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A Saviano:«Resta, l'Italia ti difenderà»
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(16 ottobre 2008) - fonte: Il Secolo d'Italia - Luca Maurelli - inserita il 17 ottobre 2008 da 31
Finora Roberto Saviano aveva usato solo le parole.
E aveva fatto molto male a chi quelle parole minaccia di ricacciargliele in gola con le bombe. Perdere Saviano sarebbe come perdere un pezzo d`Italia, un`isola, una diga, una trincea.
Con i suoi racconti di Gomorra ha irritato e scatenato quei muratori del crimine che col sangue impastano anche la solitudine. Quella solitudine che Saviano si è sentito costruire intorno dalla camorra, quella cortina grigia di indifferenza che lo scrittore definisce "puzza".
Una puzza che lo perseguita e che ora, come i miasmi di una discarica, lo sta convincendo ad andare via. Finora Roberto Saviano aveva usato le parole e aveva vinto. Oggi lo scrittore minaccia di usare le gambe e andare via dall`Italia. Perderlo sarebbe una sconfitta, ma non per lui, per noi, per l`Italia, per chi non ha annusato quella puzza di solitudine che asfissia chi denuncia. «Voglio andar via, da noi i martiri non piacciono», ha scritto ieri su Repubblica Saviano. E le istituzioni ieri hanno risposto, dopo Napolitano, con le altre due massime cariche dello Stato. «Sarebbe un giorno triste per l`Italia se un giovane e coraggioso scrittore, simbolo dell`impegno civile contro la camorra, fosse costretto ad abbandonarla per ricostruirsi una vita lontano», ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Per poi aggiungere: «Mi auguro che intorno a Saviano continui a stringersi, in modo sempre più intenso, l`abbraccio solidale dell`intero Paese. Con tale auspicio ha concluso Fini - esprimo a Roberto Saviano la mia più sentita vicinanza personale, unitamente a quella di tutti i deputati».
La giusta risposta, quella delle istituzioni, del presidente Fini, ma anche del presidente Schifani: «Saviano - ha detto il presidente del Senato - non resterà solo. Il giovane scrittore, dimostrando coraggio e talento, ha inferto durissimi colpi alla camorra. È un esempio per tutti. La gente perbene, tutta l`Italia onesta è con lui. Per questo mi auguro che non lasci il nostro Paese. Roberto Saviano è un patrimonio di legalità».
Piace questa solidarietà calda delle istituzioni, ma anche l`abbraccio bipartisan della politica, che tenta di ricacciare in gola con modi gentili, con l`affetto e la vicinanza dello Stato, quella parole di Saviano dettate da un momento di amarezza, dalla scoperta di un piano segreto per eliminarlo che avrebbe messo a rischio la sua vita e quella della scorta.
La solitudine è tanta, la paura, legittima, anche, il senso di impotenza neanche a dirlo, anche se lo Stato negli ultimi mesi ha messo a segno colpi importantissimi nella lotta agli odiatissimi clan del Casertano contro cui Saviano, facendo nomine e cognomi, si batte ormai da anni. Perdere Saviano sarebbe grave, eppure le sue ragioni, gli argomenti a sostegno di un volontario esilio all`estero, ci appaiono straordinariamente efficaci, come i suoi racconti di camorra, veri, sinceri, tristi.
«Vado via dall`Italia, almeno per un po`, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo», aveva annunciato ieri Saviano dalle colonne di Repubblica. Poco importa se l`ultima rivelazione del pentito sia più o meno vera. Saviano vive da mesi blindato, è il simbolo della lotta alla camorra, dev`essere il "cocco" delle istituzioni, degli italiani, delle nuove generazioni, altro che Alitalia, è lui il simbolo dell`Italia da esportare all`estero come testimonianza dell`impegno civile. Da esportare ma non da perdere, da coccolare.
Ed invece lui si è sentito solo e la colpa è di tutti noi. Si è sentito solo e lo ha ha detto, con la forza delle sue parole, quelle che ancora una volta ci sono entrate dentro. «Ho creduto - continua Saviano che fosse assai stupido, oltre che indecente, rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. "Fanculo" il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina».
La solitudine di Saviano è un vicolo cieco, ormai. «Voglio passeggiare, prendere il sole - dice ancora lo scrittore camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni! E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l`odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri, oggi qui, domani lontano duecento chilometri, spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole:
rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me». Istituzioni a parte, ieri a Saviano è arrivata la solidarietà indistinta di tutti, dal volontariato ai colleghi scrittori, dai politici ai magistrati. Uno sforzo importante per un Paese civile che non può accettare che un simbolo vada via, in esilio. «Giunga a Saviano la mia grande solidarietà e al tempo stesso levo la più grande indignazione per quello che gli sta capitando», ha detto a scrittrice Dacia Maraini. «Rispettiamo la scelta di Saviano di lasciare l`Italia, di riprendersi la propria vita, che oggi non è più libera. E tuttavia siamo convinti che la sua partenza sancirebbe la sconfitta di tutti coloro che in modi diversi hanno fatto della lotta alle mafie e dell`impegno perla legalità democratica una delle ragioni della propria esistenza. Tante organizzazioni, piccole e grandi che ogni giorno promuovono con le loro attività coscienza civile», dice presidente nazionale Arci Paolo Beni, esprimendo la propria solidarietà a Roberto Saviano.Ed ancora, Maria Falcone, la sorella di Giovanni: «Come cittadina italiana direi a Roberto Saviano di restare in Italia, di cambiare idea e non lasciare il nostro paese, ma da sorella di Giovanni Falcone gli dico `Roberto, vattene e salvati"...», è stato il messaggio della donna.Una provocazione, forse.
Fonte: Il Secolo d'Italia - Luca Maurelli | vai alla pagina » Segnala errori / abusi