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Dichiarazione di Maurizio SACCONI

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: FI)  -  Ministro  Lavoro Salute e Politiche sociali (Partito: PdL) 


 

Perché la società non rattrappisca

  • (26 febbraio 2011) - fonte: corriere della sera - inserita il 13 maggio 2011 da 19211

    Caro direttore, l' articolo di Galli della Loggia sul disegno di legge dedicato alla fine di vita sollecita alcune riflessioni sul reale contenuto del provvedimento. In esso trovano regolazione due condizioni di fragilità umana molto diverse, resa necessaria da provvedimenti «creativi» della magistratura che non possono espropriare il Parlamento su temi che investono i valori fondamentali della Nazione. Una cosa infatti sono le persone che possono, anche a lungo, vivere in una condizione di separazione dalla realtà come nel caso degli stati vegetativi persistenti, dei quali la scienza non ci sa dire se e quando possano essere reversibili o quali percezioni, incluso il dolore, abbiano. Altra cosa è invece lo stato di coloro che sono ritenuti prossimi alla fine di vita per i quali si vogliono evitare forme non desiderate di accanimento terapeutico. Nel primo caso la decisione del Senato e delle commissioni parlamentari della Camera è stata nel senso di voler garantire comunque, a meno che non vi sia rigetto, acqua e cibo, in quanto bisogni vitali della condizione umana. Il fatto che spesso idratazione e alimentazione siano erogate con un supporto tecnico non le fa diventare terapie. Basti pensare che, in molti casi, congiunti amorevoli somministrano direttamente, con infinita pazienza, acqua e cibo a queste persone perché esse mantengono tutte le funzioni vitali, compresa la capacità di deglutire. Una decisione diversa del legislatore consentirebbe di condurre forzosamente a morte persone cui nessuno si sognerebbe di espiantare gli organi perché lontane da una condizione di morte cerebrale. Sarebbe invero colpevole e condannata a un progressivo rattrappimento quella società che di fronte alla demenza senile dell' anziano o a uno stato di incoscienza prolungato da trauma consentisse una soluzione eutanasica. È proprio di fronte alle condizioni più gravi di fragilità che una società vitale si deve dimostrare capace di amore e di solidarietà. Altra è la situazione in cui si vogliono evitare al malato inutili sofferenze che non cambierebbero l' esito della malattia. In questo caso la commissione della Camera ha cercato di consolidare con la norma ciò che oggi accade nella realtà. Tenendo conto delle volontà espresse anticipatamente in stato di coscienza, parenti e amici affidano, anche solo attraverso pietosi sguardi, al medico curante l' ultima e definitiva valutazione. Il medico, infatti, non è mai «vincolato» alla decisione di un paziente. Non si può esigere un trattamento sanitario che il medico, in scienza e coscienza, non ritenga di effettuare. Insomma, se il paziente è libero di rifiutare la terapia, un analogo principio liberale vale per il medico. Nel complesso quindi la legge mette in sicurezza, rispetto ai concreti pericoli di incursione di un magistrato ideologizzato, i comportamenti che nella realtà fattuale i cittadini realizzano nel nome di quella percezione del valore della vita che è - e deve rimanere - così radicata nella nostra coscienza collettiva. Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.

    Fonte: corriere della sera | vai alla pagina
    Argomenti: libertà, medici, morte, vita, fine vita, responsabilità individuale | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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