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Aldo Moro. Ecco la mia testimonianza.
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(09 maggio 2008) - fonte: partitodemocraticoveneto.org - inserita il 13 maggio 2008 da 31
Già sottosegretaria alle Politiche sociali nell’ultimo governo Prodi, ha vissuto all’interno del movimento sindacale la tragedia del sequestro e dell’assassinio dell’on. Aldo Moro. Ecco la sua testimonianza.
«Nel 1978 avevo 31 anni ed ero segretaria degli elettrici della CGIL di Venezia. La notizia del ritrovamento del cadavere mi colse in una delle tante riunioni sindacali che si facevano in quei giorni per mantenere alta la mobilitazione e l’attenzione dei lavoratori al fine di ottenere il rilascio di Aldo Moro da parte dei suoi sequestratori.
L’annuncio dell’assassinio di Moro mi lasciò attonita perché si stava portando a termine quello che fu chiamato l’“attacco allo Stato”, ad uno Stato che non era stato capace di difendere e liberare una delle più importanti personalità della sua classe dirigente.
Dietro la parola d’ordine “lo Stato non tratta” si palesava tutta la debolezza e l’ambiguità di una classe politica sulla quale si allungava l’ombra di complicità e connivenze , mai provate ma fino ad oggi mai chiarite.
Io condividevo la posizione del segretario del PSI Bettino Craxi e cioè di fare ogni cosa perché Moro venisse liberato. Per cambiare il corso della storia del nostro Paese era mia convinzione che egli doveva essere liberato e non ucciso perché essendo sceso sino al girone infernale del degrado della nostra democrazia, si sarebbe messo alla testa del cambiamento e del risanamento delle istituzioni.
Uno Stato è forte quando sa difendere i suoi cittadini e i suoi rappresentanti. Che le Brigate Rosse, in quel momento, fossero più forti dello Stato lo stavano dimostrando con il rapimento, la prigionia e la libertà di movimento di cui godevano sotto gli occhi impotenti dell’apparato investigativo che era stato messo in campo.
Dopo 30 anni, la prima riflessione che mi viene in mente, all’indomani dell’insediamento di questo governo Berlusconi, è che la profezia di Aldo Moro si è avverata. Egli scrisse: “Il mio sangue ricadrà su di voi”. E che cosa se non il suo assassinio è stato all’origine della dissoluzione dei grandi ideali politici e democratici che hanno segnato la Resistenza e la sconfitta dell’autoritarismo plebiscitario impersonato dal fascismo?
I fatti storici che hanno segnato il mondo in questi trent’anni avevano bisogno di una classe politica che sapesse parlare alle intelligenze e al cuore delle persone, non alle loro paure e ai loro egoismi. Ma così non è stato.
I processi in atto nel pianeta, frutto anche di un lungo periodo di pace e di non belligeranza tra le grandi potenze economiche, invece di essere affrontati con grandi ideali ed una identificazione con il bene comune sono stati sotterrati insieme alle ideologie che si sono contrapposte nel secolo scorso, con la conseguenza prevedibile che i più forti hanno preso il sopravvento sui più deboli e le distanze si sono allargate al punto da tornare ad essere insopportabili.
Dopo trent’anni noi viviamo in un Paese inquieto, spaventato e diviso, dove anche le regole democratiche non riescono a dare risposte ad una identità comune fortemente compromessa, anche dalle trasformazioni sociali in atto nel Paese.
Aldo Moro ci ha lasciato il suo pensiero e la sua opera politica, ferma al giorno in cui la sua vita è stata interrotta; per dipanare meglio gli anni che ci stanno alle spalle e farne oggetto di riflessione per l’oggi e per il domani mi rifaccio a ciò che ha detto Agnese Moro: “Chi sa, parli”. Ed allora il sacrificio del presidente Moro non sarà stato inutile.»
Fonte: partitodemocraticoveneto.org | vai alla pagina » Segnala errori / abusi