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Dichiarazione di Leonardo RAITO

Alla data della dichiarazione: Sindaco  Comune Polesella (RO) (Partito: Lista Civica - Cen-Sin) 


 

I piccoli comuni ostaggio della riforma delle province

  • (04 maggio 2016) - fonte: Blog personale - inserita il 04 maggio 2016 da 812
    Premessa Prendo spunto dalle difficoltà condivise con alcuni colleghi sindaci di piccoli comuni per spiegare, così come ho fatto al ministro, al premier e a vari organi governativi con una lettera ufficiale, le difficoltà che stanno vivendo gli enti locali a causa della confusione normativa legata alle possibilità di assunzione di personale e, in particolare, al vituperato ricollocamento del personale in sovrannumero delle ex province, che sarebbe “gestito” da un portale finalizzato all’incrocio di domanda e offerta che fino a oggi ha prodotto problemi e non soluzioni. Tanta confusione guasta. I diversi governi centrali stanno chiedendo ai comuni una serie di adempimenti sempre più complessi. Come non bastassero le funzioni già assegnate (si badi bene, sono le stesse per il comune di Roma e per quello di Pedesina, in provincia di Sondrio, 33 abitanti) ecco tutta una serie di novità che ogni legislatore introduce: in comune, oggi, si può divorziare, affidando a impiegati non sempre con una specifica formazione giuridica, atti che fino a poche settimane fa erano di competenza di un giudice…si fanno passaggi di proprietà, si stipulano contratti che facevano solo i notai. A fronte di questo, nessuno si chiede se il personale degli enti locali sia effettivamente preparato per questi adempimenti, così come nessuno a Roma, probabilmente, si è chiesto se le ragionerie comunali fossero preparate per la contabilità armonizzata e così i segretari comunali, e via dicendo. Il tutto viene reso più problematico se qualche comune, come il mio, ha la disgrazia di vedere qualche proprio collaboratore andare in pensione, specie se questo collaboratore è una figura preziosa e delicata come il responsabile dell’ufficio ragioneria, considerato che oggi, per ogni ente locale, la ragioneria è il cuore pulsante della struttura che si amministra. Dalla ragioneria dipende tutto: il versamento dell’iva, il pagamento dei fornitori, il pagamento dei dipendenti, il rispetto dei parametri imposti dal governo, del patto di stabilità e quanto di simile. Un ragioniere va sostituito da un ragioniere: possiamo mettere un geometra a lavorare con i bilanci o un laureto in lettere o un geologo? Bene, ogni buon amministratore si premurerebbe di sostituire un ragioniere capo che va in pensione con un nuovo ragioniere capo. Rispettando le leggi della sostituzione. Il problema è che le norme, oggi, non consentono di sostituirlo. Perché? E qui veniamo alle contraddizioni italiane. Una selva di norme che ingabbia. Il governo italiano ha pensato bene di riformare le province. Sulla scia di una battaglia mediatica che identificava in questo ente vecchio come l’unità d’Italia la fonte di tutti i mali, ecco che si decide dall’alto di ristrutturarlo: si rivedono le funzioni, si decide che il personale in sovrannumero va ricollocato. Ma come? Con il diabolico portale delle mobilità che devono incrociare le offerte dei comuni con le disponibilità delle province. Il resto non vale. I comuni segnalano sul portale gli spazi e le posizioni aperte e il portale ti dice chi, dalle province, viene a coprire il posto. Ma come? Prima si ragiona di una mobilità nazionale, ma poi si capisce che è difficile spostare da Brindisi (per dirne una a caso) a un comune veneto un dipendente di una provincia. Poi si parla di scala regionale. Poi di province confinanti: risultato, nessuna disponibilità per la copertura del posto. E allora? Resterebbe, secondo buon senso, la strada di una mobilità tradizionale. Ma qui arriva l’intoppo: le mobilità sono bloccate fino a quando non si sblocca la situazione del portale. Quando? Prima si parla di marzo, poi di giugno. Ora si vocifera settembre. Intanto il posto resta vacante e gli adempimenti seguono le scadenze. Ma c’è poco da fare. Soluzioni? Posso dare un incarico temporaneo ex 110 TUEL? No, leggi precedenti non me lo consentono. Posso sempre optare per una convenzione: peccato che nessun comune sia obbligato a farle e sia favorevole a farle. Provi a “elemosinare” una disponibilità ai comuni più grandi, al capoluogo, alla ex provincia: niente da fare, siamo in pochi e non possiamo donare sangue ai comuni piccoli. Si può provare con un comando, ma non si trova nessuno e poi c’è anche chi mette in dubbio che il comando sia spesa flessibile che vada parametrata al tetto delle spese flessibili del 2009. Si chiede allora una disponibilità extra orario a qualche ragioniere di altro comune, che già fatica a seguire i suoi adempimenti, e che viene, per farti una grazia, 9-10 ore la settimana a tempo perso a provare a fare il lavoro che prima faticava a fare un ragioniere a 36 ore. Un concorso? Hahaha. Non siamo ridicoli. Il concorso si può fare solo come estrema ratio dopo la mobilità delle province e la mobilità tra enti locali (quando si sblocca il portale e non si trova nessuno). E per di più il massimo di spesa ammissibile è il 25% della posizione cessata. Quindi, a fronte di 32.000 euro annui (ad esempio) puoi mettere a concorso un posto da 8.000 euro annui. Morale della favola. Ritengo che spesso le grandi menti romane non sappiano nemmeno come funziona uno di quei comuni a cui chiedono sforzi inenarrabili per garantire uno standard di servizi adeguato alle esigenze dell’utenza e rispettoso dei provvedimenti normativi del governo. Non rendersi conto che, in questo modo, si crea un cortocircuito pericoloso, è preoccupante perché si denota una ottusità spaventosa. La Madia dovrebbe prendere atto della tragica situazione che molti enti locali stanno vivendo. Faccia un decreto dove dà la possibilità ai comuni, rispettando il tetto delle spese di personale, di prendere dei sostituti a tempo determinato. Diversamente, istituisca un numero verde dove tutte le vittime di questo casino all’italiana possano riversare proteste, insulti e lamentele. Credo le basterebbe mezzora per intervenire d’urgenza. Pur di risparmiarsi il rischio di scoppiare.
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