prevedeva un ciclo industriale di trattamento dei rifiuti con 7 impianti per il trattamento e la trasformazione in combustibile (Cdr) e due termovalorizzatori. La decisione di costruire i termovalorizzatori risale quindi a 9 anni fa. Quando diventai presidente e commissario a mia volta, nel 2000, la gara d'appalto per la gestione dei rifiuti era stata già definita e aggiudicata all'Impregilo, che, in base al contratto, aveva la facoltà di decidere la localizzazione degli impianti. Nei tre anni e mezzo in cui ho fatto il commissario (fino al febbraio 2004, ben quattro anni fa) ho firmato per l'avvio dei lavori e ho fatto tutto quanto potevo per dotare la mia regione di un moderno ciclo di trattamento dei rifiuti, dalla raccolta differenziata ai termovalorizzatori. In una corsa contro il tempo innescata dalla chiusura di tutte le discariche disposta dal prefetto e da una legge dello Stato. Sono riuscito a far costruire, tra mille opposizioni e proteste, i 7 impianti per produrre il Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti). Per aprire il cantiere di Acerra ho dovuto fare i conti con ostacoli di ogni tipo e violente contestazioni. C'erano comitati civici, ambientalisti fondamentalisti, vescovi che predicavano contro i rifiuti-demonio, disoccupati organizzati, esponenti del centrodestra e del centrosinistra che si mettevano a capo dei cortei a caccia di consenso. Mentre delinquenti comuni e manovalanza della camorra facevano la loro parte, provando in ogni modo a intimidire e tenere in scacco le istituzioni locali ogni volta che si faceva un passo avanti verso quella chiusura del ciclo che avrebbe fatto terra bruciata intorno al business delle ecomafie. In questi anni, nella nostra regione, sull'opposizione ai termovalorizzatori e alle discariche, si sono costruite carriere politiche e fortune elettorali. Io sono stato sempre al mio posto. A favore della costruzione dei termovalorizzatori. Pronto al dialogo con i cittadini e alle giuste compensazioni per le comunità locali, ma indisponibile ai ricatti. Nei tre anni e mezzo in cui sono stato commissario non sono riuscito a costruire il termovalorizzatore. Dopo di me non ci sono riusciti gli altri tre commissari del governo: il prefetto Catenacci, il capo della protezione civile Bertolaso, il prefetto Pansa. Tutti con poteri ben superiori ai miei. Da presidente della Regione - non più commissario - ho garantito a loro la massima collaborazione, sostenendone l'impegno con tutte le risorse e l'appoggio istituzionale possibile. Come si vede non esito a riconoscere le mie responsabilità. Anche nel silenzio dei tanti che hanno ricoperto, prima e dopo di me, ruoli importanti in questa partita. La priorità oggi è dare soluzioni durature al problema. Se le mie dimissioni potessero servire a questo, non avrei la minima esitazione. Ma in questo momento sento il dovere di portare avanti con fermezza la battaglia di civiltà condivisa da tutti gli italiani onesti.
    Fonte: repubblica.it | vai alla pagina
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