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(12 gennaio 2008) - fonte: la Repubblica.it - inserita il 15 gennaio 2008 da 15
ROMA - Sul caso della grazia a Bruno Contrada "non vi è stata alcuna marcia indietro, come si è volgarmente affermato da qualche parte, nè tantomeno ho subito condizionamenti di sorta". La precisazione, pesantissima, è del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che risponde a una lettera inviata dal senatore di An Gustavo Selva. Nella missiva il senatore difende l'ex capo del Sisde di Palermo, condannato con sentenza definitiva a dieci anni di carcere, e richiede la concessione d'ufficio della grazia.
Sia chiaro, scrive Napolitano, che "non ha la grazia chi pretende l'assoluzione". Chi quindi si professa innocente e ingiustamente condannato non può avere la grazia. "Nella sua ieri mi chiede di concedere di ufficio la grazia al dottor Bruno Contrada, comunicandomi che questi le ha dichiarato, con decisa determinazione, che non presenterà mai domanda di grazia nè ha mai autorizzato alcuno a farlo in sua vece: e ciò in quanto egli si sente in scienza e coscienza innocente dalle colpe che hanno portato alla sentenza definitiva di condanna".
"Quanto esposto nella sua lettera è in linea con le dichiarazioni più volte rese a organi di stampa da Contrada e dal suo legale - prosegue Napolitano - Questi, dopo avermi trasmesso - il 20 dicembre scorso una 'implorazione in favore di Bruno Contrada', ha successivamente assunto che essa non andava considerata come domanda di grazia, ma solo come sollecitazione al Capo dello Stato perchè attivasse motu proprio la procedura per l'atto di clemenza; ha inoltre precisato l' intenzione - sua e del Contrada - di presentare ricorso per la revisione della condanna ritenuta profondamente ingiusta".
"Nell'esercitare il potere costituzionale di concedere le grazie e commutare le pene - scrive il capo dello Stato - mi sono sempre doverosamente attenuto ai principi indicati dalla Corte Costituzionale e ai precedenti che non fossero in contrasto" con quanto espresso nella sentenza della Consulta del 2006.
Quanto alla grazia che l'esponente di An sollecitava per Contrada, ritenendolo innocente rispetto all'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa che ha portato alla sua condanna, Napolitano ricorda che "la grazia non può mai costituire un improprio rimedio, volto a sindacare la correttezza della decisione penale adottata dal giudice". Non può essere, quindi, una scelta che va a "correggere" una sentenza penale, un quarto grado di giudizio. Ci sarebbe, in questo caso, un conflitto tra poteri dello Stato.
"E' questa la ragione per la quale, nel prendere doverosamente atto che, a seguito delle dichiarazioni di Contrada e del suo legale, la "implorazione" dell'avvocato non doveva essere configurata come domanda di grazia, ho comunicato al Ministro della Giustizia, il 9 gennaio scorso, che la procedura aperta su quella base non poteva dunque avere ulteriore corso: non vi è stata pertanto alcuna "marcia indietro", come si è volgarmente affermato da qualche parte, nè tantomeno ho subìto condizionamenti di sorta".
E infine, a proposito delle critiche di Selva circa la fondatezza della sentenza definitiva di condanna, "è evidente l'impossibilità per il Presidente della Repubblica di raccoglierle a qualunque titolo, esprimendo valutazioni indebite su una decisione della magistratura".
Fonte: la Repubblica.it | vai alla pagina » Segnala errori / abusi