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Dichiarazione di Nicola LATORRE

Alla data della dichiarazione: Senatore (Gruppo: PD) 


 

«Pd, ora bisogna cambiare tutto. Vendola nuovo socio fondatore» - INTERVISTA

  • (28 novembre 2010) - fonte: Corriere della Sera - Meli Maria Teresa - inserita il 01 dicembre 2010 da 31

    «Va riscritto l'atto fondativo del Partito democratico»:
    parola del vice capogruppo del Pd al Senato, Nicola Latorre.

    Può spiegarsi meglio?

    «Il Pd nasce come l' atto finale di un lungo processo politico che origina nel compromesso storico. Il progetto politico dell'Ulivo prima, e del Pd, poi, aveva come obiettivo quello di realizzare la democrazia dell' alternanza e concludere la transizione italiana. Il primo obiettivo è stato raggiunto, il secondo no. Le sfide di oggi ci impongono una svolta profonda».

    Ma che senso ha abbandonare il Pd?

    «Non si tratta di abbandonarlo. L'intuizione di Veltroni, che al Lingotto propone il Pd come forza di cambiamento, è importante. Ma poi deve fare i conti con due problemi: la politica italiana non si rivela riducibile a un sistema bipartitico. E nella prova elettorale del 2008 la scelta tattica dell'alleanza con Di Pietro si rivelerà fatale e ne comprometterà il cammino perché in netto contrasto con la vocazione maggioritaria.
    Quindi arriva Bersani, che colloca il Pd al centro di una strategia di alleanze e punta molto sulla costruzione del partito. Ma le difficoltà emergono sia per l' incertezza nella politica delle alleanze, sia perché il modello organizzativo tradizionale non produce gli effetti sperati. In entrambi i casi l' unica cosa mai messa in discussione è il carattere dell' atto fondativo tra ex Dc e ex Pci. Rileggere queste scelte che, sia chiaro, ci hanno visto tutti compartecipi, può aiutarci a capire le ragioni delle difficoltà e dell'affanno di oggi».

    Quindi, senatore Latorre, lei ritiene che occorra superare quella "vecchia" concezione del partito. Pensa a un Pd allargato ad altri soggetti?

    «No. Il nuovo atto fondativo richiede la partecipazione di nuovi soci fondatori ai quali noi non possiamo chiedere di aggregarsi al Pd. Essi devono sentirsi protagonisti di questo nuovo atto fondativo».

    E chi sarebbero, oltre a voi, i soci fondatori?

    «La Sel di Vendola e le espressioni di quei movimenti, anche cattolici, che stanno emergendo in nome di una domanda di giustizia e di cambiamento».

    Il Pd pensa all'ennesimo partito e intanto la situazione socio-economica è esplosiva. Non la state sottovalutando?

    «No, il tema alla base del nostro progetto politico non può più essere quello di come si tengono insieme gli eredi del Partito comunista italiano e quelli del cattolicesimo democratico. Oggi semmai si tratta di tenere insieme le ragioni di un radicalismo che nasce dalla natura del conflitto sociale in atto e quelle di un progetto credibile di cambiamento possibile. Noi siamo dinanzi a uno di quei passaggi cruciali che fa impallidire la sfida affrontata per entrare nell' euro. Dovremo ridurre il debito entro il parametro del 60% del Pil che oggi è al 118%.
    Si può perseguire questo obiettivo con una svolta nel senso di un capitalismo autoritario, oppure con una tenuta della democrazia intesa come attiva partecipazione delle diverse forze sociali. Tertium non datur».

    Svolta autoritaria, non sta esagerando?

    «No. La mia sensazione è che noi abbiamo archiviato in tutta fretta la vicenda Fiat. In quel modo di pensare le relazioni industriali possono esserci i germi di un'idea più complessiva di governo delle nostre società. Ci siamo divisi tra chi sta con questo e chi con quello, ma non ci siamo soffermati sul significato profondo di quel passaggio.
    E cosa è stato se non una risposta in chiave autoritaria alla sfida della competitività nell'era della globalizzazione? E' urgente tornare a riflettere su tutto questo. Ma c'è un altro aspetto su cui non stiamo ragionando molto. Quello della tenuta dell' unità nazionale. Non illudiamoci, non sarà più proponibile il modo di stare insieme degli italiani che abbiamo fin qui conosciuto».

    Il nuovo atto fondativo è un escamotage per impedire le primarie?

    «No. E' mia convinzione che siano da eliminare le primarie di coalizione. Ma è utile mantenerle per scegliere la leadership del partito».

    Primarie a cui potranno partecipare tutti i soci fondatori: Vendola, Renzi, Zingaretti...

    «Certo. E' esattamente quello che auspico. Così le primarie sono utili e rafforzano il partito nel rapporto con la società e i possibili alleati. Così saremo più forti anche nel proporre all'Udc un'alleanza elettorale per governare insieme questo passaggio e Casini dovrà scegliere senza alibi».

    Bersani può guidare questo processo?

    «Bersani ha tutte le qualità e la forza per promuoverlo».

    Se si va subito al voto non c'è il tempo per fare tutto quello che lei propone.

    «Se di qui alle elezioni ci sarà il tempo per fare le primarie vuol dire che ci sarà tutto il tempo per portare a compimento questa svolta. Se non ci sarà tempo per concluderla, tantomeno ci sarà il tempo per le primarie e allora in situazioni di emergenza si adottano misure di emergenza e quelle possono valutarsi solo al momento.
    Ma sono certo che questo tempo ci sarà»

    Fonte: Corriere della Sera - Meli Maria Teresa | vai alla pagina

    Argomenti: pd, Vendola, movimenti, sinistra e libertà, primarie di coalizione, cattolici politica | aggiungi argomento | rimuovi argomento
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